di Jean Georges Almendras
Rocambolesca fuga di Rocco Morabito insieme ad altri tre detenuti dal Carcere Centrale
Nel migliore stile cinematografico, la notte di domenica 23 giugno, è fuggito dal Carcere Centrale al Centro di Montevideo, capitale dell'Uruguay, insieme ad altri tre detenuti, il boss mafioso italiano della 'Ndrangheta, Rocco Morabito. Era detenuto in uno dei piani superiori della Questura dal mese di settembre del 2017, sottoposto a prigione amministrativa preventiva, in attesa di venire estradato in Italia; era ricercato dal 1999 dalle autorità italiane. Su di lui pende una condanna a 30 anni di carcere (processato e condannato in contumacia, secondo le severe leggi italiane per i mafiosi), per reati connessi al traffico internazionale di cocaina.
L'evasione dal settore carcerario della Questura è avvenuto in diverse fasi: prima hanno aperto un buco in un muro attraversando il quale hanno raggiunto il terrazzo dell'edificio della Questura; dopo, hanno guadagnato terreno raggiungendo un edificio adiacente per poi introdursi in un appartamento interno del 5º piano trovandosi faccia con l’unica persona che ci abitava, un'anziana di 80 anni, che non ha opposto resistenza. Dopo alcuni brevi minuti di tensione i quattro evasi sono usciti in strada dalla porta principale a fianco della Questura, in Via San José. Un'evasione spettacolare che ha scosso l’opinione pubblica e dei media. Un'evasione che mette sotto scacco le autorità del Ministero dell'Interno che dovranno ora valutare eventuali responsabilità nella fuga, considerando il profilo degli evasi, soprattutto il cittadino italiano, per le caratteristiche della sua storia criminale.
Se la cattura di Rocco Morabito a settembre del 2017 fu elogiata dalle autorità italiane, trattandosi di un boss latitante da oltre 20 anni, ora la sua evasione ha causato imbarazzo e sconcerto. Ma a parte ciò, e sebbene non sia la prima volta che avviene una fuga dal Carcere Centrale di Montevideo, la situazione che si è generata ha messo a nudo la vulnerabilità della struttura carceraria che rappresenta un grave problema per le autorità uruguaiane, ancora di più dopo che i servizi di sicurezza del carcere –scrive El Observador- avevano messo in guardia sul possibile tentativo di fuga di Morabito dai tetti. Da tenere presente che i fuggitivi hanno alle spalle curriculum crimini gravi, come appunto Morabito ad esempio, importante personaggio del crimine organizzato, ovvero della mafia italiana.
La notizia della fuga di Rocco Morabito si è diffusa velocemente a Montevideo, e all’estero. Ha sorpreso il fatto che un mafioso del suo livello (soprannominato “Il Tamunga” negli anni in cui operava come uomo di spicco della ‘Ndrangheta nella regione calabrese) abbia pianificato la sua fuga insieme ad altri tre individui che come lui erano sottoposti a prigione amministrativa preventiva in attesa della loro estradizione in paesi come Brasile ed Argentina. Gli evasi, secondo quanto ha comunicato il Ministero dell'Interno, sono Leonardo Abel Sinopoli Azcoaga, arrestato per falsificazione di documento e furto, e ricercato dalla polizia del Brasile; Matías Sebastián Acosta González, in attesa di estradizione in Brasile; e Bruno Ezequiel Díaz, fermato per omicidio e reclamato dalla giustizia argentina.
L’ultima fase della fuga si colloca verso le 23 di domenica, è stata sicuramente pianificata in anticipo. Da quando? Chi l’ha pianificata? I quattro evasi in comune accordo? È Rocco Morabito il principale ideatore? È lui l’artefice della fuga che ha provveduto a pianificare nel dettaglio per la buona riuscita? Rocco Morabito artefice di probabili corruzioni, che si suppone ci siano state nel Carcere Centrale, per agevolare la fuga?
Le domande in questo senso non mancano. E si presume che le indagini altrettanto. Perché è chiaro che aprire un buco in qualsiasi dei piani del settore carcerario del Carcere Centrale non è un compito che passa inosservato. Non solo nell’attuazione, ma anche per quanto riguarda gli attrezzi e oggetti adoperati per una sistematica perforazione di una o più pareti. L'evasione ha dovuto contare con qualche complicità interna alla struttura: forse iniziando dalle guardie carcerarie? Ci deve essere stato un precedente accurato studio dell'edificio, degli orari, della routine all’interno della struttura, così come pure uno studio dell'area per raggiungere la palazzina di appartamenti adiacente, e persino una valutazione delle persone residenti negli appartamenti interni e a questo proposito, la signora anziana che abitava nell'appartamento scelto è stata considerata la scelta ideale per mettere in atto l'evasione?
L’anziana in questione, Élida Ituarte, ha dichiarato al quotidiano El País: "… erano le 23,30, ero a letto e ho sentito che si accendevano le luci di tutta la casa e ho visto delle persone. Ho detto loro: ‘Cosa fate dentro casa mia’"? La signora ha detto anche che gli evasi non l’hanno ferita né minacciata e che l'unico che parlava era il signore con accento italiano.
