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di Aaron Pettinari
Per gli inquirenti "influenzava anche altre famiglie mafiose"

"Siamo all'epilogo di una attività investigativa che noi riteniamo strategica assieme ai magistrati della Dda. Devo sottolineare che i venti della rivoluzione francese del 1789 si sono fermati alle soglie dell'Arenella. Perché abbiamo registrato questo disperato bisogno di alcuni cittadini dell'Arenella di essere sudditi di un despota a cui vengono spontaneamente destinate parte delle risorse economiche. Gaetano Scotto ottiene dazioni economiche e poiché gliele danno spontaneamente lui stesso dice di 'ritenersi nel giusto'. E' questo il dato che cogliamo. Una coltre di cittadini che tollera questi tracotanti comportamenti". E' con queste parole che il capo centro Dia, Antonio Concezio Amoroso, ha descritto la figura di Gaetano Scotto, al vertice della famiglia mafiosa dell'Arenella che questa mattina è stato raggiunto da un'ordinanza di custodia assieme ad altre sette persone. A finire in manette vi sono anche i suoi due fratelli (Francesco Paolo Scotto, 73 anni e Pietro Scotto) e poi ancora Antonino Scotto, Vito Barbera, Giuseppe Costa e Paolo Galioto. I reati contestati sono, tra gli altri, associazione mafiosa, estorsione aggravata, favoreggiamento. Arresti domiciliari, invece, per Antonino Rossi. A quest'ultimo viene contestata l'intestazione fittizia aggravata in concorso con Gaetano Scotto del locale 'White Club' all'Arenella, per cui è stato disposto il sequestro preventivo.
"Nel corso delle indagini - ha sottolineato la Dia - si è evidenziato il ruolo carismatico di Gaetano Scotto, il quale ha dimostrato di saper gestire il ruolo riconosciutogli e la sua influenza territoriale ponendosi al di fuori delle ordinarie dinamiche di Cosa nostra, evitando incontri, riunioni e altre relazioni suscettibili di sovraesposizione".
Secondo gli investigatori Scotto già subito dopo la scarcerazione, avvenuta il 21 gennaio 2016, aveva ripreso il controllo e il recupero del suo ruolo e della sua autorità all'interno di Cosa nostra.
Di fatto d quel giorno la Dia ha video documentato i suoi spostamenti, particolarmente accorti. E' persino emerso che nella festa in onore di Sant'Antonio da Padova, patrono della borgata marinara dell'Arenella, che si è tenuta il 13 giugno 2016, durante un colloquio telefonico con l'allora fidanzata Giuseppina Marceca "Scotto interruppe la conversazione affermando che lo avevano avvisato che per fare passare il Santo 'aspettavano lui'. "Noi raccontiamo il fatto - ha detto Amoroso - ed è emerso che i due fidanzati sono anche saliti a bordo del peschereccio usato per la 'vara del Santo' laddove le regole della processione che, peraltro, vietano in maniera categorica che a bordo dell'imbarcazione possano salire persone diverse dal sacerdote che officia la funzione e dalla banda musicale".

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Ma il ruolo di Scotto è emerso anche nel controllo delle attività economiche, organizza e coordina le attività estorsive, mantiene i rapporti con le altre famiglie mafiose e sostiene i parenti degli affiliati detenuti.
Il tutto senza mai avere il bisogno di avvalersi delle tipiche tecniche intimidatorie di natura estorsiva "limitandosi solamente a ricevere quello che i commercianti, per il solo rispetto del potere derivategli dal rango rivestito, erano disposti a versare a titolo di 'pizzo'".
Durante la detenzione il suo ruolo di vertice sarebbe stato gestito sia dai fratelli Francesco Paolo e Pietro sia da altri fedelissimi.
"La famiglia dell'Arenella è una delle più prestigiose del mandamento di Resuttana-San Lorenzo. E in un dato momento a Scotto chiedono anche di assumere la reggenza ma lui stesso rifiuta - hanno spiegato Amoroso, il vice Antonio Azzarone ed il capo delle operazioni, Stefano Maniscalco - Ma queste proposte vengono sempre declinate da Scotto. C'è un'intercettazione in cui dice: 'Mi hanno chiesto di fare il capo mandamento ma sono pazzi!'. Io devo ringraziare il Signore di essere uscito... non se ne parla proprio...".
Secondo gli inquirenti ciò avveniva in quanto vi era la consapevolezza di Scotto di essere indagato nell'ambito dell'inchiesta sulla morte del poliziotto Antonino Agostino e sua moglie Ida Castelluccio, avvenuto a Villagrazia di Carini il 5 agosto 1989.
"E' un personaggio di grossissimo spessore di cui lo stesso era consapevole - ha aggiunto Amoroso - Usava ogni precauzione per abbassare il proprio profilo criminale. A poco gli sono valse tutte le accortezze utilizzate nel tempo, come quella di incontrarsi in luoghi sempre diversi". Quel suo status era riconosciuto anche da rappresentanti della mafia italo-americana. Tra questi Leonardo Lo Verde, già oggetto di indagini da parte della D.E.A. e dell'F.B.I, non raggiunto da questa ordinanza. "In un incontro - hanno spiegato gli investigatori - si complimentava per quel comportamento di Scotto riservato e discreto e per quel modo di condurre la socialità criminale in maniera acuta e scaltra. Elementi che portano a definire il boss dell'Arenella e sé stesso come 'mafiosi di rango superiore'".

Foto © ACFB

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