di Jean Georges Almendras
Prosegue senza sosta la ricerca del mafioso della 'Ndrangheta che si presume abbia già raggiunto il Brasile
Agenti della polizia hanno arrestato nella città di Minas, dipartimento di Lavalleja in Uruguay, i due giovani che lo scorso 23 giugno sono evasi dal Carcere Centrale della Questura di Montevideo, insieme al boss mafioso italiano della 'Ndrangheta Rocco Morabito. Un terzo uomo che risponde al nome di Leandro Abel Sinopoli Azcoaga è stato catturato tre giorni dopo la fuga terminal dei pullman del dipartimento di Salto, nel nord dell'Uruguay. Le persone arrestate sono Bruno Ezequiel Díaz, ricercato dalla Giustizia argentina e Matías Sebastián Acosta González ricercato dalle autorità del Brasile. Ancora latitante (ormai solo), il boss Rocco Morabito, di 52 anni, il quale si presume possa trovarsi già in territorio brasiliano, essendo un profondo conoscitore di quel territorio, dove si rifugiò quando fuggì dall’Italia alla fine degli anni ’90. Infatti, la prima tappa nel suo piano di fuga dalla sua terra nativa è stato proprio il Brasile, dove sicuramente ha stabilito dei contatti nel mondo sommerso della criminalità organizzata.
Dieci giorni dopo la scandalosa evasione, dello scorso 23 giugno, di Rocco Morabito insieme ad altri tre uomini dal Carcere Centrale, il mafioso italiano al momento di redigere queste righe, è l’unico rimasto ancora latitante e sembra sia riuscito a raggiungere l’obiettivo dei quattro: allontanarsi dalla portata della Giustizia dei loro rispettivi paesi. Ora, Rocco Morabito, cerca di prendere le distanze dai suoi persecutori dentro il territorio uruguaiano e anche dalle autorità dell’Interpol che ovviamente hanno già disposto le misure necessarie per localizzarlo nella regione, ed eventualmente in Brasile.
Bruno Ezequiel Díaz, arrestato in Uruguay, era in attesa dell'estradizione in Argentina, dove era imputato di omicidio. Díaz conobbe Rocco Morabito in carcere e nella notte del 23 giugno, entrambi fuggirono dal settore carcerario, accompagnati dall'altro giovane detenuto, Matías Sebastián Acosta González, in attesa di estradizione in Brasile. Il mafioso della 'Ndrangheta ed i due giovani scapparono dal settore delle celle attraverso un buco scavato su una parete raggiungendo il terrazzo dell’edificio della Questura, da lì arrivarono all'edificio adiacente per poi introdursi in un appartamento interno del 5º piano rompendo una finestra, trovandosi faccia a faccia con l’unica persona che ci abitava, un'anziana che non poteva credere a quello che stava succedendo.
Senza farle alcun male, né minacciarla, le chiesero le chiavi dell'appartamento per potere raggiungere la strada. La proprietaria dell’appartamento che fu anche derubata di tremila pesos che aveva nel portafoglio, fece come richiesto e aprì loro la porta dell’appartamento permettendo a Morabito ed ai due giovani di raggiungere l’ingresso principale dell'edificio. Protetti dall’ombra della notte i tre arrivarono in via San José varcando una porta a pochi metri del garage della Questura di Montevideo. Nessuno in quel momento si è accorto dell'evasione. Nei minuti che seguirono, e mentre i tre uomini superavano l’incrocio con la Via Yaguarón, direzione rambla sur, l'anziana dell'appartamento denunciò l’accaduto ai poliziotti che erano in questura.
Quasi simultaneamente, da una delle porte di accesso vicino alla scalinata principale dell'edificio della Questura, in via Carlos Quijano (ex Yí), tentava la fuga l'altro uomo detenuto insieme a Morabito ed ai due giovani, Leonardo Abel Sinopoli Azcoaga, anche lui detenuto nel Carcere Centrale in attesa di essere estradato in Brasile per falsificazione di documenti.