“Mi dicevano aprimi la porta, dammi la chiave che ho mia figlia malata. E io ho chiesto: ‘Da dove siete entrati’”? ha aggiunto. Poi ha detto che vedendo la finestra danneggiata ha capito da dove erano entrati. Ha ricordato anche che gli evasi insistevano nel chiedere dove erano le chiavi e che lei, era agitata e non ricordava il posto esatto.
Riguardo Morabito ha detto che non sapeva chi fosse e che era con due uomini giovani ed un altro un po’ più vecchio. E che prima di andare via le hanno rubato del denaro, circa 3.000 pesos, che aveva nel portafoglio: "Ma il denaro non importa. L'importante è che io ho salvato la mia vita. Non mi hanno minacciata”.
La signora intervistata dal giornalista di El País ha concluso dicendo che i fuggiaschi sono scesi dalla scala e che lei ha preso l'ascensore per aprire loro il portone, e dopo ha avvertito di quanto era successo i poliziotti che si trovavano al posto di vigilanza del Carcere Centrale. Ha anche detto che i quattro uomini "si sono dileguati velocemente".
I fuggiaschi si sono allontanati dalla zona da soli o c'erano una o più persone a fare di supporto, magari con uno o più veicoli? Forse con altro denaro? Forse con documentazione falsa?
Adesso, mentre scriviamo queste righe, dove si trovano? Dalla mia trentennale esperienza come cronista di cronaca posso dire che niente di quello che ha fatto Rocco Morabito è stato improvvisato. Tutto è stato sicuramente studiato meticolosamente. Così come sicuramente sono state studiate minuziosamente le fasi successive la fuga. Rocco Morabito sta proseguendo da solo o è ancora accompagnato da questi tre personaggi della convivenza carceraria? Che legami hanno stretto durante la reclusione? Su quali parametri hanno stretto amicizia o si sono solo accordati per pianificare la fuga?
Domande e ancora domande. In questo contesto possiamo presumere che Rocco Morabito, attualmente, si stia muovendo da solo, soprattutto adesso che sa di essere ricercato. Conosce bene la psicologia umana ed è molto abile nel districarsi nella clandestinità e sicuramente ha già cambiato la sua fisionomia ed ovviamente è in possesso di documenti falsi. Quasi certamente si è allontanato da Montevideo con la complicità di altre persone, facendo molta attenzione all'uso di cellulari e ai contatti con la sua famiglia.
Non dimentichiamo che Rocco Morabito è un delinquente dal curriculum mafioso con il marchio della 'Ndrangheta che conosce molto bene Montevideo. Conosce molto bene tutto l’Uruguay, l'Argentina ed il Brasile. Ovviamente la sua situazione non è per niente favorevole. È reduce da circa due anni di prigione e su di lui pende l'estradizione in Italia. Secondo quanto riportato dalla stampa italiana e dalle autorità giudiziali Rocco Morabito sarebbe seriamente coinvolto nel traffico di cocaina dal Sud-America all'Europa, e si presume che sia lui il supervisore di grandi carichi di cocaina inviati dall’Argentina e dal Brasile a vari paesi al di là dell'Atlantico.
Ovviamente, forse consapevole che tutte le azioni legali intraprese dai suoi avvocati mirate a neutralizzare l'estradizione non sarebbero andate a buon fine, sicuramente l'evasione era la risorsa alla quale si era aggrappato negli ultimi tempi, per evitarla. Sa che arrivare in Italia significherebbe per lui una lunga condanna: circa 30 anni, con un regime carcerario severo, strutturato in modo specifico per elementi della mafia.
Ricordiamo, come già abbiamo scritto in precedenza, che Rocco Morabito, che oggi ha 52 anni era una delle cinque persone più ricercate dalla Giustizia italiana dal 1990. Nato nel seno di una famiglia dell'organizzazione mafiosa 'Ndrangheta, di La Calabria (suo padre Rocco Morabito ha un curriculum mafioso nella regione calabrese, e sua madre Carmela Modafferi, non sarebbe estranea a quelle attività) ha portato avanti attività mafiose di traffico di droga, specialmente cocaina. Si muoveva nella realtà sommersa del traffico internazionale di stupefacenti e faceva parte di un'organizzazione criminale molto perseguita in territorio italiano. Era conosciuto in Italia come "Il Re della Cocaina a Milano”.
Quando la giustizia italiana strinse il cerchio sulla sua persona con le dovute conseguenze processuali con un mandato di cattura internazionale, Rocco Morabito decise di fuggire dall'Italia prima in Brasile e dopo in Uruguay, paese al quale approdò, ovviamente sotto identità falsa nel 2002. Il suo documento d'identità lo presentava alla società ed alle autorità uruguaiane come un cittadino brasiliano di nome Francisco Capeletto. Nei primi tempi risiedeva nel quartiere Pocitos di Montevideo per poi trasferirsi nel dipartimento di Maldonado, stabilendosi in una residenza vicina a Punta del Este insieme a sua moglie e sua figlia. Era un imprenditore di successo nel campo della soia. Un uomo gentile, rispettoso con una vita sociale moderata ma non isolata né eccentrica, o di ostentazione economica. Era un vicino come tutti gli altri della zona dove risiedeva.
