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Il mondo si mobilita per rispondere al #Fridaysforfuture di Greta Thunberg
di Lorenzo Baldo - Fotogallery


Civitanova Marche. “Molte altre lotte sono legittime. Ma se questa verrà persa, nessun’altra potrà essere condotta”. L’appello accorato di scienziati e uomini di cultura, pubblicato un anno fa su Le Monde resta il manifesto più attuale di questo 3° Global Climate Strike. Non ci potranno essere altre lotte se perderemo quella sul clima. E a lottare in tutto il mondo ci sono, in ordine “solare”: Nuova Zelanda, Thailandia, Myanmar, Mali eSwatini, Gambia, Sudan, Arabia Saudita, Yemen, Ungheria, Slovenia, Grecia, Paesi Bassi, Belgio, Svizzera, Svezia, Spagna, Portogallo, Canada, U.S. Virgin Islands, Argentina, Venezuela, Aruba, Ecuador, Guam e Honduras.
I dati snocciolati dagli attivisti di Fridays for Future Italia (173 gruppi attivi, con appuntamenti in ben 180 città italiane) sono alquanto eloquenti: 4 anni dopo la firma dell'Accordo di Parigi, le promesse che sono state fatte devono ancora trasformarsi in azioni. Bisogna accelerare la transizione verso un’Italia a 0 emissioni. L'obiettivo è riuscirci entro il 2030, ma la strada appare parecchio lunga e tortuosa, ed è la gravissima indifferenza della politica - a livello nazionale e internazionale nei confronti della crisi climatica, quella che preoccupa maggiormente.
“Avete rubato i miei sogni e la mia infanzia con le vostre parole vuote”, è ancora impressa nella memoria collettiva l’immagine della giovane attivista svedese Greta Thunberg in lacrime, mentre parla al summit sul clima tenutosi alcuni giorni fa all'Onu. “Eppure io sono tra i più fortunati - ha evidenziato Greta -. Le persone stanno soffrendo, le persone stanno morendo, interi ecosistemi stanno crollando. Siamo all’inizio di un’estinzione di massa. E tutto ciò di cui parlate sono soldi e favole di eterna crescita economica? Come vi permettete?”. “Il mio messaggio - ha ribadito con forza - è che vi terremo d’occhio. Tutto questo è così sbagliato. Non dovrei essere qui, dovrei essere a scuola, dall’altro lato dell’Oceano. Venite a chiedere la speranza a noi giovani? Come osate? Ci state deludendo, ma i giovani stanno iniziando a capire il vostro tradimento, gli occhi di tutte le generazioni future sono su di voi, e se sceglierete di fallire non vi perdoneremo mai. Il mondo si sta svegliando e il cambiamento sta arrivando, che vi piaccia o no”. Dal 15 marzo scorso, quando si è svolto il primo Global Climate Strike la situazione a livello mondiale è peggiorata. L’apocalisse ambientale cavalca veloce giorno dopo giorno. La sconcia ironia del Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, nei confronti del discorso di Greta Thunberg all’Onu (“Una ragazza molto felice che aspetta con impazienza un futuro luminoso e meraviglioso”) rispecchia plasticamente la “sensibilità” politica della stragrande maggioranza dei capi di Stato. E’ evidente che quando le catastrofi ambientali fagociteranno anche loro sarà ormai troppo tardi, nel frattempo però c’è ancora da lottare.
“Era il 1972 - scrivono gli attivisti dei presidi marchigiani di Fridays for Future - quando il celebre rapporto del Club di Roma ‘I Limiti della Crescita’ sottolineava l'instabilità del modello economico improntato sulla crescita infinita e sul sovrasfruttamento delle risorse naturali. Le loro previsioni si sono rilevate (ahi noi) corrette, a partire dal degrado ambientale e, nello specifico, dal riscaldamento globale. Più o meno dieci anni prima, Charles Keeling iniziò a misurare la quantità di Anidride Carbonica (CO2) in atmosfera, registrandone, anno dopo anno, un inarrestabile aumento. In più, siamo riusciti a ricostruire, con vari e sofisticati metodi tecnologici, la ‘storia della CO2’: in soli 50 anni l'Anidride Carbonica ha raggiunto livelli che non toccava da almeno 800.000 anni. La conseguenza è stata e sarà un analogo aumento di temperatura globale media, con pesantissimi effetti ormai noti a tutti”. Quegli stessi effetti devastanti che quotidianamente vediamo nei telegiornali e che ormai riguardano ogni parte del pianeta: innalzamento del livello dei mari, fenomeni meteorologici più violenti e più frequenti, siccità e intensificarsi degli incendi, crisi idriche e alimentari, decessi per ondate di calore, indebolimento per i settori agricoli, energetici e turistici, reintroduzione di paleobatteri e di malattie esotiche, con tanto di migrazioni di milioni di persone, chiamati “profughi climatici”.


