di Aaron Pettinari - Intervista
"Dopo 40 anni, grazie alla Procura generale, vediamo un bagliore per una verità completa"
La scorsa settimana la procura generale di Bologna ha emesso l'avviso di chiusura delle indagini sui mandanti della strage alla stazione del capoluogo emiliano che provocò la morte di 85 persone e il ferimento di altrettante 200. Un'inchiesta che ha riportato agli occhi della ribalta figure di primissimo piano della nostra storia come quella del Maestro Venerabile della P2, Licio Gelli, evidenziando la saldatura tra ambienti massonici con quelli della destra estrema, settori deviati dell'intelligence, faccendieri fino a giungere al cuore dello Stato.
Abbiamo raggiunto telefonicamente l'onorevole Paolo Bolognesi, presidente dell'Associazione per le vittime della strage alla stazione di Bologna ed anche tra i fautori della legge sul depistaggio che fu promulgata nel 2016.
Onorevole Paolo Bolognesi, se dovesse raccontare ai giovani di oggi la storia della strage di Bologna e dei processi che vi sono stati da cosa partirebbe?
Per prima cosa cercherei di raccontare molto schematicamente tutti i vari punti dicendo anche come si è cercato di travisare, fin dal primo momento, la verità su questa vicenda. Bisogna assolutamente che i giovani, quelli che non erano nemmeno nati il 2 Agosto 1980, possano comprendere come il depistaggio, come le operazioni di stampa o cose di questo tipo, non solo all’epoca ma anche adesso, sono strumenti per orientare l’opinione pubblica e per falsificare la vera realtà.
Quando accadono certi eventi, così grandi e drammatici, non si deve bere solo dal bicchiere del potere, ma cercare di comprendere guardandosi attorno e leggendo le varie cose che ci sono.
Per avere un po' di verità ci sono voluti 40 anni. Bisogna acquisire una conoscenza dei fatti. Questo approccio dovrebbe essere l’obiettivo che qualsiasi persona dovrebbe avere nel momento in cui va a raccontare la strage del 2 Agosto. Parlo di questa strage specifica perché mi interessa direttamente ma, dal dopoguerra ad oggi, si potrebbe parlare di svariati fatti che riguardano la storia del nostro Paese.
Piano piano la verità sulla strage di Bologna si arricchisce di nuovi pezzi. Il 9 gennaio 2020 c'è stata la condanna all'ergastolo dell'ex Nar Gilberto Cavallini mentre, la scorsa settimana, la Procura generale di Bologna ha comunicato la chiusura delle indagini sui mandanti della strage giorni scorsi la conclusione, da parte della Procura generale di Bologna. Come familiari vittime della strage come avete vissuto questi due episodi?
Sono stati due momenti diversi. Devo dire che sull'esito del processo Cavallini, avendo vissuto l'andamento processuale, anche se in fondo non si può mai essere veramente certi, non ci è mai sembrato che potevano esserci particolari dubbi. Per quanto riguarda il secondo episodio dico che finalmente, dopo 40 anni, dei magistrati valenti hanno raggiunto un obiettivo, i mandanti della strage. Ed il focus è posto sul ministero dell'Interno di allora. Un risultato che fa onore a tanti magistrati onesti che sono morti per cercare la verità. Per quel che riguarda l'inchiesta della Procura generale l'aspetto interessante è che nelle varie ipotesi di indagine da farsi per arrivare ai mandamenti sono state sviluppate proprio quelle che noi avevamo individuato nella memoria che inviammo 15 anni fa presso la Procura. All'epoca c'era il Procuratore Roberto Alfonso, poi arrivò il Procuratore capo Giuseppe Amato, che voleva archiviare tutto. Ora, il fatto che la Procura generale (diretta da Ignazio De Francisci, ndr) abbia avocato a sé le indagini e in due anni si sia arrivati a questi risultati per noi è una grandissima soddisfazione.
E' sicuramente qualcosa di notevole, un fatto importante che può portare ad altri passi notevoli su questa vicenda. Passi che speriamo proseguire per svelare e punire tutti quei mandanti, depistatori e soggetti che hanno avuto un ruolo in tutta la vicenda.
