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Il padre dell’agente Nino Agostino intervistato da “La Repubblica”
di AMDuemila
“Trentuno anni fa, ho promesso che avrei tagliato la barba solo quando sarebbero stati scoperti gli assassini di mio figlio Nino e di mia nuora Ida. Non è ancora arrivato quel momento, anche se in questi ultimi giorni stanno accadendo cose importanti”. Sono queste le parole di Vincenzo Agostino, padre dell’agente Nino Agostino assassinato a Villagrazia di Carini con la moglie Ida Castelluccio, sposata appena un mese prima ed incinta di due mesi. Intervistato nell'edizione palermitana di “La Repubblica”, è intervenuto in un momento cruciale della ricerca della verità sul caso di suo figlio. Infatti, dopo la conclusione delle indagini, la procura generale di Palermo potrebbe presto chiedere il rinvio a giudizio per i due presunti assassini del poliziotto del commissariato San Lorenzo e di sua moglie, i boss Gaetano Scotto e Antonino Madonia. Quindi, per la prima volta, si potrebbe arrivare ad un processo. “Un punto di partenza” secondo il padre dell’agente che al contempo ha ricordato la moglie, Augusta, deceduta lo scorso anno. “Mia moglie Augusta è morta prima che ci fosse la svolta nell’indagine. - ha detto al quotidiano - Ripeteva ai medici: io voglio vivere, io voglio sapere chi ha ammazzato mio figlio, sua moglie e la nipotina che sarebbe nata. Non ce l’ha fatta. E, adesso, sulla sua tomba, c’è una lapide con la scritta: ‘Augusta Schiera, madre del poliziotto Nino Agostino, in attesa di verità e giustizia’”. Per Agostino la verità riguardo l’assassino di suo figlio “è dentro lo Stato. Ci sono persone che sanno, ma non parlano. Non lo dico io, lo spiegano chiaramente le indagini, che hanno messo in evidenza un’azione intensa di depistaggio, iniziata poche ore dopo l’omicidio di Nino, quando furono trafugati alcuni appunti da un armadio della sua casa di Altofonte. - ha proseguito - Furono rubati nel corso di una perquisizione, evidentemente da agenti di polizia o comunque da rappresentanti delle istituzioni. Gente senza scrupoli, che operava agli ordini di qualcuno”. Riguardo alla sparizione di documenti durante la perquisizione a casa del figlio delle responsabilità potrebbe averle avute Guido Paolilli, ex poliziotto, la cui posizione è stata archiviata in quanto il reato è prescritto. Tuttavia il gip esprimeva nei suoi riguardi pesanti dichiarazioni. “Sapevo che era un amico di Nino - ha ricordato Agostino - Per questo mi fidavo di lui. Un giorno mi disse: ‘In quelle carte ci sono cose che non ti faranno piacere’. Ma io volevo vederle quelle carte. Poi, da un’intercettazione della Dia abbiamo saputo che le aveva distrutte”.
Nelle scorse settimane si è appreso che la Procura generale ha indagato anche un soggetto. “La procura generale di Palermo accusa anche quel ragazzo che sembrava legatissimo a mio figlio: Francesco Paolo Rizzuto aveva 16 anni, Nino 28, andavano a pescare insieme. - ha detto - Anche la notte prima del delitto. La mattina, il padre di Francesco Paolo mi chiese la barca di Nino. Nel pomeriggio, invece, il ragazzo mi domandò più volte a che ora sarebbe tornato mio figlio, che quel giorno aveva cambiato turno di lavoro. Ma appena arrivò, Francesco Paolo andò via. Mi sono sempre chiesto perché. Pochi attimi dopo, si presentarono i killer”.
In conclusione, secondo Vincenzo Agostino “qualche uomo delle istituzioni dovrebbe passarsi una mano sulla coscienza, magari perché è arrivato al termine della sua vita. E pensare che ci sono figli e nipoti che hanno il diritto di sapere. Abbiamo avuto tanti pentiti di Cosa nostra, ma ancora nessun pentito di certi palazzi. E, poi, mi spiace che talvolta alcune istituzioni abbiano collaborato davvero poco con la magistratura”. Ed infine ha concluso ricordando la volta in cui il servizio segreto civile oppose il segreto di Stato ai pubblici ministeri di Palermo che chiedevano di sapere i nomi di alcuni agenti: “Non ci possono essere segreti su questa vicenda così drammatica, che non riguarda solo due genitori, solo una famiglia, ma l’intero paese”.

Foto © Our Voice

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