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di Aaron Pettinari
La conversazione con Gargani "non è stata né origliata né abusivamente captata"

“Delirio di una mitomane”, “spia”, “agente volontario in servizio della Stasi in Germania o del Kgb nell’Urss”, “il parto di una fantasia eccitata”, “menzogna organizzata”. Erano queste alcune delle ingiuriose parole usate da Calogero Mannino dopo la testimonianza e la pubblicazione in un articolo su Il Fatto Quotidiano da parte della giornalista Sandra Amurri rispetto a quanto accadde nel dicembre 2011, quando ascoltò, in maniera del tutto casuale, una conversazione tra l'ex ministro Dc e l'onorevole Giuseppe Gargani. Una vicenda, quest'ultima, che è entrata anche nei processi, in ordinario e in abbreviato, sulla trattativa Stato-mafia.
Per quelle affermazioni la Amurri aveva querelato l'ex politico della Dc, per insulti a mezzo stampa. Mentre in primo grado il Tribunale di Roma aveva emesso una sentenza che di fatto dava torto alla giornalista in appello la sentenza è stata completamente ribaltata.
La Corte d'Appello di Roma, presieduta da Gianna Maria Zannella, in riforma della sentenza del Tribunale, ha condannato Calogero Mannino a risarcire i danni pari a 30mila euro a cui si aggiungono le spese processuali.
Sono stati riconosciuti gli elementi forniti dalla giornalista de Il Fatto Quotidiano con cui aveva appellato una sentenza che, oltre a riconoscere gli insulti di Mannino nel rispetto del "diritto di critica", di fatto la tacciava di aver “abusivamente origliato il colloquio” in violazione della privacy.
I giudici di appello, però, non sono affatto d'accordo con le valutazioni dei colleghi di primo grado.
Si legge nelle motivazioni della sentenza che "non emerge da alcun documento ritualmente prodotto che la conversione fosse stata ascoltata di nascosto, dietro una porta, attraverso una parete o con strumenti e metodi da investigatore, privato, ma le modalità di percezione della conversazione sono quelle descritte dall'articolo in atti prodotto dall'attrice in primo grado e non smentite dalla controparte".
E proprio rileggendo quell'articolo, pubblicato nel marzo 2012, dopo aver già verbalizzato tutto ai magistrati di Palermo che indagavano sulla trattativa Stato-mafia, si può avere contezza di quel che avvenne. Scriveva allora la Amurri: “Sono circa le 12,30 di mercoledì 21 dicembre quando arrivo alla pasticceria Giolitti in via degli Uffici del Vicario, a due passi da Piazza del Parlamento, dove ho appuntamento per ragioni di lavoro con l’onorevole Aldo Di Biagio di Fli. Entro, ma non lo vedo. La voglia di accendere una sigaretta supera anche il freddo pungente. Esco. Mi siedo a un tavolino e ordino un cappuccino”. Quindi proseguiva nella sua ricostruzione: “Poco dopo vedo arrivare, a passo lento, l’onorevole Calogero Mannino in loden verde, in compagnia di un signore dai capelli bianchi, occhiali, cappotto scuro taglio impermeabile e in mano un libro e dei fogli. Non so chi sia. I due stanno parlando. E continuano a farlo fermandosi in piedi accanto al mio tavolo. Mannino, che mi dà le spalle, dice con tono preoccupato e guardandosi più volte intorno sospettoso: ‘Hai capito, questa volta ci fottono: dobbiamo dare tutti la stessa versione. Spiegalo a De Mita, se lo sentono a Palermo è perché hanno capito. E, quando va, deve dire anche lui la stessa cosa, perché questa volta ci fottono. Quel cretino di Ciancimino figlio ha detto tante cazzate, ma su di noi ha detto la verità. Hai capito? Quello… il padre… di noi sapeva tutto, lo sai no? Questa volta, se non siamo uniti, ci incastrano. Hanno capito tutto. Dobbiamo stare uniti e dare tutti la stessa versione’”.