Il Maestro Venerabile della Loggia P2, Licio Gelli © Imagoeconomica
I nomi emersi in questa prima tranche di indagine sono di peso: dal Maestro Venerabile della Loggia P2 Licio Gelli al suo braccio destro Umberto Ortolani, e poi ancora il potentissimo capo dell’ufficio Affari riservati del Viminale, Federico Umberto D’Amato, e il piduista senatore del Msi, Mario Tedeschi. Che altro dobbiamo aspettarci?
L'inchiesta ovviamente prosegue, ma è stata lasciata una traccia importante. Quella di Bologna è una strage molto complessa che nasce da molto lontano. Non è una strage, come si è voluto far credere e come si vorrebbe far credere, nata da spontaneisti armati che una mattina passano da Bologna e mettono una bomba. E' una cosa complessa, con un'organizzazione molto articolata. Quel giorno a Bologna c'erano parecchie persone. Con i mezzi che ci sono adesso il fatto di trovare un fotogramma di una pellicola Super 8 che indica in Paolo Bellini uno dei presenti il 2 agosto credo che questo sia un fatto estremamente importante. Un Bellini che con il suo curriculum vitae credo possa veramente dare ancora una svolta in più anche dal punto di vista di chi sono gli esecutori. Parlando, riferendosi a mandanti e finanziatori, di figure come Gelli si parla di mandanti di altissimo livello.
Avvocati difensori e familiari dei soggetti chiamati in causa dalla Procura generale hanno espresso la propria indignazione contro la magistratura che "mette sotto accusa chi è morto e che non può difendersi". Lei cosa ne pensa?
Cosa posso dire rispetto a queste considerazioni? Io ho sentito tali e tante cose da parte di Gelli. Anche in vita non si era mai tirato indietro a livello di interviste. E indubbiamente si parlava che, dopo il 2 agosto nel 1981, ci sarebbe stato un colpo di Stato già predisposto. Un colpo di Stato che non fu realizzato semplicemente perché si scoprirono gli elenchi della P2. I magistrati non sono mia andati ad affrontare fino in fondo questi argomenti che lo stesso Gelli aveva dichiarato.
Che uno che fa queste affermazioni può essere solo un depistatore delle indagini certo lasciava perplessi.
Guardando le accuse che vengono rivolte oggi credo che i magistrati che hanno fatto le indagini, se sono giunti a certe conclusioni parlando di mandanti, di finanziamenti e quant'altro, avranno anche i documenti che gli permettono di fare certe affermazioni.
Spesso si dimentica che sulla strage di Bologna vi sono già state le condanne per calunnia che confermarono, di fatto, l'esistenza di un depistaggio delle indagini. Condanne che hanno riguardato il medesimo Gelli, e gli ufficiali dell'allora servizio segreto militare del Sismi, Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte, e il faccendiere Francesco Pazienza (ex collaboratore del Sismi). Perché in Italia si ha sempre una memoria così corta rispetto certi fatti?
A questa domanda potrei rispondere a mia volta ponendo un altro interrogativo. Come mai i magistrati che hanno concluso le indagini sui mandanti della strage oltre, a fare una serie di nomi che oggi sono deceduti e che non andranno ovviamente a processo, fanno riferimento ad una serie di personaggi che in anni recenti hanno cercato di depistare le indagini degli stessi magistrati della Procura generale di Bologna?
Ancora oggi vi sono possibili depistatori che avrebbero rilasciato false testimonianze. Noi questo dobbiamo chiederci. Come è possibile che dopo 40 anni, quando finalmente sembra esserci uno sprazzo di verità, c'è della gente che ancora oggi depista?
Si cerca di deviare l'attenzione. E la stampa va anche dietro a queste deviazioni. Io posso anche capire che quando si fa riferimento ad un parente morto ci si possa anche indignare, ma siamo di fronte ad un fatto della storia del nostro Paese che ha causato tantissimo dolore e lasciato una profonda ferita. In un certo senso il discorso della 'memoria corta' trova seguito in un discorso di 'filiazione' che certi soggetti hanno generato. Sono stati creati personaggi più o meno simili a loro che a tutt'oggi hanno l'interesse a nascondere ciò che è indicibile. Essere i mandanti di una strage come quella di Bologna è una cosa grossissima. Aver cercato di depistare dopo 40 anni la verità sulla strage di Bologna è un’altra cosa grossissima. E c'è da capire perché questi soggetti ancora cercano di depistare le indagini. Per quale motivo?
