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di Lorenzo Baldo
L’ultimo saluto a Giulietto Chiesa, un grande uomo

“Ecco dunque l’unica cosa decente che ci resta da fare... star sui coglioni a tutti come sono stati i profeti innanzi e dopo Cristo. Rendersi antipatici, noiosi, insopportabili a tutti quelli che non vogliono aprire gli occhi sulla luce”. L’essenza di Giulietto Chiesa la respiriamo oggi nelle parole di don Lorenzo Milani. Parole graffianti, fuori dalle righe, ritrovate da poco in una lettera del ‘55 scritta dal prete rivoluzionario di Barbiana a don Ezio Palombo, scomparso recentemente dopo aver lottato contro il coronavirus. Insopportabile, antipatico, rompicoglioni, complottista e sicuramente molto di più: questo è stato Giulietto Chiesa per il sistema di potere che ha combattuto fino all’ultimo giorno della sua vita. Un combattente puro, autentico, integralista all’ennesima potenza nelle sue convinzioni fondate su dati oggettivi; capace di provocare profonde irritazioni ai moderati, ai diplomatici e soprattutto ai mediocri e agli ipocriti: a tutti coloro che non volevano e non vogliono aprire gli occhi su quella luce di cui parlava don Milani. Una fiammella in balia del vento, un debole bagliore tenuto sotto il moggio dai giochi di potere. Una luce che Giulietto aveva scovato, decifrato, per la quale non aveva paura a dare la faccia, perché credeva nel riscatto delle coscienze, anche a costo di essere deriso, ghettizzato, o censurato. Oggi tutti i media elencheranno le sue inchieste coraggiose e le sue grandi battaglie. Battaglie che fino a ieri sono state più volte ridicolizzate, ignorate o messe alla stregua dei ragionamenti di un visionario. Ma se in ogni epoca non ci fossero stati i visionari, gli eretici, coloro che andavano controcorrente, l’umanità sarebbe rimasta ferma, immobile nella propria ignoranza. Così come tutti i visionari Giulietto è stato quindi un precursore dei tempi, uno di quei pionieri che Goethe citava nel suo celeberrimo “Faust” quando scriveva: “Ciò che hai ereditato dai padri riconquistalo, se vuoi possederlo davvero”. Riconquistare il diritto alla verità. Ecco la pretesa di Giulietto Chiesa senza se e senza ma. Pretendere la verità, tutta: quella boicottata, quella strumentalizzata e soprattutto quella occultata nel nome di interessi sovranazionali. Una verità pericolosa, scomoda - sulla quale si basano equilibri internazionali - che Giulietto aveva intuito e studiato così da poterla diffondere attraverso i suoi canali. Un’opera immane, per certi versi rivoluzionaria in un mondo refrattario ai geni, ai pazzi sognatori e a chi ama la libertà delle idee. Un’opera straordinaria che va protetta, al riparo da facili strumentalizzazioni. Che deve proseguire la sua corsa sulle gambe di altri pionieri e visionari altrettanto pronti a forgiarla con spirito di ricerca, pragmatismo e tanto altruismo. Perché la prima regola della verità è che appartiene a tutti, senza alcun copyright. La verità può solo liberare le menti e i cuori, non può essere strumento di dominio, altrimenti diviene menzogna. Giulietto Chiesa lo sapeva bene.
Avere potuto fare un pezzo di strada assieme è stato un grande privilegio per noi. La via da seguire è chiara, irta di ostacoli, ma illuminata da quella luce che è destinata a risplendere. E’ solo una questione di tempo. Come dice una vecchia canzone di Renato Zero, ora hai un altro palcoscenico da cui poter parlare: “Il firmamento, il teatro che vuoi... All’infinito, il tuo slancio replicherai. E il tuo stile ardito, lassù verrà applaudito. Dopo di te, come un vuoto cadrà su questo circo, che grandi pagliacci non ha… su queste poche lacrime, di questa bolgia esanime”.
Grazie di esserci stato, Giulietto, di aver combattuto fino alla fine. Grazie di aver lasciato la tua impronta in questa terra.

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