di Aaron Pettinari
Presentati all'Anm i programmi dei 16 candidati consiglieri in corsa per le elezioni del 6-7 ottobre prossimi
"In questi 28 anni ed in particolare, questa è una mia convinzione, negli ultimi 15 anni è cambiata la magistratura. Stanno riuscendo, purtroppo, a cambiare il Dna anche di molti giovani magistrati. E' come se fossimo pervasi da un cancro che lentamente si sta espandendo e mettendo in pericolo tutto il corpo. I sintomi a mio parere sono evidenti. La burocratizzazione legata ad una logica perversa delle carte a posto dei numeri e delle statistiche; la gerarchizzazione degli uffici; il collateralismo politico che si manifesta nel privilegiare scelte di opportunità piuttosto che di doverosità; una degenerazione clamorosa del correntismo; laddove l'appartenenza a correnti o cordate è diventata l'unica possibilità di sviluppo di carriera e di tutela in momenti di difficoltà e di pericolo. E questo è un criterio molto vicino alla mentalità e al metodo mafioso". Con queste parole il sostituto procuratore nazionale antimafia Nino Di Matteo ha presentato la propria candidatura al Csm, in vista delle elezioni dei due nuovi togati, che si svolgeranno il 6/7, ottobre rese necessarie dopo le dimissioni di Luigi Spina (Unicost) e Antonio Lepre (Mi) dopo gli scandali emersi nell'inchiesta di Perugia sull’ex presidente dell’Anm Luca Palamara accusato di corruzione.
Secondo Di Matteo per "cambiare dobbiamo anche avere il coraggio e la lealtà di dire che quanto emerso dall'inchiesta di Perugia non ci deve stupire. Non c'è spazio per lo stupore, siamo tutti responsabili di queste situazioni, anche chi ha espresso in passato il proprio voto pensando di darlo a chi poteva rendergli la cortesia". Nel corso dell'intervento ha anche evidenziato la sua "consapevolezza su quanto in passato siano stati delegittimati e isolati i migliori di noi", ricordando anche Giovanni Falcone e le "bocciature clamorose" da parte del Csm, tuttavia si è detto convinto che "la magistratura continui a rappresentare l'avamposto più alto per la difesa e l'attuazione della Costituzione. Di resistenza quotidiana alla mai dichiarata ma sempre strisciante volontà di altri poteri, non solo illegali ma anche apparentemente legittimi, di limitare la nostra autonomia ed indipendenza e renderci finalmente, secondo loro, collaterali e serventi rispetto la politica".
Di Matteo, dopo aver rappresentato ai presenti gli incarichi svolti lungo la carriera ha sottolineato di non aver "mai pensato prima" di candidarsi a Palazzo dei Marescialli. Inoltre, dopo aver precisato di non essere mai stato iscritto a una corrente ("e non sono intenzionato a farlo in futuro") ha spiegato il motivo della propria candidatura: "Ho sentito il bisogno di mettermi in gioco in un momento così buio, con entusiasmo, determinazione ed umiltà a disposizione di coloro che vogliono veramente cambiare e dare una spallata a questo sistema che ci sta portando verso il baratro".
"Al Csm - ha proseguito - vorrei fare semplicemente il giudice, vorrei valutare il merito delle questioni senza condizionamenti, senza calcoli opportunistici, senza pregiudizi.
Ma se mi permettete con attenzione particolare alla tutela ed all'autonomia di quei magistrati fuori sistema, di quei colleghi che non solo non sono stati aiutati dal sistema ma che sono stati ostacolati perfino nella loro attività giudiziaria quotidiana. Il caso Palamara rappresenta una situazione di cui siamo tutti responsabili - ha aggiunto Di Matteo - e penso anche a coloro i quali hanno espresso il loro voto con una mentalità clientelare, per ricevere poi un favore".
Se venisse eletto, l'attenzione di Di Matteo sarebbe rivolta per una maggiore "trasparenza" delle attività del Csm ponendo attenzione anche sulla "questione morale".
"Mi batterei affinché il Csm, ormai percepito perdio nella proiezione esterna semplicemente come organo di alta amministrazione, riacquisti la sua dignità di organo di rilievo Costituzionale - ha spiegato il magistrato - riassumendo la sua funzione, lato sensu, politica di orientamento in senso democratico e costituzionale dei rapporti tra la magistratura ed il Paese; tra l'istituzione giudiziaria e la sfera politica". E poi ha aggiunto: "Se venissi eletto vorrei contribuire a sottolineare l'importanza delle pratiche a tutela, che hanno caratterizzato una lunga fase della vita del Csm e poi sono scomparse improvvisamente come se fossero scomparsi gli attacchi della politica e le aggressioni della politica e di altri poteri nei confronti dei magistrati. Se venissi eletto vorrei che il Csm, nell'esercizio della delicata funzione del giudice disciplinare, finisse per mettere la questione morale al centro della sua azione ed abbandonare quella prassi che mette al centro la rilevazione di presunti o reali errori di carattere soltanto formale. Cercherei in ogni modo di difendere, tutelare ed incoraggiare i magistrati giovani, in particolare di prima nomina, con la speranza che il concorso torni ad essere di primo grado. Vorrei un Csm che assicurasse effettiva coerenza e trasparenza in ogni suo passaggio. Che nell'esercizio di suo potere di nomina di dirigenti degli uffici valorizzasse l'esperienza professionale maturata nell'ambito prettamente giudiziario da valutare in relazione del posto da coprire".
