di AMDuemila
L’avvocato intervistato da Pandora Tv: “Dica la verità ai suoi elettori e agli italiani e poi si dimetta”
“Bonafede, chiamato in causa più volte, non ha ancora spiegato, né in televisione, né in Parlamento, chi e perché gli chiese di scegliere un altro magistrato al posto di Nino Di Matteo”. A dirlo è l’avvocato Antonio Ingroia nel corso di un’intervista pubblicata ieri su Pandora Tv. L’ex magistrato che ha istruito e avviato il processo sulla Trattativa Stato-mafia è tornato a chiedersi cosa è successo in quei giorni di giugno di due anni fa in cui Alfonso Bonafede, nel periodo della formazione della sua squadra al ministero della Giustizia, ha chiamato l’attuale consigliere togato del Csm per proporgli la dirigenza del Dap, ruolo cruciale nella lotta alla mafia, salvo poi tornare sui suoi passi nell’arco di poco tempo. Una vicenda per la quale si è discusso animatamente in tv e nelle pagine di giornale nell’ultima settimana, con lo stesso ministro che è stato ascoltato al “Question time” alla Camera e al Senato.
“In molti mi chiedono di commentare il cosiddetto scontro Di Matteo-Bonafede. Io rispondo che non c’è stato nessuno scontro. - ha premesso Ingroia - Di Matteo, chiamato in causa in una trasmissione televisiva, ha semplicemente raccontato un fatto che era già uscito su altri giornali ma ignorato, sul dietrofront del ministro che due anni prima lo aveva chiamato per telefono dicendogli se voleva essere al capo del Dap. E quando Di Matteo ha sciolto la riserva l’indomani mattina andando al ministero - ha spiegato ancora Ingroia - improvvisamente il ministro gli disse che aveva cambiato idea e voleva proporgli un altro incarico da burocrate al ministero. E Di Matteo rifiutò. Nel frattempo - ha continuato - venne chiamato a ricoprire il ruolo di direttore del Dap un altro magistrato, che non aveva l’esperienza di Di Matteo sul fronte della lotta alla mafia, il dottor Basentini. Lo stesso Basentini che è stato il responsabile di una circolare che in queste settimane è stata emessa dal Dap che ha sostanzialmente agevolato la scarcerazione di quasi 400 mafiosi per rischi di contagio da Coronavirus”.
Secondo l’avvocato, quindi il Guardasigilli, dovrebbe riferire chi “intervenne ponendo un veto sulla nomina di Di Matteo”, soprattutto alla luce del fatto che “dentro le carceri italiane, appena era circolata la voce della sua possibile nomina al Dap i mafiosi avevano fatto la voce grossa”. Una protesta, quella dei boss, da leggersi come “messaggio forte e chiaro al governo o comunque ai palazzi del potere di Roma. Dove - ha affermato Ingroia - certamente qualcuno ha chiamato Bonafede e gli ha detto che Di Matteo non andava bene. Questo è il vero interrogativo al quale il ministro della giustizia deve ancora rispondere. E io credo che debba senz’altro dire la verità nei confronti dei suoi elettori e nei confronti degli italiani. Spiegata questa ragione - ha concluso Ingroia - un secondo dopo, il ministro Bonafede dovrebbe dimettersi”.
Foto © Giorgio Barbagallo
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