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Al Taormina Film Fest 2020 la presentazione ufficiale

Un uomo, con la barba lunga ed un bastone in mano, volge il suo sguardo verso il mare, scrutando l'orizzonte. E' Vincenzo Agostino. Da ormai trentuno anni si batte per conoscere la verità sull’uccisione del proprio figlio, Nino, che faceva il poliziotto di mestiere, e della nuora, Ida Castelluccio, incinta.
Tutto avvenne davanti ai suoi occhi.
Era il 5 agosto 1989, e i due coniugi si trovavano a Villagrazia di Carini, dai genitori di Nino. Il poliziotto fu colpito da vari proiettili mentre cercava di mettere in salvo la moglie. Lei fu freddata da un solo colpo mentre si avvicinava al marito ed urlava agli aggressori "Io so chi siete”.
Parole che danno il titolo al video documentario diretto da Alessandro Colizzi e scritto da Silvia Cossu presentato in una serata evento al Taormina Film Fest 2020, domenica scorsa.
Una serata evento fortemente voluta dal Comitato artistico del Festival, rappresentato da Leo Gullotta e Francesco Calogero, perché ci sono storie che vanno oltre i concorsi e che vanno raccontate.
La storia di Agostino è una di queste perché trentuno anni sono passati dal delitto e tanto è il tempo di attesa per una verità che grazie alle inchieste fin qui condotte si intravede, ma che non è stata ancora stabilita da un processo, anche a causa di una serie di depistaggi che sono stati perpetrati nel tempo.
Nel documentario emerge tutta la forza e la determinazione di Vincenzo nella richiesta di verità e giustizia. Una battaglia che lo ha segnato e che ha condotto sempre al fianco della sua famiglia e di sua moglie Augusta, deceduta lo scorso anno.
Anche per lei si deve continuare a lottare.
Attraverso le voci della sorella Flora, dell’avvocato della famiglia, Agostino Fabio Repici, del magistrato Luca Tescaroli, dei giornalisti Attilio Bolzoni e Stefania Limiti, e del poliziotto Ivan D'Anna (Imd), sono state raccontate le vicende annesse al duplice omicidio, compreso il depistaggio perpetrato con la sottrazione di preziosissimi documenti e l'assurda pista passionale sulla causale del delitto, proposta da Arnaldo La Barbera.
"Se dovesse succedermi qualcosa, andate a cercare nel mio armadio" era scritto in un biglietto all'interno del portafoglio di Nino. Di quelle carte non si è mai saputo nulla e, probabilmente, sono anche finite distrutte.

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"Un monumento al dolore di Palermo"
La ricostruzione storica dei fatti e delle inchieste è intervallata da momenti di vita di Vincenzo Agostino. In ogni passo traspare il peso che si porta dietro da oltre trent'anni.
Attilio Bolzoni lo appella come un "monumento al dolore di Palermo". Niente di più vero. Nonostante tutto, nonostante l'assenza di pezzi di cuore, come Augusta, nel documentario più di un pensiero è rivolto ai giovani per trasmettere non solo il valore della memoria, ma anche quello dell'assunzione di responsabilità affinché "non si girino dall'altra parte quando vedono qualcosa che non va". Perché Vincenzo Agostino e tutta la sua famiglia sono un esempio di impegno civile.
La ricostruzione prosegue con il racconto delle indagini, quelle relazioni con il fallito attentato dell’Addaura, sempre nel 1989, l'inchiesta di Falcone sull'omicidio di Piersanti Mattarella (altro delitto che non ha ancora giustizia e verità), le oscure trame che si muovevano in quei contesti e il misterioso ruolo di "Faccia da mostro", l'ex poliziotto Giovanni Aiello, morto per un infarto nell'agosto 2017. Un nome che diversi collaboratori di giustizia hanno associato più volte a stragi come quelle di via D'Amelio e di Capaci, ma anche agli omicidi del vicequestore Ninni Cassarà e, appunto, del poliziotto Nino Agostino.
Si è detto anche di un suo possibile coinvolgimento nell’assassinio del piccolo Claudio Domino ucciso nel 1986 mentre si celebrava il maxiprocesso.
Non solo. Lo hanno descritto come uomo appartenente ai Servizi di sicurezza, anche se Aisi e Aise hanno sempre smentito una sua appartenenza all'intelligence.
E' stato indagato da quattro procure: Palermo, Caltanissetta, Catania e Reggio Calabria.
La Procura calabrese che ha svelato il coinvolgimento dei clan calabresi nella strategia della tensione messa in atto dalle mafie negli anni Novanta con le cosiddette “stragi continentali”, lo aveva inserito nella lista degli indagati su "'Ndrangheta stragista". Il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, nel corso della sua requisitoria, ha affermato che il suo decesso è avvenuto "in circostanze tutte da verificare. Apparentemente di infarto, ma finché non ho la prova provata di quello che dico mantengo lo scetticismo tipico dell'investigatore, anche alla luce del dato che ciò avviene 15 giorni dopo l'ordinanza 'Ndrangheta stragista". E proprio a Reggio Calabria doveva essere sentito.
Coincidenze inquietanti che attraversano la storia della nostra Repubblica.

