di Aaron Pettinari - Intervista
"Tema mafia dimenticato da politica perché non fa audience. Ma non può essere ambigua"
Oggi a Petralia Sottana il ricordo del giudice e del maresciallo Mancuso, uccisi dalla mafia
La mattina del 25 settembre 1979, a Palermo, Cesare Terranova, magistrato e per due mandati, dal 72 al 79, parlamentare indipendente del Pci, viene ucciso da un gruppo armato subito dopo essere uscito dalla sua abitazione di via Rutelli, a due passi da via Libertà, ed essersi messo alla guida della sua auto. Ad essere eliminato è anche il maresciallo di polizia Lenin Mancuso, da sempre suo fidato collaboratore e accompagnatore. Quarant'anni sono passati da quel delitto ed oggi la Sicilia si stringe nel ricordo dei due martiri colpiti dalla mafia.
Per l'omicidio del giudice e del maresciallo, la Corte d'Assise di Reggio Calabria condannò all'ergastolo come mandanti i componenti della cupola di Cosa Nostra: Salvatore Riina, Bernardo Brusca, Bernardo Provenzano, Francesco Madonia, Pippo Calò, Antonino Geraci, Michele Greco.
Tra gli eventi di rilievo di questa giornata di memoria sicuramente vi sono le commemorazioni organizzate a Petralia Sottana, città natale del magistrato, dove l'amministrazione comunale ed i familiari del giudice hanno voluto dare un rilievo importane alla ricorrenza. Tra i promotori di questo evento vi è Leonardo Agueci, già procuratore aggiunto della Dda di Palermo, oggi in pensione, che, avvalendosi della collaborazione di Luca Gulisano, docente e studioso della figura del giudice, e di Lavinia Caminiti, che si è occupata della raccolta di foto e documenti, ha organizzato l'evento "Cesare Terranova, il magistrato e l'uomo" che prevede un incontro con gli studenti, una mostra ed un dibattito proprio per fare memoria attiva.
Lo abbiamo raggiunto ponendo alcune domande sia sulla figura di Terranova che sullo stato attuale della lotta alla mafia.
Dottore Agueci, avete organizzato una grande manifestazione per onorare la memoria del giudice Cesare Terranova e del maresciallo Lenin Mancuso. Quarant'anni dopo qual è l'insegnamento che possiamo trarre dal loro sacrificio?
La storia di Terranova è stata da molti dimenticata e questa occasione porta con sé l'obiettivo di ripercorrere la sua vita e la sua opera in tutte le sue sfaccettature. Rileggendo i suoi scritti e rivedendo anche i contributi video viene fuori il suo fortissimo impegno contro la mafia in una stagione dove il fenomeno mafioso era enormemente, quanto deliberatamente, sottovalutato. E già allora Cesare Terranova non faceva altro che sottolineare il pericolo della mafia per tutto il sistema istituzionale, segnalandone la pericolosità e la contiguità attraverso le sue manifestazioni.
Inoltre aveva capito che il fenomeno era in continua evoluzione, pur restando sempre fenomeno mafioso. Lui diceva: "Si parla di terza, mafia, quarta mafia ma sempre la stessa è" con questo evidenziando la su pericolosità sociale. E poi aggiungeva che la mafia, nonostante la forza che esprime, si può vincere, ma solo con l'impegno di tutti. Una spinta morale che ritorna spesso nelle cose che ci ha lasciato.
Che tipo di evento sarà quello di oggi?
La prima esigenza era quella di far conoscere ai più giovani, che magari hanno sentito parlare solo vagamente di questo magistrato e politico, la figura di Cesare Terranova che è stato particolarmente significativa per questo territorio. A Petralia Sottana, nelle Madonie, Terranova è nato e cresciuto. Qui ha la sua casa di famiglia e spesso tornava in questi luoghi. Quindi il primo momento è dedicato alle scuole. Poi ci sarà una mostra che accoglie diverso materiale che lo riguarda. Abbiamo documenti, fotografie, video e oggetti che raccontano vari aspetti della sua vita. Sia quella da magistrato che da parlamentare, dove ebbe anche un impegno forte all'interno della Commissione antimafia.
Una mostra che ci restituisce il Terranova uomo, con una grande vitalità e qualità umana. Abbiamo ricordi e testimonianze di persone che lo hanno conosciuto e che gli sono state vicino.
Non mancheranno anche dei documenti inediti, come ad esempio alcune lettere tra lui e Mancuso dove esprime la sua volontà di tornare a fare il magistrato dopo l'esperienza politica. Sicuramente era consapevole di cosa poteva significare quel "ritorno alla toga".
Poi avremo l'incontro pubblico con la partecipazione, tra gli altri, del presidente della Commissione parlamentare antimafia, senatore Nicola Morra, il presidente della commissione regionale Claudio Fava, il procuratore della Repubblica del Tribunale di Termini Imerese Ambrogio Cartosio, l'ex presidente del Tribunale di Palermo Leonardo Guarnotta, e il magistrato Roberto Tartaglia, consulente della commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno mafioso.
Quello che vogliamo far comprendere è che i cosiddetti "eroi antimafia" non sono figure estranee né santini appiccicati alle pareti ma persone che hanno vissuto storie, sentimenti, che avevano interessi. Persone che hanno dedicato la propria vita alle istituzioni.
L'omicidio del magistrato Cesare Terranova © Letizia Battaglia
Che ruolo ha avuto Cesare Terranova?
E' stato un precursore nella lotta alla mafia, isolato e determinato. Come dicevamo prima ha operato con grande determinazione, in un clima di sostanziale scetticismo e isolamento, ed è stato certamente il primo magistrato ad affrontare le indagini di mafia con una visione unitaria, approfondita e moderna del fenomeno.
