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di Davide de Bari

Sulle carceri: “Stiamo assistendo alla Caporetto del sistema penitenziario e della prevenzione penale”

Nino Di Matteo con onestà e umanità tiene altissima la credibilità del Consiglio, dando voce a chi non ne ha contro le logiche correntizie”. Prende una forte posizione il consigliere togato del Csm, Sebastiano Ardita, pm antimafia ed ex dirigente del Dap, in un’intervista al “Corriere della Sera" riguardo le polemiche degli ultimi giorni sulle dichiarazioni del magistrato Nino Di Matteo sui retroscena della mancata nomina al Dap (Dipartimento per gli Affari Penitenziari), da parte del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Nelle ultime 48 ore il magistrato, che ha condotto l’accusa nel processo Trattativa Stato-Mafia, è stato vittima di numerosi attacchi da parte del mondo della politica, addirittura additato come “traditore” delle istituzioni. Anche all’interno del Consiglio Superiore della Magistratura sono sorte delle proteste da parte dei membri “laici” del M5s. Non una buona idea, secondo il magistrato, in particolare perché quella critica non è stata anticipata al collega "incontrato 10 minuti prima". "Non ne condivido il contenuto né lo spirito, e non ne capisco le finalità. - ha detto Ardita - Ma sarà un problema nostro, che siamo siciliani… - ha poi aggiunto - Credo che l’onorabilità del Csm dipenda principalmente dalla correttezza del suo funzionamento, specialmente dopo lo scandalo dello scorso maggio”. Secondo Ardita l’intento che ha spinto il pm Di Matteo a chiamare in diretta durante la trasmissione “Non è l’Arena” su La7, è stato quello di “fare chiarezza” in quanto la questione della mancata nomina, di due anni fa, “ha assunto attualità: è stato chiamato in causa e ha detto cosa era successo”. A chi accusa il magistrato palermitano di aver consumato “una vendetta postuma” per non essere stato nominato dal ministro al capo del Dap, Ardita ha risposto che dire questo "significa non conoscerlo” in quanto Di Matteo “non agisce per calcolo e di fronte ad una causa che ritiene giusta non arretra di un passo. Penso non sia necessario ricordare la sua vita”. Secondo il consigliere togato, che fa parte del gruppo Autonomia&Indipendenza, le scelte poste in essere dal ministro della Giustizia, in questo caso quella sul Dap, “comporta una responsabilità della scelta se qualcosa non va bene. Sebbene questo non sia mai accaduto nel passato; è successo ora per la prima volta”. Ardita “non crede ci siano stati” condizionamenti mafiosi, derivanti dalle parole dei boss in carcere riportate nell’informativa del Gom, sulla decisione del ministro Bonafede di non scegliere più il pm dellaTrattativa Stato-Mafia a capo del Dap, ma questo “non toglie che fu una scelta che da addetto ai lavori non ho capito. Comunque per quello che ne so la scelta del capo del Dap non dipende mai solo dal Guardasigilli”.
In conclusione, il consigliere togato ha spiegato che sulla gestione del Dap “stiamo assistendo alla Caporetto del sistema penitenziario e della prevenzione penale, che ha prodotto come effetto domino le rivolte, con la morte di 14 persone affidate alla cura dello Stato e poi l’uscita dal carcere di 376 mafiosi. Ma sarebbe sbagliato addossare la colpa solo a questo governo che ha assistito alla rottura del sistema. - ha concluso - Da anni aggressioni e reati in carcere sono cresciuti senza che nessuno ascoltasse il grido di dolore degli operatori per un regime sbagliato che nuoce alla sicurezza e impedisce la civiltà della pena”.

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