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di AMDuemila
Depositate le motivazioni della misura scattata a luglio nei confronti di Tinnirello

Sono state depositate dal Tribunale del Riesame di Palermo le motivazioni del provvedimento con cui lo scorso luglio aveva confermato gli arresti domiciliari per il dirigente della Regione Sicilia Alberto Tinnirello, coinvolto all’interno dell’inchiesta che vede al centro le imprese di Vito Nicastri e Paolo Franco Arata. All’interno del documento, i giudici parlano di “pervasività del pericolo connesso al mercimonio dell'intera funzione al servizio dei corruttori", ovvero Nicastri considerato il "signore del vento" per la sua abilità nell'aprire imprese specializzate nel campo dell'eolico, e Arata, già consulente della Lega per le energie alternative. In una parte del troncone romani dell’inchiesta è indagato anche l’ex sottosegretario leghista alle Infrastrutture Armando Siri, costretto a lasciare dal premier Conte proprio per via di questa indagine.
Con Tinnirello sono ora ai domiciliari Nicastri e il figlio Manlio, che collaborano col procuratore aggiunto Paolo Guido e col sostituto Gianluca De Leo, Paolo Arata e il figlio Francesco Paolo e l'altro funzionario regionale Giacomo Causarano.
Quello del Riesame è stato un giudizio pesante in quanto parla di un sistema creato alla Regione per agevolare le aziende dei Nicastri, soci di fatto degli Arata: di fatto e non di diritto, perché l'imprenditore siciliano aveva subito, per mafia, la confisca di beni per un miliardo e mezzo di euro. Riguardo al dirigente dell'assessorato all'Energia, i giudici del collegio presieduto da Antonella Pappalardo parlano di "grado rilevantissimo della violazione di doveri di ufficio" e di "entità del prezzo della corruzione pattuito e in parte versato". Dunque, sarebbero stati dati 110 mila euro, del mezzo milione promesso da Vito Nicastri a Tinnirello attraverso il collega Causarano, per ottenere le autorizzazioni che avrebbero consentito di fare affari al gruppo. Il tribunale scrive di "finalizzazione della corruzione, ossia favorire una società dietro cui si celava un soggetto, come il Nicastri, di cui era notorio il coinvolgimento in reati di stampo mafioso, perché già arrestato per tali fatti".

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