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di AMDuemila - Video
Si scava ancora tra le macerie. Sistema sanitario al collasso

Un inferno. Così viene descritta Beirut il giorno dopo le esplosioni nella zona del porto. Ancora non è dato sapere cosa sia veramente successo. Certo è che col passare delle ore e dei giorni continua ad aggravarsi il bilancio dei morti: secondo quanto riferito dal ministro della Salute libanese, Hamad Hassan, sono almeno 137 e 5 mila i feriti. E si continua ancora a scavare tra le macerie.
Al contempo cresce la rabbia dei cittadini contro lo Stato libanese, in quella che viene vista come l'ennesima, tragica, dimostrazione di un governo corrotto e inefficiente, un malgoverno individuato dai cittadini come la causa principale della strage. Il presidente Michel Aoun ha dichiarato che l'esplosione è stata causata da 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio conservate in modo non sicuro in un magazzino.
E ora c'è chi teme lo scoppio di una rivolta sociale.
Prima, però, c'è da soccorrere le persone con tanti giovani accorsi sul posto per liberare le strade da detriti e vetri rotti, ma anche impegnati a sostegno di anziani e disabili che hanno avuto le case danneggiate. Nel Paese si sono moltiplicate le offerte di ospitare famiglie di Beirut e il patriarcato maronita ha annunciato l'apertura dei suoi monasteri e scuole religiose come rifugi; sono stati allestiti tavoli con cibo e bottiglie d'acqua donate e imprese si sono offerte di sistemare i danni a porte e finestre a prezzi scontati e addirittura gratis. Nel mondo, la diaspora libanese (quasi tre volte il numero di abitanti del Paese dei Cedri) si è attivata per inviare aiuti e fornire assistenza a chi è rimasto ferito o ha perso la casa. In pochissimo tempo sono stati creati fondi per raccogliere denaro e indirizzarlo verso associazioni affidabili e in molti si sono attivi singolarmente o con campagne online per aiutare un Paese che già prima dell'esplosione era piegato dall'epidemia di coronavirus e da una crisi economica gravissima.



Inchiesta sull'esplosione

Nella giornata di ieri l'esecutivo ha annunciato che alcuni funzionari dell'autorità portuale di Beirut sono stati messi agli arresti domiciliari in attesa di un'inchiesta sull'esplosione. Il Consiglio supremo di Difesa del paese ha insistito sul fatto che i responsabili saranno sottoposti alla "massima punizione". Secondo quanto riferito, il nitrato di ammonio - che viene usato come fertilizzante in agricoltura ma anche per la fabbricazione di esplosivi - era rimasto in un magazzino nel porto di Beirut per sei anni dopo essere stato scaricato da una nave sequestrata nel 2013. Il responsabile del porto di Beirut e il capo dell'autorità doganale hanno entrambi precisato ai media locali di avere scritto diverse volte alla magistratura chiedendo che questa sostanza chimica fosse esportata o venduta per garantire la sicurezza del porto. Inoltre il direttore generale del porto, Hassan Koraytem, ha dichiarato a OTV di essere consapevole del fatto che il materiale era pericoloso quando un tribunale ha ordinato per la prima volta di essere conservato nel magazzino, "ma non fino a questo punto".



Sanità al collasso
Il ministro della sanità pubblica Hamad Hassan ha confermato che il settore sanitario del Libano è al collasso, privo di posti letto e delle attrezzature necessarie per curare i feriti e assistere i pazienti in condizioni critiche. "Beirut ha bisogno di cibo, Beirut ha bisogno di vestiti, case, materiali per ricostruire le case. Beirut ha bisogno di un posto per i rifugiati, per la sua gente", ha confermato il governatore Marwan Aboud.
A confermare la gravità della situazione anche Save the Children, si stima che oltre 100.000 bambini abbiano perso le proprie case e tutto quello che avevano, secondo quanto si legge in una nota. Allo stesso tempo, è stato detto loro che non potevano uscire a causa del gas tossico scaturito dall'esplosione, mentre coloro che hanno subito lesioni, tagli ed emorragie esterne non vengono curati negli ospedali, perché quasi tutte le istituzioni sanitarie di Beirut sono già al limite della propria capacità. In queste ore, spiega Save the Children, cominciano ad emergere le storie di bambini separati dai loro genitori dopo l'esplosione di ieri e Save the Children, l'Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini a rischio e garantire loro un futuro, chiede che la sicurezza e il benessere dei bambini e il loro ricongiungimento con i parenti siano una parte fondamentale della risposta.

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