L'evasione di queste quattro persone ha suscitato un enorme scandalo in diversi settori. In ambito dell'Istituto Nazionale di Riabilitazione (INR), alla Direzione del Carcere Centrale, al Comando della Questura di Montevideo ed al Ministero dell'Interno, più specificamente nel Potere Esecutivo, oltre alle ripercussioni internazionali, ed in particolare presso il governo italiano. Il suo Ministro dell'Interno Matteo Salvini ha esternato pubblicamente il suo disappunto per l'evasione, e ha detto che avrebbe chiesto spiegazioni al governo uruguaiano.
Uno degli aspetti della fuga che ha attirato maggiormente l'attenzione riguarda Carlos Quijano, che raggiunse la strada attraverso una delle porte laterali. Solo una persona che conosca nel dettaglio l'edificio della Questura può raggiungere quella porta. Dal settore del Carcere Centrale il percorso è tortuoso e si snoda lungo corridoi e settori compartimentati. E c'è molta distanza tra i piani superiori del Carcere Centrale e le porte di uscita che danno alla strada Carlos Quijano. È impossibile pensare - senza che ci sia di mezzo la corruzione di funzionari - che nessuno abbia notato uscire Leonardo Abel Sinopoli, nella notte di domenica 23 giugno. Ovviamente qualcuno deve aver indicato molto bene a Sinopoli la strada da seguire, in quel vero labirinto di passaggi, porte e scale dell’edificio della Questura di Polizia di Montevideo, capitale dell'Uruguay.
Un altro aspetto che ugualmente che ha generato preoccupazione tra gli investigatori che indagano sulla fuga è che la notte precedente, per ragioni ancora oggetto di indagine, erano state rimosse le telecamere di sicurezza della Questura.
Quel che è certo è che ad eccezione di Rocco Morabito, il destino degli altri evasi non è stato favorevole: tre giorni dopo la fuga, il 26 giugno, Leonardo Abel Sinopoli fu catturato nel terminal degli autobus del dipartimento di Salto, mentre si apprestava a partire per il Brasile; e dieci giorni dopo la fuga (il 4 Luglio), il giovane Bruno Ezequiel Díaz e Matías Sebastián Acosta sono stati tratti in arresto nella città di Minas, nel dipartimento di Lavalleja, nella regione nordovest dell'interno dell'Uruguay.
Per quanto riguarda Rocco Morabito, fino al momento della pubblicazione di questo articolo, la sua posizione è sconosciuta. Tuttavia, grazie alle telecamere di sicurezza della strada pubblica, le autorità hanno potuto stabilire - ma solo circa otto ore dopo la fuga del 23 giugno alle 23.30 - che Rocco Morabito ed i due giovani si trovavano a bordo di un auto che viaggiava in direzione Costa de Oro, per cui non si esclude l'ipotesi che Morabito avesse in mente di dirigersi verso Est per poi proseguire verso il Brasile. Ci sarà riuscito? Supponiamo di sì.
L’attività di ricerca dei quattro evasi ha avuto esito positivo per tre di loro, non per il mafioso italiano Rocco Morabito, boss dell'organizzazione criminale 'Ndrangheta, dedito principalmente al traffico di cocaina dal Sud-America all'Europa. Le ripercussioni a Montevideo, presso il Ministero dell'Interno e dell'INR si sono fatte sentire come uno tsunami. Infatti, il Ministro dell'Interno Eduardo Bonomi a poche ore dalla fuga, cercò sfacciatamente di evitare la stampa per non rispondere alle domande.
Il direttore dell'INR Alberto Gadea rassegnò le dimissioni e il suo posto è stato preso da Ana Juanche, persona di fiducia del Ministro dell'Interno Eduardo Bonomi. D'altra parte la direttrice del Carcere Centrale, Mary González è sotto indagine e nell'ambito di questa indagine ha riferito ai suoi superiori ed ai mezzi di comunicazione di aver più volte comunicato ai suoi superiori che il Carcere Centrale non contava con le misure di sicurezza ottimali adatte ad ospitare Morabito nelle proprie celle avvertendo anche che Morabito aveva dei piani di fuga e per tale ragione aveva sollecitato il suo trasferimento alla struttura della Guardia Repubblicana.
