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di Karim El Sadi - Video
Torna in prima serata “Non è l'Arena” e con essa torna anche la vicenda della mancata nomina del magistrato Nino Di Matteo a capo del Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) da parte del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, esplosa proprio nello studio di Massimo Giletti qualche settimana fa. A parlarne ieri sera sono stati tre ospiti che per anni hanno lavorato nelle principali procure antimafia: il sindaco di Napoli ed ex sostituto procuratore di Catanzaro Luigi de Magistris, l’avvocato ed ex procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia e il magistrato Alfonso Sabella, sostituto procuratore di Palermo ai tempi di Gian Carlo Caselli. Sulla mancata nomina ancora oggi restano alcuni nodi sulla versione fornita dal Guardasigilli. Per quale ragione Francesco Basentini venne preferito a Nino Di Matteo? E cosa è successo in quei giorni di giugno di due anni fa?. “Ci sono tre possibili spiegazioni. - ha affermato prendendo parola Antonio Ingroia - O Di Matteo è un bugiardo, o Bonafede si è fatto condizionare o abbiamo un ministro che si permette di fare una proposta del genere a Di Matteo e cambia idea così. Io escludo che il ministro Bonafede si sia fatto condizionare dai mafiosi. Può essersi fatto condizionare soltanto da un'autorità istituzionale più in alto di lui”, è stata la risposta dell’avvocato. “Io sono convinto - ha detto Ingroia - che il ministro Bonafede abbia pensato bene di individuare Nino Di Matteo come un suo stretto collaboratore da nominare al Dap. Sarebbe stato l’uomo giusto al posto giusto.

ingroia foto borsellino

Del resto il dottor Di Matteo è uomo di verità, non ha alcun motivo per dire cose non vere. Lo ha detto chiaramente nella telefonata fatta alla sua trasmissione
- ha affermato rivolgendosi al conduttore Massimo Giletti - e lo aveva detto a me per telefono. Mi aveva rivelato tutta la sua amarezza dopo questo improvviso dietro front incomprensibile del ministro e me lo raccontò negli stessi termini in cui lo aveva raccontato da voi”. Pertanto, ha proseguito, “è indubbio che sia successo qualcosa ma solo il ministro può sapere cosa”. Secondo Ingroia però le ragioni di questo “dietrofront” hanno in qualche modo “a che fare con le indagini di cui Di Matteo si è occupato. Di Matteo al Dap avrebbe potuto far saltare qualsiasi tipo di tentativo di trattativa”, ha dichiarato. Della stessa idea è Luigi de Magistris.Nino Di Matteo è uno degli uomini più scomodi del nostro Paese perché ha avuto il coraggio e l’autonomia di aver fatto una delle indagini più delicate, quella sulla trattativa tra pezzi di Stato e Cosa nostra, dove si è arrivato anche a quel punto vergognoso della distruzione delle intercettazioni telefoniche decisive. Quindi io credo che Nino Di Matteo paga un prezzo alto e l’ha pagato diversi volte in questi anni con un isolamento forte che persiste all’interno della magistratura. Posso testimoniare - ha aggiunto de Magistris - che non è stato mai un magistrato particolarmente amato dalle correnti come non era amato Giovanni Falcone che adesso tutti lo rimpiangono ma quando era in vita la maggior parte erano invidiosi di lui e ne prendevano le distanze”. Non solo. Per il sindaco di Napoli, un’altra nota dolente potrebbe essere la questione delle intercettazioni di Nicola Mancino, andate distrutte per ordine dell’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

basentini

Nel corso del suo intervento de Magistris ha anche rievocato la vicenda del suo allontanamento dall’inchiesta di cui era titolare a Catanzaro nel 2007. A suo modo di vedere in quella storia un ruolo lo avrebbero avuto sia Mancino che Napolitano, fino ad arrivare allo stesso Francesco Basentini. “Quando il 5 giugno 2007 feci una perquisizione in casa del procuratore generale di Potenza, scoprendo un grumo di interessi tra magistratura, politica e criminalità organizzata, gli stessi che stanno emergendo ora nella vicenda Palamara, il buon Francesco Basentini ebbe modo di denunciarmi insieme a tanti altri alla procura di Salerno”, ha raccontato il primo cittadino di Napoli. “E poi quel sistema del ministero della Giustizia, dove poi qualche anno più tardi andò Basentini al Dap, si mosse, avendo poi alla fine come giudice Nicola Mancino, all’epoca il vice presidente del Csm, e come mandante Napolitano, e io fui allontanato da quelle inchieste”, ha affermato de Magistris precisando di assumersi le responsabilità di quanto affermato. E poi ha proseguito: “Dopo le dimissioni di Basentini è stato nominato Petralia che, per carità, è un bravo magistrato, ma ha avuto un altro ruolo determinante, sempre in quella vicenda del Csm che mi ha riguardato con a capo Nicola Mancino. Petralia era a capo della prima commissione del Csm". Secondo de Magistris "fin quando non si indaga sul sistema criminale e sulla mafia che si è fatta Stato - ha concluso - l’Italia non sarà mai un Paese democratico fino in fondo”.

