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di AMDuemila
L'analisi a l'AGI del consulente della Commissione antimafia sui rischi post emergenza Coronavirus

"In questo momento si profilano come in una 'tempesta perfetta', i quattro presupposti che chiamerei 'classici' e che da sempre invogliano e arricchiscono la criminalità organizzata". La considerazione è del magistrato Roberto Tartaglia (in foto), oggi consulente della Commissione Parlamentare Antimafia e già membro del pool di pm nel processo "Trattativa Stato-Mafia", raggiunto dall'agenzia di stampa Agi, che comunque precisa come "in questo momento le priorità assolute del Paese, non solo del nostro, sono evidentemente quelle dell'emergenza sanitaria e della ripartenza economica".
Ma bisogna comunque stare attenti a determinati fenomeni.
Elencando le problematiche più evidenti l'ex sostituto procuratore della Dda di Palermo traccia un quadro allarmante dei rischi che si possono correre non solo per l'emergenza sanitaria del coronavirus, ma soprattutto sul piano economico-sociale. In questo momento vi è "una micidiale carenza di liquidità (che le mafie non aspettano altro che colmare, portatrici come sono di immensi capitali illeciti in attesa di 'collocazione'); la vera e propria 'bomba sociale' che, soprattutto nelle regioni più fragili, rischia di esplodere da un momento all'altro, tra cittadini già deboli ridotti definitivamente allo stremo e lavoratori in nero privi di reali possibilità di ammortizzatori sociali e di assistenza: ed è inutile sottolineare come, da sempre, la criminalità organizzata abbia attinto proprio a questi settori come bacino privilegiato della propria manodopera illecita; la prospettiva di importanti investimenti pubblici in infrastrutture e in settori strategici che da decenni costituiscono la principale 'tentazione' e la più promettente occasione di guadagno della criminalità organizzata; ed infine la possibile sottovalutazione generale di questi rischi, facilitata da una comprensibile (anche se inaccettabile) distrazione, all'insegna di uno slogan - implicito e pericoloso - secondo cui ora occorre ripartire, in qualsiasi modo e a qualsiasi costo".

La storia insegna
Questi fatti potrebbero portare a conseguenze gravi, così come è avvenuto in altri momenti della nostra storia: "Dalla legge del risanamento napoletano del 1885 - che seguì proprio ad una epidemia di colera e che causò, per dirla in breve, effetti decennali di corruzione, appalti eseguiti male, politiche clientelari e rafforzamento esponenziale della potenza camorristica - a gran parte delle altre emergenze più recenti, la storia del nostro Paese mostra le tracce impietose della cronica sottovalutazione di questi frangenti di vulnerabilità. Ignorarli - prosegue Tartaglia rispondendo all'Agi - per inseguire il fine della "ripartenza a qualunque costo" non è solo eticamente inaccettabile, ma anche tremendamente illusorio: significa far finta di non vedere che in questo modo si costruiscono economie malate già in partenza, idonee a sacrificare l'obiettivo dello sviluppo economico in nome del guadagno immediato e indiscriminato, destinate nei prossimi decenni ad entrare nel circuito della repressione penale e dell'ablazione patrimoniale. Significa, in altri termini, puntare all'apparenza di domani, sacrificando il futuro reale del Paese che è in gioco in questo momento".

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© Imagoeconomica


Prevenzione come antidoto
Ma come prevenire il rischio che mafie e corruzioni proliferino, ancora una volta, sfruttando le fragilità della gente? Citando Einstein, secondo cui "gli intellettuali risolvono i problemi, i geni li prevengono", Tartaglia evidenzia che "proprio sul piano della cultura della prevenzione potremmo avere tanto da mostrare all'Europa e al resto del mondo, arrivando a rappresentare modello serio e pionieristico".
"La sfida della ricostruzione economica - aggiunge - è tanto complessa dal punto di vista pratico, quanto chiara dal punto di vista concettuale: in primo piano, vi è l'esigenza assoluta di rilanciare l'economia dell'intero Paese, con investimenti e politiche che costituiscano uno 'shock' positivo di livello tale da compensare il profondo trauma economico di questo arresto forzato e prolungato. In tre punti: investimenti pubblici e privati; rilancio dei due perni del welfare: sanità e lavoro; e indifferibile semplificazione, anche normativa, dei procedimenti amministrativi. Sull'altro piano ci sono invece i rischi".
Dunque, per quanto concerne la prevenzione, essa deve essere "oculata e intelligente; che non può essere asfissiante e inutilmente paralizzante, che non deve trasformarsi in possibile antagonista della velocità e dello sviluppo, ma che si ispiri a logiche di vigilanza collaborativa, soprattutto nel settore delle grandi opere, e che si vada plasmando sul concetto della 'differenziazione': se sono differenti gli appalti, i distretti finanziari in cui sono banditi, i territori e le esigenze strategiche, è altrettanto innegabile che differenti dovranno rivelarsi gli strumenti e gli standard di intervento preventivo".
Ed infine conclude: "La grande sfida - quella di sempre, a dire il vero, non solo nel periodo dell'emergenza - resta quella del contemperamento tra il dovere del rispetto delle regole (semplificate, quando è necessario) e lo sviluppo in termini di efficienza delle procedure di investimento e sviluppo. Resto convinto che una prevenzione intelligente possa essere enzima dello sviluppo, di quello vero e sano, e che possa rivelarsi migliore alleata di una classe imprenditoriale pulita che non aspetta altro che ripartire. Questo è l'orizzonte cui guardare senza esitazioni e con un nuovo patto generazionale inclusivo e chiaro".

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