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di Aaron Pettinari e Davide de Bari - Video
Morra: "Desecretati gli atti segreti della commissione antimafia dal 1963 al 2001. Così togliamo i segreti"

"Buona parte di noi non può essere accompagnata in ufficio di pomeriggio da macchine blindate - come avviene la mattina - perché di pomeriggio è disponibile solo una macchina blindata, che evidentemente non può andare a raccogliere quattro colleghi. Pertanto io, sistematicamente, il pomeriggio mi reco in ufficio con la mia automobile e ritorno a casa alle 22. Magari con ciò riacquisto la mia libertà utilizzando la mia automobile; però non capisco che senso abbia farmi perdere la libertà la mattina per essere, poi, libero di essere ucciso la sera”. Ventisette anni dopo la sua scomparsa la voce di Paolo Borsellino oggi è tornata a farsi sentire, in Senato, con parole forti di denuncia anche se fatte nel 1984, davanti alla Commissione parlamentare antimafia, allora in trasferta a Palermo. Il video con la sua voce è stato proiettato oggi durante la conferenza stampa che si è tenuta presso la Sala dei caduti di Nassyria. L'occasione è stata data dall'iniziativa promossa dalla Commissione parlamentare Antimafia che, all'unanimità, ha deciso di desecretare gli atti dei suoi lavori, dal 1963 fino al 2001. Un archivio che è stato digitalizzato ed è confluito su un unico sito web all'interno del portale del Parlamento all'indirizzo antimafia.parlamento.it che consente di fare ricerche relative a tutte le precedenti legislature: si tratta di oltre 1600 documenti. E proprio con l'avvicinarsi delle commemorazioni della strage di via d'Amelio tra i primi atti in evidenza si è deciso di inserire gli audio delle deposizioni di Paolo Borsellino di fronte alla Commissione. "Tutto quello che avviamo oggi è un ulteriore segnale di democratizzazione del Paese - ha spiegato il Presidente della Commissione antimafia Nicola Morra, che già nei giorni scorsi aveva annunciato l'iniziativa - Quanto più la conoscenza viene messa a disposizione di cittadini e studiosi tanto più è oggetto di riflessione analitico e ponderato. Abbiamo ascoltato gli audio del 1984, registrati a Palermo, Borsellino già ragionava sulle difficoltà di portare avanti un processo con numeri enormi. Non sempre le sue richieste vennero pienamente soddisfatte. Con la sua ironia tipica il magistrato dice 'sono libero di essere ucciso, siamo 4 a dover essere portati ma abbiamo una sola auto blindata. Questi materiali che possono emotivamente risultare toccanti saranno messi nella disponibilità di tutti gli italiani". E poi ha continuato: "Borsellino ha speso tutta la sua vita contro i fenomeni mafiosi e contro i muri di gomma che ogni tanto lo Stato opponeva tra il pool e le organizzazioni mafiose".
In quel primo audio in cui parla dell'emergenza del servizio scorta Borsellino esprimeva la necessità di avere garantita la presenza degli autisti giudiziari per tutto l'arco della giornata.
Ma le audizioni proseguirono anche negli anni successivi.
In un altro audio reso alla Commissione a Trapani nel 1986, Borsellino riferiva delle difficoltà inerenti alla scarsità di personale della polizia: "Non si riusciva a capire come si dovesse istituire una volante che circolasse di notte a Marsala. Non era possibile, non c'erano gli uomini ed io ero stanco, ad un certo punto mi venne in testa (per stanchezza, perché me ne volevo andare) di fare la proposta di dimezzarmi la scorta per fare la volante. In questo modo si è fatta. A Marsala, la quinta città della Sicilia, con 100 mila abitanti circa, non c'era una volante né della Polizia, né dei Carabinieri, che potesse assicurare l'intero arco delle 24 ore".
Per quanto riguarda la lotta alla mafia, Borsellino parlava in modo chiaro: "Oggi qui in Sicilia stiamo vivendo un momento in cui abbiamo l'esatta sensazione di un calo generale di tensione con riferimento alla lotta alla criminalità mafiosa. Abbiamo avuto la sensazione che si tende nuovamente a regionalizzare questo problema e poi, soprattutto, a confonderlo con il suo momento processuale. Sotto questo aspetto forse il maxiprocesso è stato un danno perché oggi si guarda al fenomeno mafioso come quello che c'è dentro l'aula, come se tutti i problemi fossero accentrati li". E ancora: "Quello invece è un momento repressivo in cui il processo deve fare il suo corso, con le sue regole, i suoi giochi. Non entro in questa vicenda però il fenomeno non è tutto lì. - proseguiva nell'audizione a Trapani nel 1986 - Lo Stato ha fatto questo enorme sforzo ma ora non deve ragionare in questo modo 'vi abbiamo dato il giocattolo, adesso cosa volete di più?' Certe volte abbiamo questa sensazione".
Il magistrato palermitano raccontava anche di alcune rivelazioni di Tommaso Buscetta che, durante la latitanza, incontrava i capimafia in via Ruggero Settimo a Palermo, strada centralissima del 'salotto' della città, in pieno giorno. "Ricordavo che Buscetta mi aveva detto che gli era stato presentato il capomafia di Bagheria mentre passeggiava in via Ruggero Settimo - riferiva ancora Borsellino - e io gli chiesi come faceva a passeggiare e lui mi rispose: 'Nel nostro ambiente si sapeva che tra le 14 e 16 c'era la 'smonta' delle volanti e noi latitanti ci facevamo la passeggiata'". Sempre riguardo la zona di Marsala, il giudice la descriveva come una zona divenuta "una specie di 'santuario' delle cosche mafiose". "Mi sono chiesto - proseguiva il giudice - come mai Bernardo Provenzano e Salvatore Riina,capi riconosciuti di Cosa Nostra, hanno l'uno parenti e l'altro grandi proprietà terriere a Castelvetrano. Perché il fratello di Riina abita a Mazara del Vallo da circa 20 anni e per una certa situazione riguardante le forze di Polizia, pur sapendo che si recava ogni settimana a Corleone non era mai stato fatto un pedinamento". All'epoca per Borsellino era "chiaro che Riina, che ha dei figli che non si sa dove siano, un contatto con il mondo esterno, con la vita civile deve pure tenerlo. Niente di strano che lo tenga attraverso il fratello, sul quale non si era fatto alcun accertamento. Io ho rilevato l'esigenza di farlo".