La consapevolezza sociale e la disposizione di buona parte delle istituzioni erano caratterizzate da indifferenza, sottovalutazione, se non da effettiva connivenza. In tale contesto, le sue indagini si indirizzarono, in particolare, verso la famiglia mafiosa di Corleone, della quale riuscì già da allora a cogliere i connotati di ferocia, risolutezza e volontà espansiva, che avrebbero costituito i presupposti della sanguinosa guerra di mafia scatenatasi negli anni successivi. La sua attività lo aveva quindi reso inviso agli stessi 'corleonesi' che lo inserirono tra i loro nemici giurati, all'interno delle istituzioni, destinati prima o poi a essere eliminati.
Già al tempo Terranova evidenziava la necessità di strumenti investigativi adeguati, in grado di attingere anche ai profili patrimoniali, così aprendo la strada alle elaborazioni normative del decennio successivo, che tuttora costituiscono la base dell'attuale azione di contrasto al fenomeno mafioso.
In occasione delle commemorazioni c'è il rischio che la memoria diventi esercizio sterile?
Il rischio c'è se ci si ferma solo alle semplici parole di circostanza. Alle parole devono seguire fatti ed impegno. In questo caso diventa importante far capire ai giovani due elementi in particolare: in primis far comprendere loro lo stato in cui viveva il Paese negli anni Settanta, flagellato dal terrorismo. Un tempo in cui si diceva che proprio grazie alla mafia in Sicilia non veniva perpetrato il terrorismo politico. IN quel periodo poche persone fronteggiavano Cosa nostra. Uomini come Terranova, Boris Giuliano, Costa, diventavano così facili bersagli perché non c'era un'adeguata protezione nei loro riguardi. Le auto blindate arriveranno dopo e anche quelle, purtroppo, non sono state sufficienti a fermare stragi ed attentati. Quegli uomini sono diventati eroi perché rappresentavano l'eccezionalità ma il cambiamento passa dall'impegno ordinario di tutti.
Quarant'anni dopo Terranova oggi come è cambiata, a suo modo di vedere, la lotta alla mafia?
E' cambiata in tutto. Non dimentichiamo che la legge Rognini-La Torre è del 1982 e si avrà soltanto dopo altre morti eccellenti. Fino a quel momento le armi a disposizione per contrastare la mafia erano spuntate o inadeguate. E Terranova lo denunciava già al tempo.
Oggi abbiamo le Dda, la Dna, strumenti investigativi come le intercettazioni, le misure patrimoniali, i collaboratori di giustizia. Strumenti che al tempo non esistevano. Al contempo è cambiata anche la mafia, che c'è ancora anche se si manifesta con forme nuove ed evolute. Probabilmente, però, valgono ancora le parole di Terranova che tra seconda, terza, quarta e quinta mafia non faceva troppe distinzioni.
Oggi c'è chi sostiene che la mafia sia stata sconfitta. Eppure i 150 miliardi di euro l'anno della cosiddetta Mafia spa, e gli 80 miliardi di euro l'anno provenienti dal traffico di stupefacenti, di cui la 'Ndrangheta detiene il monopolio, testimoniano ben altro. Come si vince questa guerra?
Io torno a ribadire che per vincere questa guerra è necessario l'impegno di tutti, senza ambiguità. E' necessario adeguare sempre più gli strumenti normativi che ormai si spostano sul pino delle misure di controllo dell'accumulo e dei movimenti dei patrimoni. E' lì, sul fronte dei proventi illeciti, che va individuata la nuova mafia. Ma per fare questo occorre che ci sia la vera volontà di fronteggiarli e scontrarli questi fenomeni.
Un tempo magistrati come Terranova invocavano strumenti come il 416 bis, e le misure patrimoniali, che poi si rivelarono fondamentali. C'è voluto però tempo e sangue affinché le istituzioni, soprattutto quelle politiche, si decidessero ad aderire a quel sistema. Oggi sempre la politica, sul piano operativo e normativo, deve decidersi definitivamente a fare certi passi, senza ambiguità, come tante volte è successo. Quando certi fossi saranno saltati, come è avvenuto 40 anni fa, si potrà registrare un passo avanti considerevole, se non decisivo.
Nonostante i numeri drammatici, allo stato attuale il tema mafia, di fatto, non entra mai nell'agenda politica di Governo. Come mai, secondo lei, si sottovaluta così tanto il fenomeno? E cosa sarebbe urgente oggi?
La politica non deve avere paura delle indagini. Ogni volta che vengono introdotti strumenti di semplificazione investigativa e procedurale c'è sempre il timore della politica di dare troppo potere agli investitori e c'è sempre qualche codicillo che blocca le indagini. Nel recente passato lo abbiamo visto con il voto di scambio e il 416 ter.
Prima di tutto vanno eliminate le ambiguità. Se in questo momento non si parla di mafia nel dibattito politico è perché non fa "audience".
Purtroppo la mafia vista come forma di condizionamento della società, del potere e delle attività economica e politica non viene considerata.
Sappiamo che è in corso una mistificazione dei problemi. Penso al fenomeno immigrazione, che viene rappresentato in maniera diversa dalla realtà. E' qualcosa che fa effetto. Viene portata avanti una propaganda ed un dibattito politico che si basa esclusivamente su questo e sulle problematiche economiche.
Solo di recente, ma perché il tema viene affrontato altrove, si parla di questione ambientali e di clima. Ma ci si dimentica, ad esempio, che proprio le mafie hanno portato nel nostro Paese ad una degenerazione ambientale fortissima. Basti pensare a quanto avvenuto nella Terra dei fuochi.