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Mistero senza fine?
Certo è che "Io lo so chi siete", come ha detto il direttore artistico Leo Gullotta"suscita pensieri e riflessioni. E quello di oggi è un film civile che vuole stimolare la nostra indignazione e la memoria. Perché senza memoria non abbiamo futuro. Senza memoria, non si può costruire niente”.
In tanti hanno partecipato all'anteprima per far sentire la propria vicinanza a papà Vincenzo con le due figlie Flora e Nunzia, ed i nipoti.
Tra le autorità, il Prefetto Maria Carmela Librizzi, il sindaco di Taormina Mario Bolognari, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, il Procuratore Generale di Palermo Roberto Scarpinato, il Questore di Palermo Renato Cortese. E poi ancora Giuseppe Antoci, scampato ad un attentato nel maggio 2016, Ivan D’Anna, l’ex sindaco di Messina Renato Accorinti e soprattutto tanti familiari delle vittime innocenti di mafia tra cui Angela e Gianluca Manca, Piero e Pasquale Campagna con le famiglie, Francesca Andreozzi, nipote di Pippo Fava e parenti di Montana, Pandolfo, Frazzetto, Busetta e Rizzotto. Compagni di lotta in un percorso senza fine.
Al termine della proiezione c'è stato un dibattito con Alessandro Colizzi e Silvia Cossu che hanno spiegato il senso del progetto e la scelta di fare un documentario. "Questo progetto è nato tre anni fa ed oggi, il dolore più grande è non avere qui con noi Augusta che nel film non è presente perché è venuta a mancare. Quello del documentario era la forma migliore per raccontare la famiglia Agostino - ha detto Colizzi - È stato complicato, non è stato affatto semplice recuperare i fondi ma siamo molto felici di esserci riusciti”. “Molti sono stati i reportage dedicati alla vicenda di Nino e Ida ma prevalentemente concentrati sull’aspetto di inchiesta - ha spiegato la sceneggiatrice - Abbiamo voluto raccontare attraverso le vittime, provando a dare loro voce. Una voce che non perde il suo dolore e si trasforma in militanza. Una ferita aperta, un lavoro tra i più complicati ma sicuramente necessario”. Un lavoro che, si spera, dovrebbe essere proiettato nei cinema e nelle scuole.
Alla fine, mentre il pubblico applaudiva in piedi in una vera e propria standing ovation, Agostino ha preso la parola per esprimere la propria gratitudine e ribadire il proprio impegno: "Tutti vogliamo conoscere la verità e vogliamo giustizia. Noi vogliamo uno Stato che dia risposte, in modo tale che i padri, i figli e le mogli di tutte le vittime di mafia possano finalmente trovare pace. In modo da raggiungere tranquilli i nostri cari. La legge deve essere uguale per tutti. Anche se la verità può far male. Io voglio ringraziare tutti voi che siete presenti". Un pensiero lo ha rivolto al Procuratore generale Roberto Scarpinato che nei giorni scorsi ha chiesto il rinvio a giudizio per Antonino Madonia e Gaetano Scotto, accusati di essere autori del duplice omicidio e per l’amico di famiglia Rizzuto Francesco Paolo per il reato di favoreggiamento aggravato (il 10 settembre 2020 l'udienza davanti al Gup, ndr). Un passo importante che, si spera, possa portare a quel processo che la famiglia Agostino chiede da tempo.

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