di AMDuemila
Oggi a Palermo il 39° ed il 34° anniversario della loro morte
Quella del sei agosto è una data che a Palermo, e non solo, rimane impressa nella memoria. In anni diversi sono il giudice Gaetano Costa, il vice questore Ninni Cassarà, e l'agente Roberto Antiochia a cadere sotto i colpi della violenza mafiosa, ed oggi la città ricorda il loro sacrificio.
Anche le loro storie, come quelle di molte vittime di mafia, furono caratterizzate dall'isolamento e dalla solitudine. Costa, Procuratore capo di Palermo fu ucciso la sera del 6 agosto 1980, colpito alle spalle dai colpi di pistola mentre si trovava da solo lungo via Cavour, una strada centralissima a pochi metri da casa. Era prevista l'assegnazione della scorta il giorno dopo.
Da magistrato aveva indagato sulle famiglie degli Spatola, dei Gambino e degli Inzerillo, sul filone investigativo che legava la mafia sicula a quella americana partendo dal nuovo business della droga condiviso dalle due organizzazioni.
Un’indagine che vide collaborazioni importanti come quella dello “sceriffo” Boris Giuliano, capo della Squadra Mobile di Palermo, e successivamente Emanuele Basile, capitano dei carabinieri della compagnia di Monreale, anche lui ucciso. Un unico filo legava i due omicidi, un filo che iniziò a stringersi anche attorno al procuratore Costa. A poche ore dalla morte di Basile i carabinieri erano riusciti ad arrestare 33 persone, presentando in procura il rapporto di denuncia. E proprio quel rapporto, molto probabilmente, segnò per il procuratore di Palermo un momento decisivo.
A dispetto delle previsioni degli avvocati, certi di vedere i loro assistiti tornare in libertà nel giro di poche ore, Costa firmò gli ordini di cattura. Ma ciò avvenne in completa solitudine assumendosene tutte le responsabilità senza la firma dei sostituti in quei documenti. E la stessa moglie di Costa, Rita Bartoli, in un'intervista rilasciata al Corriere della Sera (14 settembre 1983) affermò: "Mio marito fu lasciato solo a firmare i mandati di cattura contro la cosca Spatola-Inzerillo. Qualcuno lo additò addirittura come unico responsabile di quei mandati. Lo andarono a raccontare in giro agli avvocati dei mafiosi, ai giornalisti". Trentanove anni dopo il peso di quelle parole si fa sentire.
L'omicidio, ancora oggi, è rimasto senza nessun colpevole dal punto di vista processuale ed è questo l'aspetto che fa più male.
Il 6 agosto 1985, cinque anni dopo, in via Croce Rossa la mafia tornò a colpire con tutta la sua ferocia. Un gruppo di uomini di Cosa Nostra uccisero sotto casa il vicequestore Ninni Cassarà e l’agente di scorta Roberto Antiochia. Rimasero feriti nell’agguato Giovanni Salvatore Lercara e Natale Mondo. La moglie di Cassarà, Laura Iacovini, affacciatasi dal balcone della propria abitazione, vide morire il marito e chiese aiuto ai vicini. La risposta fu il silenzio.
Anche dietro a questo omicidio vi sono domande rimaste senza risposta. Non è dato sapere chi informò il comando di Cosa Nostra che Ninni Cassarà stava tornando a casa, tenuto conto che dopo la morte di Beppe Montana il poliziotto si era “barricato” negli uffici della squadra mobile ed era quasi una settimana che non tornava a casa. Chi avvisò dunque il commando?
Trentaquattro anni dopo il delitto, come riportato dall'agenzia Italpress, Laura Iacovini è tornata a parlare di quel giorno: "Ninni è stato un poliziotto moderno, probabilmente troppo per quei tempi. Aveva avuto intuizioni che si sono rivelate concrete e che allora non sono state prese nemmeno in considerazione". La donna ha raccontato come il vicequestore fu "lasciato assolutamente solo. Dopo tutto quello che era successo è stato comunque un tradimento da parte di uno Stato che avrebbe dovuto proteggerlo. Oggi dopo 34 anni non ho voglia di avventurarmi in teoremi relativi a talpe varie".
Oggi, dunque, la città tornerà a rendere onore alla memoria di questi martiri. Alle cerimonie commemorative che si svolgeranno a Piazza Giovanni Paolo II e in via Cavour interverranno fra gli altri il Questore e il Sindaco di Palermo, Renato Cortese e Leoluca Orlando, magistrati ed i vertici regionali e provinciali di Carabinieri e Guardia di Finanza. Per Ninni Cassarà è prevista la scopertura di una nuova lapide al posto di quella posta nel cortile di via Croce Rossa sul luogo dell'agguato.