Il paradosso è che le soluzioni ci sono, e sono ben conosciute da tutti gli stati membri delle Nazioni Unite, in vista dell’entrata in vigore dell'Accordo di Parigi del 2015. Iniziare dalla riduzione del consumo energetico è indubbiamente il primo passo, per poi passare alla conversione energetica con le energie rinnovabili, ridurre il consumo di carne, potenziare il rimboschimento e il ripristino delle aree in pericolo arrivando alla cosiddetta “economia circolare” e alla “mobilità sostenibile”, evitare lo spreco dell’acqua, e tanto altro ancora da fare, ognuno nel proprio piccolo. Certo è che se la volontà politica manca, o segue mere logiche legate al profitto, tutto diventa molto più complicato. Per quanto riguarda il nostro Paese bisognerebbe giungere subito al taglio dei 18 miliardi di sussidi pubblici alle fonti fossili, e soprattutto bisognerebbe arrivare all’approvazione di una legge sul consumo di suolo. Il rapporto IPCC sulla lotta ai cambiamenti climatici pubblicato sul sito di Greenpeace lo scorso anno mette in guardia su quali saranno le conseguenze se non saranno immediatamente poste in essere misure di contrasto in tal senso. C’è poco spazio all’immaginazione: lo “Special Report on 1.5 degrees Celsius”, presentato nel 2018 in Corea dal Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico non ammette repliche. Il report illustra minuziosamente come le emissioni globali debbano essere dimezzate entro il 2030, per poi essere totalmente azzerate al massimo entro il 2050. Se infatti si dovesse continuare ad emettere CO2 ai ritmi odierni, la temperatura del Pianeta supererà il grado e mezzo di aumento entro pochi anni. E sarà realmente l’apocalisse. Con l’aumento tra 1,5°C e i 2°C è previsto un “sostanziale incremento degli eventi estremi”, un numero quattro volte maggiore di persone sarebbe esposto a povertà e rischi multisettoriali (tra gli 86 e i 1229 milioni), in sostanza vorrebbe dire “decuplicare il numero di persone esposte a carestie”. Ma se invece si riuscisse a mantenere uno scenario a 1,5°C rispetto ai 2°C “ci sarebbero importanti benefici per l’acqua dolce, per gli ecosistemi terrestri e costieri e per la conservazione dei loro servizi all’umanità”. Un’umanità che, se unita pragmaticamente nell’unico obiettivo di salvare questo pianeta, può quanto meno imporre ai potenti di turno di invertire la rotta, aldilà di qualsiasi barriera ideologica o razziale. Qualche giorno fa, il Ministro dell'Istruzione Lorenzo Fioramonti ha dichiarato il suo sostegno alla manifestazione di oggi, definendo lo #ScioperoGlobale una “lodevole iniziativa”. Gli organizzatori del Fridays For Future Italia gli hanno risposto ringraziandolo, ma hanno allegato una serie di precise richieste: aumentare i fondi alla Scuola, all'Università e alla Ricerca per sostenere l'innovazione ecologica e rendere gli istituti scolastici 100% sostenibili; rivedere i programmi didattici per far sì che evidenzino chiaramente le tragiche conseguenze dell'utilizzo di combustibili fossili. Al ministro hanno chiesto espressamente di far inserire in tutti i programmi insegnamenti basati su modelli di sviluppo sostenibile; di interrompere tutte le collaborazioni tra il MIUR e le aziende inquinatrici che non abbiano ancora un piano di decarbonizzazione totale entro il 2025 e un piano esplicito di bonifiche e risarcimento danni (a partire da Eni, FCA, VW, Mc Donalds e molte altre).
Nella piazza di Civitanova Marche (Mc), uno dei presidi marchigiani di Fridays For Future, si muove festosa una folla multicolore di studenti, molti di loro tengono alti i loro cartelli, ce n’è per tutti i gusti. “Stiamo saltando una lezione per insegnarne una a voi” ha scritto una ragazza, poco più in là la rabbia dei suoi colleghi traspare in un cartone dove spicca un appello che suona quasi come una bestemmia “Fate qualcosa porco2!”. Nessuno si scandalizza. “Meno Salvini e più giardini” si legge su un altro ancora. I ragazzi intonano “Imagine” la canzone di John Lennon, tra di loro ci sono anche due vecchie militanti di Legambiente, chiedono scusa per la loro generazione “che ha fatto questi danni” e spronano i ragazzi a non mollare. E i ragazzi ci sono. Alcuni intervengono per affermare con forza: “La nostra casa è in fiamme, ma non riusciranno a bruciare i nostri sogni e il nostro futuro”. Viene consegnata una lettera al sindaco di Civitanova Marche con richieste ben precise per salvaguardare la città, per ridurre la plastica e per sensibilizzare ad una cultura “plastic-free” a livello locale e non solo. Isotta ha gli occhi chiari e puliti di chi crede in quello che sta facendo, le sue amiche la sostengono in quella che per loro “è molto più che una manifestazione, è un impegno che ci siamo prese per la vita, perché ne va del nostro futuro”. Guardi questi giovani che sperano e che a modo loro lottano contro un sistema criminale e ripensi alla tracotanza dei potenti del tutto refrattari a queste espressioni di democrazia. E’ come se fossero tanti piccoli Davide contro un immenso Golia dalle mille teste. Che vuole solo riportare al silenzio chi osa alzare la voce per difendere la propria casa. Che mai come in questo momento ha bisogno di essere salvata.

Foto © ACFB

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