Ma Borsellino denunciava anche altri fatti gravi, anche di natura pratica. Ad esempio la necessità di una strumentazione tecnologica maggiore per affrontare anche i processi: "Con il fenomeno della gestione dei processi di mole incredibile, perché un solo processo è composto da centinaia di volumi e riempie intere stanze, è diventato indispensabile l'uso di attrezzature più moderne di queste rubriche e degli appunti". E anche quando apparecchiature più moderne venivano fornite all'organo giudiziario, spesso accadeva che la nuova strumentazione non funzionava. "Il computer è finalmente arrivato, purtroppo non sarà operativo se non fra qualche tempo - riferiva Borsellino - E' stato messo in un camerino e stiamo aspettando. E' un computer della Honeywell ed è diventato indispensabile perché la mole dei dati contenuti anche in un solo processo è tale che non è più possibile usare i sistemi tradizionali delle rubrichette".
In un altro passaggio, quando è stato audito nel 1989 dalla Commissione parlamentare antimafia della X legislatura, Borsellino parlava delle esigenze della procura a Marsala dove c'erano pochi magistrati: "E' un po' paradossale che la commissione antimafia venga a chiedere quale è la situazione della lotta alla mafia: i magistrati vengono mandati qui di malavoglia, vengono con la valigia in mano da auditori e ripartono appena trovano l'occasione o appena scadono i due anni. L'incentivo non può essere che economico, mi si dice che è allo studio da tre anni ma ancora non si hanno notizie. Queste zone sono periferiche ma non con riferimento alla criminalità. Il mio ufficio, rimanendo identico come personale, mentre prima si occupava di 4 mila processi l'anno, ora si occupa di 30 mila processi l'anno a cui si aggiungono 60 mila dalle procure del circondario. Oggi io ho 100 mila processi: me li sono guardati tutti, io non mi arrendo".
In un altro atto, datato 1988, Borsellino parlava delle indagini sulle logge massoniche: "Le indagini fatte su questa Stella d'Oriente, in cui erano presenti anche massoni, non hanno consentito di portare all'accertamento di attività criminali direttamente espletate attraverso la stessa. Però la documentazione trovata è risultata utilissima in riferimento all'accertamento di determinati rapporti o collegamenti tra elementi di famiglie mafiose palermitane, marsalesi e campane". Alla domanda di uno dei relatori se vi fossero evidenze anche di connessioni tra magistrati e massoneria, Borsellino replicava: "Non credo, quello che ho sentito è che qualche magistrato frequentasse il circolo, non però che fosse aderente alla loggia. Vi aderivano comunque anche elementi mafiosi o sospetti di mafiosità".
In altri passaggi delle audizioni si parla anche dei rapporti con il “pool antimafia” di Palermo, all’epoca diretto dal Consigliere Antonino Meli (preferito a Giovanni Falcone, il 19 gennaio 1988, nel cruciale ruolo di vertice dell’Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo).
Infine Morra ha ripreso la parola ricordando come già la "commissione Bindi aveva iniziato questo lavoro noi abbiamo fatto alcuni passi ulteriori". E sul lavoro che la Commissione antimafia potrà fare da qui in avanti nella ricerca della verità ha aggiunto: "Dovremo a breve audire Giuseppe Costanza, l'autista di Falcone che fu audito da Borsellino in ospedale e fece uscire tutti i poliziotti che lo proteggevano. Potremmo poco alla volta ottenere delle prospettive diverse che potrebbero far capire tanto ad alcuni e vergognare altri". E poi ancora: "Io so che il Trapanese, per esempio relativamente ad investimenti del signore del vento, è un territorio che potrebbe anche darci ulteriori sorprese ed è questo l'auspicio di tutti quanti noi. Voglio credere e sperare che tutti gli uomini di Stato vogliano combattere le mafie, poi qualcuno con ingenuità o irresponsabilità potrebbe aver fatto degli errori, ma questo lo dovranno accertare i magistrati".
Infine, rispondendo alla lettera dai toni forti inviata da Salvatore Borsellino, che ha preferito rimanere a Palermo anziché essere presente alla conferenza stampa di oggi, ha commentato: "Ho avuto un'interlocuzione con lui. Massimo rispetto per chi ha perso un congiunto, e forse meritava che lo Stato intervenisse prima. Comprendo l'umanità delle parole e delle riflessioni non solo di Salvatore, ma anche degli altri familiari". Dal 1992 ad oggi "sono trascorsi ventisette anni - ha concluso il presidente della commissione antimafia - aver desecretato questi atti è stato un atto doveroso, di rispetto verso quelle persone che oggi non ci sono più e sono state sacrificate".

Foto originale © Letizia Battaglia

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