amurri sandra c imagoeconomica 613899Oltre alla Amurri, nel processo, di quell'incontro alla pasticceria Giolitti hanno poi parlato sia lo stesso Gargani (questi senza confermare però il contenuto della conversazione nel passaggio in cui si parla di Ciancimino, ndr) che Aldo Di Biagio, il quale ha testimoniato di aver incontrato la giornalista de Il Fatto Quotidiano alla sua uscita dal bar Giolitti, e di esser stato messo al corrente di tutto ciò che la stessa aveva appena sentito dai due politici. Riscontri che danno ulteriore valore alla testimonianza.
I giudici della Corte d'Appello del tribunale di Roma hanno evidenziato come "la conversazione non è stata né origliata, né abusivamente captata, poiché avvenuta in un luogo pubblico, aperto". E poi ancora si scrive che la Amurri "non era affatto tenuta, come sostenuto dal convenuto, ad allontanarsi per non sentire la conversazione, che la stessa ha quindi percepito del tutto casualmente, ma distintamente a causa della vicinanza del Mannino che, noncurante della presenza di persone, evidentemente parlava a voce alta".
Ma nella sentenza si ribalta anche il convincimento dei giudici di primo grado sulle espressioni dette da Mannino considerate come "riconducibili all'esercizio del diritto di critica" o comunque giustificate, nonostante l'utilizzo di espressioni lesive, in quanto "il convenuto sentendosi diffamato, ha reagito" contestando "quello che egli ritiene l'infedele resoconto della sua conversazione con Giuseppe Gargani" per cui in quelle espressioni si ravvisava "il presupposto della continenza".
La Corte d'Appello mette nero su bianco che tale tesi "non può essere condivisa" in quanto "le espressioni offensive non sono assistite dal presupposto della veridicità né putativa né limitatamente al suo nucleo più essenziale, poiché Mannino, pur non avendo negato che il colloquio sia effettivamente avvenuto, non ne ha mai fornito una ricostruzione alternativa a quella contenuta nell'articolo della Amurri, limitandosi ad accusarla di 'mitomania' e di 'spionaggio' e tantomeno ha provato che il colloquio avrebbe avuto un tenore diverso, pur disponendo di un testimone diretto nella persona del collega Gargani che tuttavia non avrebbe potuto citare a causa della tardiva costituzione in giudizio".
Le espressioni usate dal politico Dc non possono neanche "costituire legittima reazione rispetto all'articolo della attrice in cui era stato narrato un fatto realmente accaduto". Diversamente "costituiscono un gratuito attacco alla persona della Amurri ed alla sua professionalità di giornalista".
Dopo aver letto le motivazioni della sentenza la stessa Amurri ha lasciato un commento su Facebook che è un invito a tutti i colleghi giornalisti, ma anche i cittadini, a "non voltarsi dall'altra parte": "Care amiche e cari amici, ricordate la mia testimonianza al Processo Trattativa Stato-mafia sulla conversazione fra gli Onorevoli Gargani e Mannino, ascoltata, casualmente, al bar Giolitti? Bene, Calogero Mannino è stato condannato in Appello per avermi diffamata definendomi su più giornali e programmi televisivi, una dalla fantasia eccitata, una spia della Stasi e del KGB ecc... A conti fatti, vi dico: fate sempre il vostro dovere civico, non dimenticate che in questo Paese uomini e donne si sono fatti ammazzare per la verità. Con umiltà e orgoglio penso di aver contribuito, con la mia testimonianza, a ricostruire un piccolissimo tassello di verità sulle ragioni che hanno portato ad eliminare Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e gli agenti delle loro scorte e, questo, oggi, mi ricompensa di tante amarezze subite, anche da chi avrebbe dovuto essere al mio fianco".

Foto © Imagoeconomica

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