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"Chi l'ha visto?", alla ricerca del boss, intervista l'autista Mesi
di Aaron Pettinari - Video

"Matteo Messina Denaro? Ce l'ho nel cuore, è una persona perbene". A parlare è Francesco Mesi, indicato dai collaboratori di giustizia Giovanni Brusca e Vincenzo Sinacori come l'autista del superlatitante trapanese, rispondendo ad alcune domande dell'inviata di 'Chi l'ha visto?', Chiara Cazzaniga. Per conto della trasmissione di Rai3, condotta da Federica Sciarelli, si è messa alla ricerca del boss di Castelvetrano ripercorrendo alcuni elementi emersi nel corso delle indagini più recenti, attraversando uno spazio che va dalla cittadina trapanese fino ad arrivare a Dubai, negli Emirati Arabi, dove alcune fonti sostengono si trovi un certo "signor M", di origini siciliane, che fa la bella vita ed è imprenditore nel campo dell'edilizia, o forse nel campo delle energie rinnovabili.
Il servizio racconta un pezzo di storia del padrino, che è già stato condannato per le stragi del 1993 e che si trova oggi sotto processo per quelle del 1992. Gli investigatori lo ritengono responsabile di una settantina di omicidi come mandante ed esecutore. Fu tra gli organizzatori del sequestro del piccolo Giuseppe Di Matteo, appena 12enne, per costringere il padre Santino a ritrattare le sue rivelazioni sulla strage di Capaci. Matteo Messina Denaro, "Diabolik" come è soprannominato da alcuni, ha scalato rapidamente la lista dei ricercati più importanti nel mondo tanto da “meritarsi” una taglia promessa dai Servizi segreti per la cattura, da un milione e mezzo di euro.
Viene considerato come un “femminaro” ed un “seduttore”. Una delle sue amanti, Maria Mesi, per avergli dato ospitalità durante la latitanza, è stata condannata a 3 anni per favoreggiamento personale aggravato, ma la pena è ridotta in Cassazione perché per i giudici non c'era l'aggravante, in quanto venne ritenuto che quell'aiuto fu dato perché innamorata.
Proprio nel tentativo di incontrare la donna, ad Aspra, Chiara Cazzaniga si è imbattuta nel fratello, Francesco Mesi. Quest'ultimo, indicato dai pentiti come l'autista di Messina Denaro (fatto che ha sempre negato e che continua tutt'oggi a negare), per questo processato e condannato ma senza il riconoscimento dell'associazione mafiosa.
Mesi ovviamente allontana ogni accusa, su sé stesso e la sorella, a suo dire "condannata ingiustamente". "Io direi a questi giudici che arrestano e basta, che puntano il dito, 'questo è mafioso'. - afferma nella breve intervista - A volte arrestano persone solo con la parola 'è amico di quello' e gli fanno fare il carcere. Perché non vanno ad arrestare queste mamme, queste maestre che picchiano i bambini, i pedofili? Queste cose sono in giro".
E quando la collega ricorda le accuse e le condanne di Matteo Messina Denaro arriva persino a negare quanto ricostruito nei processi sulla partecipazione del sequestro del piccolo Di Matteo. "Ogni cosa gliela addossano a lui. Ogni cosa. E' il capro espiatorio".

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Il racconto prosegue con la sua verità sul viaggio in Spagna a Barcellona, nel 2010 ("io sono andato per fare una visita di controllo perché al tempo mi ero operato a Messina per miopia") e su quel contatto avuto con agenti dei Servizi segreti, al suo ritorno dal viaggio, dove gli offrirono un milione e mezzo di euro ("a loro dire volevano sapere dove si potesse nascondere ma io non lo so. Non l'ho mai saputo. Mi volevano cambiare la vita ma non c'ho bisogno di essere cambiata la vita. C'ho il mio lavoro, la mia vita, la mia famiglia e sto bene così. Non li potevo aiutare e manco mi interessa ste proposte").
Mesi, dunque, nega ogni tipo di rapporto. Difficile aspettarsi di più da chi, nonostante le gravissime azioni di cui si è macchiato Matteo Messina Denaro, sostiene di tenere il boss "nel proprio cuore".
Successivamente dalla Sicilia le telecamere di "Chi l'ha visto" si sono spostate fino a Dubai seguendo una pista per cui Matteo Messina Denaro potrebbe trovarsi proprio negli Emirati Arabi. Spiega la Cazzaniga che qui vi è un tale "signor M", siciliano, nato nel 1962 proprio come Messina Denaro e che lavorerebbe nel campo dell'edilizia o dell'eolico. Può essere lui il superlatitante di Castelvetrano o si tratta di un uomo che non ha nulla a che fare con il boss?
La domanda non trova risposta.
Certo è che negli Emirati Arabi hanno trovato rifugio diversi latitanti come il narcotrafficante Raffaele Imperiale, il killer di camorra Raffaele Mauriello, il cognato di Gianfranco Fini, Giancarlo Tulliani, per il quale in Italia è stato chiesto il rinvio a giudizio per corruzione, ma anche l'ex deputato di Forza Italia Amedeo Matacena, condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa e latitante da sei anni.
Anche lui viene intervistato, racconta di aver fatto il lava piatti, di aver fatto qualche consulenza, e arriva anche a mostrare quella che sarebbe la propria abitazione. "La mia latitanza dorata? Fa più notizia parlar di questo che dire la verità - risponde alla giornalista -. E la verità è che non faccio una latitanza dorata ma vivo in un appartamento congiunto dove ho una stanza senza bagno. E il bagno lo condivido con altre persone".
Ma Matacena non è affatto un uomo qualunque e sentenze ed inchieste lo dimostrano in maniera chiara non solo per la condanna definitiva 3 anni come referente politico della cosca Rosmini di Reggio Calabria.
Nel dicembre 2017, tra società, immobili e persino una motonave, gli furono sequestrati beni pari ad un valore di 10 milioni di euro su provvedimento emesso dalla Corte di Assise di Appello di Reggio Calabria.
In quel provvedimento, in cui si evidenziava "una oggettiva quanto marcata sproporzione" tra gli investimenti effettuati e i redditi dichiarati, Matacena veniva indicato a capo di un impero economico e finanziario "frutto di attività illecite e dei loro proventi". E nel marzo 2018 un ulteriore provvedimento, per un valore pari a 540 mila euro, era stato eseguito dalla Dia di Reggio Calabria.
Non bastano le immagini di un appartamento da mostrare alle telecamere per superare "l'esame di bontà" così come non si può assolvere il boss Matteo Messina Denaro sulle parole di un fidato amico.
E di fronte a loro uno Stato che proclama di essere contro mafia e corruzione non può e non deve essere inerme.
Finché non vi saranno catture ed estradizioni, però, Messina Denaro e Matacena possono essere considerati come due facce criminali di un potere impunito.

VIDEO Guarda la puntata
Matteo Messina Denaro: L'autista parla a "Chi l'ha visto?"

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