di AMDuemila
"E' ancora possibile tentare di dare un nome e un volto al killer di Piersanti Mattarella". Ne è convinto il consigliere togato del Csm Nino Di Matteo, raggiunto dall'Adnkronos per esprimere una considerazione in vista del 40° anniversario della uccisione dell'ex Presidente della Regione siciliana.
Dietro al delitto, avvenuto il giorno dell’Epifania 1980, vi sono ancora diversi risvolti insoluti. Da tempo la Procura di Palermo ha riaperto le indagini sviluppando quella "pista nera" che porta ai neofascisti del Nucleo armato rivoluzionario (Nar). Retroscena ai quali già a suo tempo aveva pensato Giovanni Falcone, il quale era convinto che gli ambienti eversivi di destra fossero implicati nel delitto del Presidente della Regione. Per questo alla sbarra degli imputati portò i “neri” Giusva Fioravanti e Gilberto Cavallini, accusati - e poi assolti - di essere gli autori materiali di un omicidio per il quale finora furono condannati solo i mandanti: i boss della Cupola di Cosa nostra Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Brusca, Bernardo Provenzano, Giuseppe Calò, Francesco Madonia e Nenè Geraci. "E' doveroso che si faccia ogni sforzo possibile per verificare se, come riteneva probabile Giovanni Falcone - ha dichiarato Di Matteo - quel delitto rappresentò il primo, eclatante, esempio di una saldatura criminale tra gli interessi mafiosi e quelli della destra eversiva che anche in epoca successiva ha prodotto le sue nefaste conseguenze". "La magistratura, ancora oggi e in futuro, deve compiere il massimo sforzo nella consapevolezza che una verità parziale è pur sempre una verità negata", ha infine concluso il magistrato.
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