Mary González ha riferito che il Direttore Nazionale di Polizia, Ispettore Mario Layera, negò il trasferimento sostenendo che in quel momento presso la Guardia Repubblicana era detenuto un narcotrafficante messicano. Anche i servizi di intelligence del Carcere avevano avvertito l'INR e il Carcere Centrale, nel 2018, che Morabito aveva piani di evasione. Si ignora per quale motivo il Ministero dell'Interno non abbia preso in considerazione il rapporto ed agito di conseguenza. Sull’intera faccenda ad un certo punto, il Ministro Bonomi dovrà dare spiegazioni all'opinione pubblica. A questo proposito, negli ultimi giorni il Ministro è stato convocato in Parlamento, ma non si è presentato all'appuntamento adducendo motivi di salute.
Le indagini sulla fuga sono a carico del Pubblico ministero per i Reati Economici Ricardo Lackner. Si è appreso che sono circa venti i funzionari in servizio al Carcere con incarichi diversi adesso sotto indagine; non sono ancora note le conseguenze amministrative e le responsabilità giudiziarie.
Già l'evasione in sé, al di là delle modalità adottate per riuscire nell'obiettivo di fuga, suscita molti interrogativi, tenendo conto che, dei quattro evasi, il più pericoloso è l'italiano Morabito, una delle cinque persone più ricercate in Italia e nel mondo, su richiesta della giustizia italiana per azioni criminali compiute come esponente del potente clan mafioso della 'Ndrangheta. Non bisogna dimenticare che Morabito era latitante dalla giustizia italiana da circa 20 anni, condannato in contumacia, secondo la legislazione italiana, a 30 anni di prigione. Dopo il suo arresto a Montevideo il 9 settembre del 2017 non gli sono stati imputati reati legati al narcotraffico commessi in Uruguay, ma la Giustizia lo ha processato per falsificazione di documenti. Infatti Morabito era arrivato in Uruguay nel 2002 sotto un altro nome (Francisco Capeletto, brasiliano), e risiedeva insieme alla sua famiglia nel dipartimento di Maldonado, come un uomo d'affari dalla vita comoda ma senza ostentazioni, che si dedicava al commercio della soia. Rinchiuso nella Prigione Centrale della Questura di Montevideo dal settembre del 2017, era in attesa di venire estradato in Italia.
Come dicevamo inizialmente le domande attorno alla fuga di Rocco Morabito sono tante. In che contesto (consapevole dell’imminente estradizione in Italia), è maturata in lui (insieme ad altre persone?) l’idea di eluderla con la sua evasione? A chi non conveniva che fosse estradato? Non conveniva in Italia, in Uruguay, o in altri paesi della regione? È stato lui, Rocco Morabito, l'unico cervello dell'evasione? Su quali appoggi ha contato per la sua fuga? Chi all’esterno del Carcere ha fornito la logistica e corrotto i funzionari per facilitare la fuga di Rocco Morabito e degli altri tre detenuti che sicuramente hanno fatto da esca per fornire copertura dentro e fuori dal Carcere? Ci sono altre persone coinvolte nell'evasione oltre alle presunte guardie o funzionari del Carcere? Se così fosse, forse la sua evasione è strettamente legata alle attività della 'Ndrangheta in Uruguay, Argentina e Brasile?
Oggi, Rocco Morabito, è nuovamente uno dei dieci delinquenti più ricercati dalle autorità italiane e dall’Interpol. E l'Uruguay, purtroppo fa già parte del suo circuito criminale, non solo perché la sua presenza qui come latitante sotto falsa identità era sicuramente strettamente legata alle sue presunte attività come elemento fondamentale del narcotraffico gestito dalla 'Ndrangheta, ma perché dal 23 giugno, lui personalmente è stato protagonista di una rocambolesca e cinematografica, fuga dal Carcere Centrale, che ha smascherato una cospicua serie di corruzioni e con ripercussioni a tutti i livelli.
Foto Copertina: Rocco Morabito, latitante/ www.elcomercioperu.com
Foto UNICOM Ministerio del Interior
Foto 2: Bruno Ezequiel Díaz, arrestato.
Foto 3: Matías Sebastián Acosta González, arrestato.
Foto 4: Leonardo Abel Sinopoli Azcoaga, arrestato.
Foto 5: Questura di Polizia di Montevideo, via Carlos Quijano, ex Yí (Foto di Diego Battiste di El Observador)