di Lorenzo Baldo
Di Matteo e l'espulsione dal pool stragi
E’ una lettera del 1940 del Premio Nobel per la fisica Albert Einstein. Ma quelle parole, vergate in una missiva destinata al filosofo russo, naturalizzato statunitense, Cohen Morris Raphael, restano quanto mai attuali: “I grandi spiriti hanno sempre trovato la violenta opposizione delle menti mediocri”. Senza grandi sforzi quella citazione la possiamo ritrovare applicata ad un magistrato come Nino Di Matteo, intervistato ieri sera su La7 da Massimo Giletti. Di Matteo è uno di quelli che rompono i coglioni ad un sistema di potere - dalle mille facce, fuori e dentro le istituzioni - che non tollera i corpi estranei: troppo irritanti per un meccanismo oliato da secoli che si ricrea di generazione in generazione. L’ex pm al processo trattativa è uno di quelli che dà fastidio a quei suoi colleghi pronti a vendersi al migliore offerente, uno che si ostina a credere ancora che la giustizia sia uguale per tutti e che anche il potente di turno può finire alla sbarra ed essere condannato: un pazzo. Sì, un pazzo, perché ancora crede nel riscatto di questo disgraziato paese che dopo 3 mesi di lockdown si è risvegliato ancora più imbarbarito di prima.
La telefonata in diretta del Procuratore nazionale antimafia Cafiero de Raho, alla trasmissione di ieri sera di Massimo Giletti, si commenta da sola. O forse potremmo lasciare il commento a Confucio quando diceva che “per una parola un uomo viene spesso giudicato saggio, e per una parola viene spesso giudicato stupido. Dunque dobbiamo stare molto attenti a quello che diciamo”.
Non staremo qui a ripetere nel dettaglio, per l’ennesima volta, la totale inconsistenza delle giustificazioni di de Raho per l’estromissione di Nino Di Matteo dal pool stragi dopo l’intervista rilasciata ad Andrea Purgatori. In quella occasione - così come ogni volta in cui l’ex pm di Palermo è intervenuto pubblicamente per parlare di stragi o di trattativa Stato-Mafia - non è stato violato alcun segreto istruttorio da parte del neo consigliere al Csm. Non una parola poteva essere riconducibile allo svelamento di qualsivoglia segreto investigativo. Sullo sfondo restano solo accuse inesistenti. Parole che umiliano la dignità dello stesso Di Matteo, ma anche quella di chiunque abbia un briciolo di intelligenza e buon senso. Se un procuratore nazionale antimafia arriva ad accettare supinamente le rimostranze di una procura distrettuale che lamenta un’insussistente rivelazione di segreto istruttorio al punto da estromettere il magistrato più preparato sulle stragi politico-mafiose, si aprono inquietanti interrogativi. Il procuratore nazionale antimafia non ha avuto abbastanza “polso” per mettere a tacere i colleghi della procura distrettuale evidenziando l’inconsistenza dell’accusa? Era talmente d’accordo con l’accusa mossa dai suoi colleghi della distrettuale che non ha riflettuto sulle gravi conseguenze di quell’estromissione per un magistrato condannato a morte da Cosa Nostra il cui progetto di attentato secondo inquirenti e collaboratori di giustizia è tuttora in atto? Ha subìto qualche imposizione istituzionale? Certo è che a mo’ di “premonizione” restano le intercettazioni di Luca Palamara captate pochi giorni prima che Di Matteo venisse effettivamente estromesso dal pool. E se nessuno mette in dubbio la buona fede di de Raho, certo è che a nulla sono servite le sue spiegazioni sul fatto di aver tenuto disponibile per mesi il posto all’interno del “pool stragi” per Di Matteo a condizione che quest’ultimo avesse rispettato in futuro le regole di non violare segreti di ufficio, aggiungendo poi che lo stesso Di Matteo avrebbe rifiutato l’offerta. Al momento, al di là dei dispacci di agenzia del 23 luglio 2019, nei quali de Raho dichiarava la “massima disponibilità a trovare una soluzione”, non ci risulta alcuna sua richiesta ufficiale (depositata in qualche cancelleria, o inviata a qualche mail istituzionale) relativa alla richiesta di reintegro di Nino Di Matteo al pool stragi. E comunque, se anche vi fosse stata, la giustificazione di de Raho farebbe ugualmente acqua da tutte le parti in quanto, come ha ricordato in diretta l’ex pm Antonio Ingroia, nessuna regola è stata violata. La giustificazione di Cafiero de Raho non fa certo diminuire la pressione sul pericoloso isolamento del consigliere Di Matteo venutosi a creare a seguito della sua estromissione dal pool. Un isolamento e una delegittimazione accentuati ulteriormente con la telefonata da Giletti del procuratore nazionale antimafia. Che, facendo in modo di evitare ogni possibile accostamento a quella “violenta opposizione” di cui parlava Einstein, potrebbe - una volta per tutte - invertire la rotta. Solo così darebbe un impulso decisivo alla ricerca della verità sulle stragi di Stato.
Foto © Imagoeconomica
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