zagaria

Dap e Affari Penali non sono offerte paritarie
Nel corso della trasmissione il conduttore Massimo Giletti è tornato su una delle questioni sollevate da Bonafede durante la puntata di “Non è l’Arena" in cui scoppiò la vicenda della mancata nomina al Dap. Ovvero quella della proposta da lui avanzata a Di Matteo per la guida del dipartimento Affari Penali in alternativa al Dap che in quell’occasione il ministro aveva alluso come un ruolo di cruciale importanza nella lotta alla mafia perché un tempo occupato da Giovanni Falcone. In studio, già la settimana scorsa, Giletti aveva dimostrato che quell’ufficio oggi non ha più la rilevanza che aveva ai tempi di Falcone confutando quindi la contestazione del Guardasigilli e, ha detto ieri sera il conduttore, “mi meraviglio che il ministro lo abbia ripetuto anche in Parlamento qualche giorno fa”. Ad ogni modo “per chiarire una volta per tutte” questo aspetto Giletti ha chiesto ad Antonio Ingroia se l’offerta a direttore del Dap (Dipartimento Amministrazione penitenziaria) e dipartimento Affari Penali “sono paritarie”. “Non è assolutamente paritaria l’offerta Affari Penali e Dap - è stata la risposta decisa dell'avvocato - soprattutto sotto il profilo dell’adeguatezza e della professionalità del dottor Di Matteo. Perché nel ’91 i mafiosi non erano in carcere ma erano tutti latitanti e bisognava cercare di metterli dentro, cosa che avverrà dal ’92 in poi e allora il Dap diventa strategico e il carcere diventa un terreno di battaglia e anche di trattativa per Cosa nostra nei confronti dello Stato”. “Come non avrebbe avuto senso nominare Falcone a capo del Dap nel 1991 - ha spiegato l’ex procuratore aggiunto di Palermo - avrebbe avuto un grandissimo senso nominare Nino Di Matteo al Dap nel 2018, posto tra l’altro vacante, mentre quello agli Affari Penali era occupato”. Alla luce di ciò e “delle proteste dei boss in carcere” per la possibilità di nomina di Di Matteo al Dap “il ministro Alfonso Bonafede a maggior ragione avrebbe dovuto sfidare la mafia e mettere qui Di Matteo a capo del Dap”.

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Toghe sporche e correnti
In studio gli ospiti si sono brevemente soffermati anche sullo scandalo procure che ha travolto il Csm un anno fa nel quale figurava come personaggio centrale l’ex presidente dell’ANM Luca Palamara, finito sotto indagine. “Chi è Luca Palamara? Palamara è colui il quale ha cercato di ostacolare in tutti i modi l'indagine trattativa. - ha detto Ingroia in video collegamento - Era colui il quale era stato indicato dal Presidente Napolitano come possibile ambasciatore per cercare di concludere la contrapposizione tra Quirinale e Procura di Palermo quando io ero Procuratore Aggiunto”. Il riferimento è la vicenda del sollevamento del conflitto di attribuzione da parte del Quirinale circa la decisione della procura di Palermo di ascoltare le conversazioni telefoniche del presidente nel 2012. Su Palamara e la sua pletora di amicizie togate è intervenuto anche il magistrato Alfonso Sabella il quale ha parlato delle correnti interne alla magistratura.
“La magistratura ha un serissimo problema etico. - ha affermato - Queste logiche delle correnti le conosciamo da secoli io per essere libero ho deciso di non sfiorarle nemmeno. Io morirò giudice di primo grado, non faccio domande per diventare procuratore aggiunto o presidente di sezione. Una volta feci ingenuamente domanda per la Procura Nazionale Antimafia, avevo fatto Brusca, Bagarella avevo il maggior numero di ergastoli, ma tutto questo - ha concluso - non è stato nemmeno preso in valutazione perché non avevo fatto il ‘giro delle sette chiese’”.

VIDEO Guarda la puntata integrale: "Non è l'Arena"

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