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di Lorenzo Baldo
Una (ennesima) vergognosa autodifesa di Bonafede al Senato in mezzo a ricatti bipartisan

“Un’offesa all’intelletto”, ma anche “un'offesa a chi dà o ha dato tutto per la ricerca della verità e della giustizia”, e soprattutto “un’offesa a tutti i giovani pieni di voglia di cambiare un paese di merda come questo, un paese che ormai è troppo marcio per essere ripulito. Povera Italia”. E’ una sintesi perfetta del discorso del ministro della giustizia Alfonso Bonafede al Senato, quella scritta su facebook da Dario Di Matteo.
E’ l’immagine plastica di un discorso vergognoso, autoreferenziale, carico di ipocrisia, fatto impunemente tra ricatti incrociati del tutto eloquenti: non voto la sfiducia, ma in cambio pretendo dei cambiamenti in tema di giustizia. Della serie: viva la restaurazione! Si torna alle logiche democristiane, berlusconiane, renziane, piddine e compagnia cantante, con tanto di beneplacito pentastellato. Le sterili parole di Bonafede hanno ricalcato in toto la sua penosa autodifesa di queste settimane, non meritano quindi ulteriore visibilità. Anche perché da parte sua non c’è stato alcun approfondimento sensato sullo scandalo che ha portato alle dimissioni del suo ex capo di gabinetto Fulvio Baldi. Il Guardasigilli si è ben guardato dal fugare le ombre su possibili pressioni di Luca Palamara (o degli ambienti a lui vicini) nei confronti dello stesso Fulvio Baldi per boicottare la scelta di Nino Di Matteo quale possibile capo del Dap. Nessun riferimento da parte del ministro in merito al pericoloso isolamento venutosi a creare attorno a Di Matteo. Un silenzio del tutto imbarazzante. Che vale più di mille parole e che verrà riportato nelle cronache governative. A futura memoria.
Quello che invece merita di essere ricordato è il passaggio dell’intervento di Matteo Renzi che, dopo aver inviato il giorno prima Maria Elena Boschi da Giuseppe Conte a dettare le condizioni per evitare una crisi di governo, ha espresso “un pensiero affettuoso al presidente emerito Giorgio Napolitano. Lui sa perché, voi sapete perché”. Immediato è stato il collegamento alle famose intercettazioni tra Napolitano e Nicola Mancino, citate ampiamente nella sentenza di primo grado al processo sulla Trattativa. Benissimo ha fatto Saverio Lodato nella puntata di ieri sera di “Atlantide” a ricordare l’importanza di aprire gli archivi di Stato anche su quelle telefonate. “28 anni dopo la strage di Capaci - ha sottolineato Lodato - io mi chiedo: quanto tempo ci vuole ancora prima che l’Italia e gli Stati Uniti aprano i loro archivi sulle stragi del '92?Quanto tempo ci vuole perché Giorgio Napolitanodecida finalmente di svelare, lui, per una questione di trasparenza, all’opinione pubblica italiana, il contenuto di quelle telefonate che chiese e ottenne che venissero tombate. Quelle telefonate facevano parte del processo sulla Trattativa. Forse il senatore Renzi avrebbe potuto oggi adoperare questa occasione per chiedere a Napolitano questo grande atto di chiarezza e trasparenza più che baciargli la pantofola”. Ma a “baciare la pantofola” di Napolitano sono stati tanti uomini delle istituzioni in questi anni, sempre in virtù di quel do ut des che regola pesantemente il mondo della politica, con conseguenti ricadute per ognuno di noi.
La conclusione non può non riprendere spunto dall’analisi iniziale del giovane Di Matteo. Al di là di essere stato “salvato”, a Bonafede rimarrà per sempre la colpa di aver offeso tanti giovani pieni di voglia di cambiare un paese che lui stesso - con le sue omissioni - ha contribuito a far sprofondare ancora di più nella merda in cui si trova. Poco importa se l’espressione può far inarcare un sopracciglio ai benpensanti. Distruggere la speranza dei giovani è molto più offensivo: tra i più gravi reati di cui un politico non dovrebbe mai macchiarsi. Povera Italia.

Foto © Imagoeconomica

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