di Davide de Bari
Era accusato di concorso esterno in associazione mafiosa insieme al fratello
Il “re dell’eolico” Vito Nicastri è stato condannato dal Gup di Palermo a 9 anni di reclusione, in abbreviato, per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Lo scorso aprile, i sostituti procuratori Gianluca De Leo, Giacomo Brandini e il procuratore aggiunto Paolo Guido avevano chiesto per l’imprenditore trapanese la pena a 12 anni di carcere. Secondo i magistrati sarebbe stato uno dei finanziatori della latitanza del boss di Castelvetrano Matteo Messina Denaro. Oltre a lui, per lo stesso reato, è stato condannato a nove anni anche suo fratello Roberto. Per associazione mafiosa sono stati inflitti 9 anni e 4 mesi all'agronomo Melchiorre Leone, e a sei anni e 8 mesi è stato condannato Girolamo Scandariato, accusato di favoreggiamento ed estorsioni.
Il Gup ha invece assolto dall'accusa di associazione mafiosa Giuseppe Bellitti e da favoreggiamento Antonino, Tommaso e Virgilio Asaro.
Il processo è quello scaturito dall'operazione antimafia "Pionica" del 12 marzo 2018. Tra gli accusatori principali di Nicastri vi era stato il pentito Lorenzo Cimarosa, cugino di Messina Denaro. Cimarosa, scomparso di recente, aveva accusato il 're' dell'eolico di essere tra gli sponsor economici della latitanza dell'ultima primula rossa di Cosa nostra. E aveva raccontato ai magistrati di una borsa "piena di soldi" che Nicastri avrebbe fatto avere al capomafia latitante attraverso un altro uomo d'onore, Michele Gucciardi. ''Mi ha detto che praticamente erano i soldi dell'impianto di… di quello degli impianti eolici di Alcamo, e che c'erano stati problemi perché aveva tutte cose sequestrate e i soldi tutti insieme non glieli poteva dare, perciò glieli avrebbe dati in tante tranches'', aveva raccontato agli inquirenti il pentito Cimarosa. A consegnare quei soldi a Messina Denaro sarebbe stato Francesco Guttadauro, parente del padrino di Castelvetrano.
Nicastri è coinvolto anche in un'altra indagine della Dda di Palermo incentrata sui suoi presunti affari con Paolo Franco Arata, ex deputato di Forza Italia ed ex consulente della Lega per l'energia, accusato di trasferimento fraudolento di beni con l'aggravante del metodo mafioso. Un'indagine in cui fu coinvolto anche l'ex sottosegretario Armando Siri. Secondo le indagini della Direzione investigativa antimafia vi sarebbero "elementi di prova circa l'esistenza di un reticolo di società, tutte operanti nel mercato delle energie rinnovabili, facenti capo solo formalmente alla famiglia Arata (oltre a Paolo, anche al figlio Francesco ed alla moglie Alessandra Rollino), ma di fatto partecipate occultamente da Vito Nicastri, vero regista delle strategie imprenditoriali, considerato dal medesimo Paolo Arata 'la persona più brava dell'Eolico in Italia'''. Nel frattempo, dallo scorso luglio, l’imprenditore alcamese ha iniziato a collaborare con i magistrati raccontando diversi episodi di corruzione di pubblici funzionari. Ma ha sempre escluso di aver avuto rapporti con esponenti mafiosi. Sul punto, però, è di fatto smentito dalla sentenza odierna.
ARTICOLI CORRELATI
Report: il legame ''occulto'' tra Arata e Nicastri
Caso Arata, il ''re dell’eolico'' Nicastri collabora con i magistrati: altri due arresti
Mafia: chiesti 12 anni per 're dell'eolico' Nicastri
Caso Arata-Nicastri, il Riesame: sistema per agevolare imprese ''paramafiose''
È l'Arata che traccia il solco