Di Matteo ha anche spiegato la sua idea su come si dovrebbe procedere nella nomina dei dirigenti: "Vorrei che nelle procedure di nomina diventasse prassi consolidata l'audizione dei concorrenti e che si prevedessero forme di interlocuzione con i magistrati degli uffici di provenienza del candidato. Vorrei un Consiglio superiore che, senza demonizzare a priori i fuori ruolo, perché non sono tutti gli stessi, ne prendesse specificamente in considerazione le diverse specificità, il metodo con cui il fuori ruolo è stato chiamato ad assumere l'incarico: la maggiore o minore vicinanza alla politica o, viceversa, l'attività negli uffici giudiziari; la durata dell'incarico. Rispetto ad un ordinamento giudiziario che nel 2006 sciaguratamente la magistratura ha accettato supinamente accentuando la verticalizzazione degli uffici di Procura mi impegnerei a tutelare l'autonomia e l'indipendenza dei singoli sostituti in ossequio al principio sacro sancito dalla Costituzione per cui i magistrati si distinguono tra loro solo per diversità delle funzioni. Il Procuratore non può e non deve apparire come un despota, deve essere autorevole e non autoritario".
Nel suo intervento Di Matteo ha anche espresso la propria opinione su un'eventuale riforma del Csm: "Non serve una riforma punitiva, ma bisogna ridargli autorevolezza costituzionale senza distinzioni legate all'appartenenza, al gradimento politico, alla capacità dei singoli di tessere reti relazionali. Non condivido le proposte di riforma sul Csm e il sorteggio dei togati. Rispetto i colleghi che per spezzare le patologie del correntismo hanno proposto il sorteggio, ma penso che sia una proposta incostituzionale ed è devastante che i magistrati, che decidono su ergastoli o su patrimoni, non possano avere l'autorevolezza per eleggere i rappresentanti al Csm".
Infine Di Matteo ha concluso: "Oggi abbiamo una grande possibilità di invertire la rotta, forse è l'ultima, prima che ad approfittare della delegittimazione, e anche della rassegnazione di alcuni, siano altri, con riforme spacciate per efficienza, a renderci squallidi burocrati. Spero che la magistratura tutta, con questo voto, dimostri con i fatti di non volersi arrendere a prassi e a un sistema che la sta soffocando: una rivoluzione culturale, insomma, eleggendo chi ha dimostrato di essere estraneo e di voler contrastare le degenerazioni".
Oltre al sostituto procuratore nazionale antimafia, a concorrere, vi sono Anna Canepa, pm alla Dna, ex segretario di Magistratura democratica ed ex vicepresidente dell'Anm, che rappresentò la pubblica accusa nei processi sui fatti avvenuti nel 2001 nei giorni del G8 di Genova; Fabrizio Vanorio, pm a Napoli, che fu titolare dell'inchiesta su Silvio Berlusconi per la cosiddetta 'compravendita' dei senatori; Tiziana Siciliano, procuratore aggiunto nel capoluogo lombardo, che si è occupata dei casi Ruby ter e Dj Fabo. Tra i candidati ci sono poi il procuratore aggiunto di Napoli Alessandro Milita, magistrato impegnato nella lotta al clan dei Casalesi e titolare anche dell'inchiesta sul caso di Tiziana Cantone, il capo della procura di Pisa Alessandro Crini - che si è occupato dell'indagine sulla morte del parà Emanuele Scieri, avvenuta 19 anni fa in caserma a Pisa - il sostituto pg di Venezia Paola Cameran, il procuratore aggiunto di Santa Maria Capua Vetere Antonio D'Amato, il pm della Dda di Napoli Francesco De Falco, il pubblico ministero di Bari Grazia Errede. E ancora Francesco De Tommasi, pm a Milano; Anna Chiara Fasano, pm a Nocera Inferiore; Andrea Laurino, pm ad Ancona; il sostituto pg a Bari Lorenzo Lerario; il pm di Roma Simona Maisto e Gabriele Mazzotta, procuratore aggiunto a Firenze, in passato pg in Cassazione.
Questa mattina i 16 "competitor", come si sono definiti, hanno presentato il proprio programma di fronte all'Anm (Associazione nazionale magistrati). Gli interventi sono stati tutti trasmessi in diretta su Radio Radicale.
Foto di copertina © Imagoeconomica
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