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di Paolo Borrometi
Loro sono i magistrati che hanno sostenuto l’accusa nel processo “Trattativa” a Palermo. Negli anni li abbiamo insultati, denigrati, accusati di complottismo. Abbiamo detto le idiozie e le cattiverie più gravi, perché non potendo smontare le tesi del loro lavoro, dovevamo distruggerne l’immagine. Ed allora via con il campionario, sempre il solito: che “cercavano visibilità”, che lucravano sulle minacce dei mafiosi.
Poi la sentenza che ha dato loro ragione. Ma non è bastata. “Hanno sbagliato tutto”, disse un assessore regionale siciliano.
Ieri le parole di un boss, feroce, al suo attivo un numero imprecisato di omicidi, stragi ed incontri “politici”.
Il boss è Giuseppe Graviano, ha raccontato di aver incontrato Silvio Berlusconi. “Almeno tre volte”. E che Berlusconi fosse consapevole del fatto che Graviano fosse in latitanza. E lo incontrava, comunque.
Premetto che mi fido poco delle verità così frammentate di Graviano e mi domando perché parli solo adesso e soprattutto a chi si rivolga. Detto questo, però, le parole di Graviano ci fanno comprendere con certezza che quei magistrati, così osteggiati, hanno - a rischio della loro stessa vita - dato un contributo eccezionale per la verità in questo Paese. Capendo, studiando e indagando su fatti indicibili della nostra Repubblica.
Ed allora grazie. Grazie ai pm Antonino Di Matteo, Vittorio Teresi, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia.
Dopo tanti anni, tanti insulti: grazie alle vostre famiglie per gli innumerevoli sacrifici, grazie a voi per il vostro lavoro e per come lo avete fatto.
Noi siamo con Voi! E condividiamo la vostra immagine, perché siete la parte più bella di questo Paese.

Tratto da: facebook.com

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