di AMDuemila
Il mese scorso la Procura di Messina ha chiesto l'archiviazione del fascicolo
Nei mesi scorsi, così come aveva scritto La Gazzetta del Sud, la Procura di Messina ha chiesto l'archiviazione dell'inchiesta sull'omicidio Alfano, denominata "Alfano ter", aperta dopo le dichiarazioni, nel 2003, della figlia del giornalista, Sonia Alfano, in cui parlava dei depistaggi sui veri mandanti. A firmare l'atto sono il procuratore aggiunto di Messina Vito Di Giorgio, che ha redatto il documento di 60 pagine, e il Procuratore capo Maurizio De Lucia.
Nel documento si legge chiaramente che "gli accertamenti finalizzati a dimostrare un collegamento tra l'omicidio del giornalista Giuseppe Alfanoe la latitanza di Nitto Santapaolanel barcellonese hanno messo in luce punti di contatto tra i due aspetti (effettivamente l'Alfano stava compiendo indagini giornalistiche su detta latitanza)". Purtroppo secondo gli inquirenti, nonostante gli elementi raccolti "non è possibile affermare con certezza che quelle indagini siano state la causa della sua morte; in ogni caso, anche a voler dare per accertato tale assunto, non si dispone di alcun elemento per individuare gli autori del fatto".
Dalle carte emergono comunque una serie di elementi anche inediti su quell'esecuzione per cui sono stati condannati in via definitiva un mandante e un killer, il boss Giuseppe Gullotti e il camionista Antonino Merlino. E' notizia dei giorni scorsi che Gullotti, tramite il suo legale, ha chiesto ed ottenuto il processo di revisione, anche se nei suoi confronti è aperto un fascicolo a Reggio Calabria dove è indagato assieme all'ex pm di Barcellona Pozzo di Gotto (poi anche giudice a Milano), Olindo Canali (accusato per corruzione in atti giudiziari per favorire Cosa nostra). Due procedimenti che di fatto si basano sul memoriale scritto proprio da Canali nel 2006 in cui, secondo gli inquirenti, avrebbe cercato di scagionare Giuseppe Gullotti dalle accuse mossegli in un altro processo, noto come Mare Nostrum, sollevando dubbi anche sulle sue responsabilità nel delitto Alfano, responsabilità che pure aveva sostenuto in fase di indagine e in aula nelle vesti di sostituto procuratore pur non contestando l'aggravante della premeditazione (così per Gullotti giunse una condanna a 30 anni invece che all'ergastolo, ndr).
Vicende ingarbugliate che, come ha ricordato il legale della famiglia Alfano, Fabio Repici, mettono in evidenza "devianze mafiose ed istituzionali nell'area di Barcellona Pozzo di Gotto".
Aspettando di conoscere quella che sarà la decisione del Gip di Messina sulla nuova richiesta di archiviazione della Procura per l'Alfano ter, la Gazzetta del Sud oggi ha rappresentato alcuni elementi evidenziati nel fascicolo.
In particolare vi sarebbero le testimonianze di un ispettore di polizia che confermerebbe la presenza del boss Nitto Santapaola, durante la latitanza, a Terme Vigliatore e Portorosa tra il 1992 ed il 1993, con il forte interesse dello Sco e del Sisde, e quella di una donna che sarebbe stata "amante" del capomafia catanese.
Antonio Manganelli © Imagoeconomica
L'ispettore di polizia
Il quotidiano riporta stralci di un verbale in cui questo ispettore di polizia afferma di aver saputo da alcuni informatori della presenza di Santapaola, nel 1992, nella zona di Barcellona e che questi "era favorito dal boss di Gala Milone Filippo... Durante tale latitanza nella zona di Barcellona Pozzo di Gotto, avevamo anche notizia che Santapaola veniva nascosto all'interno del complesso turistico di Portorosa ove teneva anche delle riunioni con i boss della zona". Nel verbale l'ispettore ha confermato che quando fu acquisita la notizia ebbe contatti diretti con lo Sco di Roma, il cui dirigente era Antonio Manganelli, recandosi con una certa regolarità in via del Tritone "ove aveva sede il Servizio gruppo ricerche del Sisde, partecipando ad un incontro con il dirigente del citato gruppo dott. De Vuono". Secondo quanto riferito dal poliziotto, Manganelli avrebbe anche confermato che il Sisde avrebbe inviato degli uomini a Portorosa per compiere degli accertamenti ma che gli stessi "non acquisirono utili notizie". In questo verbale, datato 2015, l'ispettore di Polizia avrebbe parlato anche di un'altra sua fonte, un direttore di un supermercato a Catania che sarebbe stato ex autista di Santapaola, che gli confermò della presenza di Santapaola nel comprensorio barcellonese, sempre nel 1992. Secondo quanto riportato dal giornale, l'ispettore ha segnalato anche dei telefoni da far controllare allo Sco e al Sisde ed ha riferito che quando nell'aprile 1992 lo Sco organizzò una vasta operazione per cercare Santapaola nelle zone di Terme Vigliatore accade qualcosa il giorno dopo: "Il giorno successivo a tale operazione una fonte ci informò che nella stessa nottata, Santapaola era stato portato a bordo di un'autovettura da alcune persone che, scortandolo a Portorosa, con armi in pugno, esattamente dalla discesa del ristorante La Cantina, ivi ubicato, lo fecero salire a bordo di un motoscafo che poi si seppe sarebbe stato condotto presso l'Hotel... dell'isola di Vulcano".
Per quanto riguarda, invece, la testimonianza della donna questa ha confermato di essere stata "amante" di Santapaola dal 1989 al 1993, fino al suo arresto: "Sono stata l'amante di questo malavitoso sino al suo arresto, fatto che ho appreso un paio di mesi dopo e che colloco nel 1993, mi vedevo anche a casa mia in contrada Archi del Comune di San Filippo del Mela. Questa persona, che mi hanno detto essere coinvolto nel processo Andreotti, mi veniva a trovare due tre volte al mese portandosi presso la mia abitazione da solo con macchine diverse... da quando ho allacciato questa relazione non ho esercitato la prostituzione in quanto questa persona provvedeva totalmente al mio sostentamento e a quello della mia famiglia". La donna, come ha scritto il quotidiano, ha anche riconosciuto in foto "Sam" Di Salvo"come una persona di Barcellona Pozzo di Gotto che accompagnava il soggetto catanese".
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