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di Aaron Pettinari - Video/Foto
Salvatore Borsellino: "La verità sta nell'agenda scomparsa"
Presente sul luogo della strage la figlia Luana Ilardo figlia del confidente del colonnello Riccio ucciso nel 1996

E' un 19 luglio particolare quello del 28° anniversario dalla strage in cui morirono Paolo Borsellino ed i cinque agenti di scorta, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi, Claudio Traina e Vincenzo Li Muli. Nonostante limitazioni per le normative anti-Covid e un'organizzazione in tono minore del tradizionale evento organizzato dalle Agende Rosse, alle 16.58 in via d'Amelio c'erono comunque centinaia di persone. Palermitani e non solo. Il tutto inserito all'interno di una "maratona streaming", sin dal mattino, per riflettere e mettere insieme i pezzi di una storia che 28 anni dopo non ha ancora trovato verità e giustizia. Documenti trafugati, le mezze verità che si sono concretizzate in un clamoroso depistaggio perpetrato da uomini delle istituzioni. Perché 28 anni dopo la sensazione che non sia stata solo una strage di mafia non è solo forte, ma assume i contorni di una certezza. Anche perché è evidente che il furto dell'agenda rossa non fu per mano dei boss mafiosi. “La verità è dentro lo Stato”, ha gridato il fratello del giudice Borsellino, Salvatore.



Da anni, con le Agende Rosse, è presente in via d'Amelio proprio per evitare quelle scandalose passerelle di quegli uomini delle istituzioni che osteggiarono Borsellino in vita per poi osannarlo una volta morto. "Noi siamo qui per fare memoria, non per limitarci al ricordo, perché se vi fosse solo spazio al ricordo significherebbe che negli altri 364 giorni dell'anno si era dimenticato qualcosa". Un modo per replicare alle parole dette dal presidente dell'Antimafia regionale siciliana Claudio Fava, il cui padre Beppe Fava fu ucciso dalla mafia nel 1984, sulla "liturgia delle celebrazioni" e l'invito a "seppellire i morti". Espressioni forti, probabilmente per suscitare una riflessione sull'antimafia e i passi da compiere che per modalità e tempistica hanno lasciato più di una perplessità.
Perché in via d'Amelio non c'è spazio per retorica e passerelle, ma solo voglia di rendere onore a chi si è sacrificato, esprimere un sostegno ai familiari vittime di mafia e soprattutto ribadire che non sono soli nella pretesa di verità.
Sul piccolo palco improvvisato sono saliti in poi. Prima del minuto di silenzio a parlare è stato Antonino Vullo, sopravvissuto alla strage che, dopo aver ricordato le sensazioni di quel tragico giorno ("Sapeva che il prossimo sarebbe stato lui, tutti lo sapevamo") ha ricordato come il magistrato Borsellino fu ucciso perché lasciato solo. Per questo, oggi più che mai "è necessario che impariamo che la storia non si ripeta e non vengano lasciati soli tanti magistrati che continuano a impegnarsi per la ricerca della verità".


Accanto a lui Salvatore Borsellino, come sempre emozionante nella lettura della poesia ‘Giudice Paolo’ di Marilena Monti, che grida ai presenti la sua ferma volontà di non fermarsi nella sua lotta. "Fino a quando non avrò l'agenda rossa di Paolo non avrò pace - ha ribadito - L'agenda è dentro le istituzioni. La verità è dentro lo Stato". E poi ancora ha invitato a parlare Luana Ilardo, figlia di Luigi Ilardo che ancora cerca giustizia: "Suo padre, prima confidente e poi infiltrato, ucciso nel 1996, doveva diventare collaboratore di giustizia. Non gli fu permesso dagli stessi killer di Stato che pochi anni prima avevano voluto la morte di Paolo. Per questo ho voluto che fosse qui. Perché è stata abbandonata dalle istituzioni". Momenti di emozione in cui si sono stretti attorno a quell'albero di ulivo che ricorda il punto dell'attentato.
Dopo aver ringraziato tutti Luana ha affermato con forza di "non volersi arrendere". Sull'omicidio Ilardo la Procura di Catania ha svolto un importante processo, ma sulle talpe che rivelarono l'ormai prossima collaborazione con la giustizia non ci sono stati passi avanti.
Novità che, forse, potrà avere la famiglia Agostino con papà Vincenzo che con la solita forza ha manifestato il proprio grido di dolore per la morte di un figlio, e di sua nuora, incinta, rimasto senza verità per 31 anni. Il 10 settembre all'aula bunker di Palermo si terrà l'udienza davanti al Gup dopo la richiesta di rinvio a giudizio presentata dalla Procura generale contro Antonio Madonia, Gaetano Scotto e l’amico di famiglia Francesco Paolo Rizzuto per il reato di favoreggiamento aggravato.
Presenti al minuto di silenzio tanti giovani studenti, i rappresentanti delle associazioni, qualche turista e poi il presidente della commissione parlamentare antimafia Nicola Morra, l'ex pm Roberto Tartaglia, oggi vice capo del Dap, l'ex presidente del Senato Piero Grasso, il sindaco Leoluca Orlando.



"La strada verso la verità è ancora tortuosa - ha affermato Tartaglia parlando con la stampa - Penso che in tanti percepiamo un nodo che è tutto quello che manca alla ricostruzione dei fatti. Penso al collaboratore Cancemi che parla di una riunione fatta poco prima del 19 luglio a casa di Guddo, alla quale prese parte Riina, che aveva premura a compiere la strage, come se dovesse rispettare un impegno preso. Fino a quando non riusciremo a dare le risposte su questa accelerazione improvvisa, sono convinto che quel nodo allo stomaco che c'è ogni anno per questa celebrazione non andrà mai via. Apprezziamo che tanta gente sia venuta qui ma non basta per fare tornare il sorriso. Un altro elemento riguarda Matteo Messina Denaro che conserva i segreti, a detta di molti pentiti". "La verità su questa strage non c'è e non è detto che ci possa essere tra due anni o tre anni - ha detto Morra - Dobbiamo prendere consapevolezza che le forze contro cui combattiamo non sono irrilevanti. Mi domando in quali altre occasioni un uomo così legato a un magistrato ucciso in una strage, pur volendosi far sentire e avendo tanto da dire, non sia stato sentito dalla magistratura. Paolo Borsellino non è stato mai ascoltato dopo la strage di Capaci, questo rimane inspiegabile anche dal punto di vista giudiziario". E poi ha aggiunto: "C'è qualcuno che ogni tanto tira fuori l'argomento che Borsellino è stato ucciso per la trattativa, qualcun altro che è stato ucciso per il dossier Mafia e appalti. Tutte le ipotesi possono essere credibili fino a quando non si riuscirà ad avere una forza compatta. Non basta la volontà di un singolo ma serve una volontà condivisa e basta che uno solo questa volontà non ce l'abbia e tutto svanisce".

Foto © ACFB

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