di Lorenzo Baldo
La Cassazione rigetta la richiesta del killer (reo confesso) di spostarlo fuori regione
L’attesa, il dolore che si rinnova, la paura di una sconfitta. E poi finalmente la risposta che doveva arrivare: il processo di appello per l’omicidio di Nadia Orlando resta in Friuli, precisamente a Trieste. Inizialmente fissata per il 12 aprile scorso, l’udienza davanti alla Corte di Assise di Appello di Trieste era stata spostata al 31 maggio. Data che era stata ulteriormente posticipata al 3 luglio per permettere agli ermellini di decidere se spostare il processo fuori dal Friuli così come richiesto dal killer - reo confesso - di Nadia Orlando Francesco Mazzega. La Cassazione rigetta quindi l’istanza di Mazzega che aveva motivato la sua richiesta per “il clima ostile” venutosi a creare nei suoi confronti. L’uomo 37 enne che nel 2017 ha ucciso la sua fidanzata 21 enne, si sentiva oppresso dalle marce in solidarietà di Nadia Orlando: troppi dibattiti sul femminicidio per questa ragazza solare, troppo clamore mediatico! La condanna di Mazzega del 2018 in primo grado (in abbreviato), a 30 anni di reclusione, non era bastata a fermare il successivo scempio giudiziario che lo aveva portato in un lasso di tempo brevissimo dal carcere ai domiciliari. Eppure nella motivazione della condanna era stato confermato che Mazzega aveva ucciso Nadia per “punirla per la disobbedienza manifestatagli nell'aver voluto rivendicare il suo diritto di partecipare all'impegno della sagra in compagnia delle amiche, ma soprattutto per avergli ribadito, la sera del delitto, la ferma volontà di porre fine alla loro relazione”.
Dall’omicidio agli arresti domiciliari
Alle 9 del mattino del 1 agosto 2017, dopo aver vagato tutta la notte con il cadavere di Nadia in macchina, Francesco Mazzega si era consegnato alla Polstrada di Palmanova ammettendo ai poliziotti: “Temo di aver commesso un omicidio”. Successivamente i periti avevano riscontrato che prima di uccidere Nadia Francesco aveva effettuato alcune modifiche sulla rubrica telefonica del suo cellulare cambiando la dicitura riferita alla sua fidanzata. L’indicazione “amore mio” era stata cancellata e al suo posto è stato inserito il verbo “sparire”. Per Mazzega si erano quindi aperte quindi le porte del carcere di Udine. C’era stato poi un primo trasferimento al reparto psichiatrico dell’ospedale locale, piantonato 24 ore su 24 per il rischio che potesse compiere gesti estremi. Passato qualche giorno era tornato in carcere. Trascorso appena un mese il Tribunale del Riesame di Trieste gli aveva concesso la scarcerazione in attesa del processo, nonostante il ricorso della procura di Udine e gli appelli della famiglia della vittima. La Cassazione aveva quindi confermato i domiciliari presso l’abitazione dei suoi genitori a Muzzana del Turgnano (Ud) con braccialetto elettronico, con una motivazione a dir poco aghiacciante: per i giudici Mazzega non era pericoloso e non vi sarebbe stato il rischio di reiterazione del reato. Poteva quindi attendere il processo di appello in famiglia.
L'ex fidanzato di Nadia, Francesco Mazzega
La certezza della pena
Qualche settimana fa al Tg2 la famiglia di Nadia aveva lanciato un appello chiedendo la certezza della pena. “Ci si sente indifesi - aveva dichiarato Andrea Orlando, padre di Nadia -, si passa quasi dalla parte dell'omicida, più che essere noi vittime di una violenza subita”. “E' una presa in giro - aveva aggiunto Antonella Zuccolo, la mamma di Nadia -, in Italia, in Europa, addirittura in Australia sanno della situazione. Questo per noi è solamente infierire ulteriormente sul nostro dolore. Questa è un'ulteriore offesa. Il dolore c'è e rimarrà sempre, e poi c'è anche la rabbia perchè ti domandi 'vedremo una fine a questo processo?'”. La certezza della pena è quello che questa famiglia chiedeva e chiede e gran voce: “Che possa finalmente entrare in carcere - aveva concluso Paolo, il figlio minore - affinchè la società si senta difesa e tutelata dalla giustizia”.
La decisione della Cassazione di mantenere il processo a Trieste riaccende quindi la speranza che per Nadia si possa finalmente fare giustizia; intanto il suo assassino attende ai domiciliari.
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