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Il consigliere togato Ardita: “Basta con celebrazioni ipocrite”
di AMDuemila


"Tra pochi giorni ricorrerà il ventottesimo anniversario della strage di Capaci. Del sacrificio di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro. A loro, che hanno perduto la loro vita per gli ideali di libertà e giustizia ai quali avevano improntato tutta la loro esistenza, dobbiamo il rispetto della memoria e della verità. Non sterili, e spesso finte, celebrazioni di facile retorica ma memoria e verità”.
E’ così che è intervenuto il consigliere togato Nino Di Matteo questa mattina nel corso del plenum ricordando la strage di Capaci, che tra qualche giorno arriverà al suo 28° anniversario. Secondo il magistrato della Trattativa Stato-Mafia “memoria significa anche conoscenza e consapevolezza di un dato di fatto incontestabile: Giovanni Falcone, prima di essere ucciso dal tritolo mafioso, venne più volte delegittimato, umiliato e così di fatto isolato anche da una parte rilevante della Magistratura e del Consiglio Superiore. E questo in ragione non solo di meschini sentimenti di invidia ma, ancor di più, di patologiche trame di potere connesse a fenomeni ancora attuali di collateralismo politico e di evidente degenerazione del sistema correntizio”. Per questo motivo, ha sottolineato Di Matteo, “oggi questa istituzione consiliare deve finalmente reagire, dimostrarsi in grado di sapersi mettere per sempre alle spalle pagine oscure, anche recenti, della sua storia". E’ quindi importante mantenere viva la “memoria e verità”. "La verità - ha evidenziato Di Matteo - è quella che è faticosamente emersa dalla storia dei processi celebratisi a Caltanissetta e a Palermo; quella che ha consentito di individuare i profili di molti dei responsabili mafiosi dell'attentato di Capaci”. Secondo il pm antimafia “è proprio da quegli atti processuali, dal lavoro di valorosi colleghi e coraggiosi investigatori, che emerge la necessità di proseguire in quel percorso di verità. Senza cedere alla tentazione dell'oblio, della rimozione, del timore delle conseguenze di quella ricerca. Lo Stato, le Istituzioni, il Consiglio Superiore e tutta la Magistratura lo devono a Giovanni Falcone e a tutti coloro che non hanno avuto paura di morire”.

Nel corso del plenum, sempre riguardo la commemorazione della strage di Capaci, è intervenuto il consigliere togato, Sebastiano Ardita, il quale ha spiegato che “dobbiamo essere coerenti e non ipocriti ricordando Falcone. Quella di Giovanni Falcone fu una storia di solitudine, di sconfitte, di tradimenti subiti dentro e fuori la magistratura. Dovette difendersi dal Csm. Venne isolato, calunniato, accusato di costruire teoremi, mentre svelava i rapporti tra cosa nostra ed il potere. Gli venne contestato protagonismo, presenza sui media, di collaborare col governo, non fu eletto al Csm. Subì le stesse critiche che oggi si contestano ai magistrati più esposti”. Per il consigliere del gruppo Autonomia e Indipendenza “dovremmo fare in modo che, se rinascesse, Falcone non si ritrovasse in quelle stesse condizioni. Ma ho motivo di temere che oggi, con la gerarchia del nuovo ordinamento, Falcone non potrebbe neppure essere quello che è stato. Questo dobbiamo dire e fare, se vogliamo rimanere distanti dall'ipocrisia di certe commemorazioni ufficiali, alle quali oramai alcuni di noi preferiscono non andare più”.
In conclusione, a ricordare la commemorazione della strage di Capaci sono anche intervenuti il vice presidente del Csm, David Ermini, e il procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi.

Foto originali © Imagoeconomica

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