La strage di Bologna © AFP
Secondo lei perché si ha così tanta paura della verità?
Perché probabilmente si va a toccare le cosiddette verità indicibili che non si debbono assolutamente dire. Era meglio la pista palestinese, che al limite non accusava nessuno, perché si parlava di un esplosivo che passava di lì e magari veniva esploso per caso. Di questo passo sarebbe stata la cosa migliore per fare in modo, non di onorare i morti o dare giustizia, ma quantomeno la cosa migliore per mettere tutto a tacere tranquillamente senza tanti problemi. E lì va a finire che son tutti dei giochi e giochetti sul terrorismo nero, sul terrorismo di vari colori, servizi che servivano tutti tranne che i cittadini. Questo è quel che, a mio parere, viene fuori da una situazione del genere.
Lei ha sempre detto che nelle stragi non ci sono misteri ma ci sono dei veri e propri segreti. Quali sono le resistenze incontrate in questi anni che hanno mantenuto il segreto su questi fatti?
Io consiglio di diffidare sempre quando qualcuno parla di misteri sulle stragi o di misteri italiani. No, non sono questi i misteri. Mi spiego immediatamente: i misteri si inseriscono esclusivamente nelle religioni mentre questi sono segreti. Il segreto è una cosa umana che se si vuole si svela; se non si vuole si fa di tutto per non svelarlo. Ecco questi sono segreti su cui, pur di non svelarli, si fa di tutto. Perché a mio parere ci sono delle verità che vanno a compromettere ancora dei personaggi che fanno, o hanno fatto, la loro fortuna politica, economica o cose di questo tipo, con questo tipo di eventi.
Questa è l’unica spiegazione plausibile per una reticenza simile.
Questo significa che dietro la strage di Bologna c'è un segreto di Stato?
Non c'è un segreto di Stato perché ufficialmente non ci devono essere segreti di Stato su queste cose. Se uno sta zitto vuol dire che ha degli interessi di altro tipo da proteggere.
Che ruolo ha avuto e che ruolo gioca l’informazione da questo punto di vista? Ha fatto il suo dovere oppure, secondo lei, ha abdicato in qualche maniera quello che doveva essere il suo compito nell’accendere un faro, una luce nella ricerca della verità delle stragi?
Io guardo i fatti. L'operazione mediatica depistante della pista palestinese ha goduto di grande eco sulla stampa ed il lettore è stato quantomeno affascinato da una stampa che ha insistito parecchio in quella direzione. Tuttavia devo dire che nel momento in cui sono uscite le notizie ultime dell’indagine chiusa dalla Procura generale nella stampa italiana c'è stato un grande rilievo. Non sono mancate le venature polemiche da parte di alcuni, ed altri hanno riportato le cose come stavano. Comunque il fatto di aver già parlato dell'avvenimento penso che sia già importante perché in questo modo molta gente che in qualche maniera aveva rimosso o archiviato nella memoria più remota questa situazione ha avuto modo di ricordare.
E la politica? In che misura può aver avuto un ruolo nello sviluppo della cortina di silenzio?
Dobbiamo partire da una considerazione. La scena politica e gli attori politici si sono in gran parte anche rimescolati in questi anni. C'è stata un'evoluzione e nell’ambito di un’evoluzione del genere, nel momento in cui c’è da “coprire o scoprire” determinate situazioni, credo che il quadro attuale possa essere favorevole allo scoprimento della verità. Magari poi potrò essere smentito puntualmente, però credo che molti legami col passato siano in qualche modo recisi. Perciò speriamo veramente che sia la volta buona che nessuno ostacoli la verità.
Si può dire, dunque, che nel 2020 finalmente si vede un bagliore di speranza per una verità completa?
Sì, secondo me si può dire.
Foto di copertina © Imagoeconomica
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