Trascorsero giorni, settimane, mesi e anni fino a che un giorno, per un suo errore, fu scoperto dalle autorità: era il 2017 e iscrisse sua figlia in un istituto scolastico con il suo vero cognome. Da quel momento le autorità iniziarono a pedinarlo fino al suo arresto il 3 settembre dello stesso anno quando fu fermato in un hotel nel centro della città dove stava sorprendentemente alloggiando dopo un litigio coniugale.
Da quel momento Rocco Morabito era detenuto ed ha recuperato la sua libertà solo quando la notte dello scorso 23 giugno 2019, è fuggito attraverso un buco scavato nella sua cella. Si tratta senza dubbio di una delle fughe più clamorose degli ultimi tempi. I servizi di sicurezza del carcere avevano già avvertito del pericolo di fuga, ragione per cui ci saranno serie indagini per definire eventuali responsabilità all’interno delle autorità carcerarie, o del personale subalterno, e non si scarta l'ipotesi che ci siano stati atti di corruzione…, da parte di Rocco Morabito o dei suoi compagni di evasione?
Tornando alla storia di Rocco Morabito, dopo il suo arresto nel 2017 e dopo essere stato affidato alla giustizia specializzata in crimine organizzato dell'Uruguay, parallelamente alla gestioni delle pratiche burocratiche della giustizia italiana per estradarlo, era stata disposta la perquisizione nel luogo di residenza, dove furono confiscati veicoli, carte di credito, armi portatili e cellulari. Non sono stati verificati reati commessi nel nostro paese, legati al narcotraffico, benché è stato verificato che viaggiava regolarmente in Argentina. Privato dalla sua libertà, gli avvocati difensori di Morabito si sono attivati per evitare l'estradizione richiedendo come prima misura la sua libertà nell’ambito delle normative vigenti e con argomentazioni tendenti a smantellare tutti i capisaldi della giustizia italiana per ottenere l'estradizione.
La giustizia uruguaiana aveva deciso di processarlo su richiesta del giudice Luis Pacheco per falsificazione di documenti.
Durante la sua permanenza nella Prigione Centrale, nel 2018 fu protagonista di un episodio di violenza nel settore dove era recluso, in cui fu ferito lievemente. Una guardia carceraria gli avrebbe chiesto di non fumare mentre Morabito era a cena e ne nacque un pesante diverbio. Il funzionario aggredì Morabito che reagì per difendersi e fu bloccato con l'uso della forza.
Al margine della convivenza carceraria e dell'operato degli avvocati difensori di Morabito, la possibilità di estradizione sollecitata dall’Italia iniziò a concretizzarsi. A giudicare dai fatti - forse è stata questa la causa scatenante che ha indotto Rocco Morabito a tentare la fuga.
Secondo le ultime informazioni, alla chiusura della nostra edizione di Antimafia Dos Mil dobbiamo riferire che il governo italiano (nella figura del Ministro dell'Interno italiano Matteo Salvini), ha espresso il proprio disappunto per la fuga e ha chiesto spiegazioni al governo uruguaiano, considerando questo episodio di estrema gravità, e annunciando dall’Italia che saranno prese misure per "dare la caccia a Morabito dovunque si trovi". Molti dirigenti politici dell'opposizione in Uruguay hanno rivolto dure critiche alla gestione del Ministero dell'interno, ed in particolare a quella del Ministro Eduardo Bonomi.
La fuga di Rocco Morabito ha lasciato la società uruguaiana nel più assoluto sconcerto. Non si tratta dell'evasione di un delinquente comune locale, ma dell'evasione di un delinquente internazionale membro di una delle più potenti mafie italiane che ha nelle sue mani il maggiore commercio del narcotraffico a livello mondiale nei nostri giorni, con reti in Sud-America ed in Europa, un traffico di massicci carichi di cocaina del valore di svariati milioni in euro.
Un ambito che ci induce a porci altre domande inevitabili considerando le caratteristiche dell'evasione: Rocco Morabito è fuggito di propria iniziativa o la sua fuga è da inquadrare nel contesto di un'operazione mafiosa con il concorso di potenti personaggi del governo (del Ministero dell'Interno?) Rocco Morabito doveva essere liberato obbligatoriamente perchè se fosse stato estradato in Italia avrebbe potuto mettere a rischio la potente rete del narcotraffico che potrebbe vedere implicati personaggi dei circoli di potere, non solo in Uruguay, ma anche in Argentina e Brasile?
Rocco Morabito sapeva cosa sarebbe successo? L’evasione dal Carcere di Montevideo è stata sempre contemplata? In che modo i servizi di sicurezza carceraria scoprirono già un anno fa la possibilità di questa evasione? Perché non sono state prese le dovute precauzioni per neutralizzarla?
Oltre che a Rocco Morabito stesso, ovviamente, chi altro potrebbe beneficiare da questa fuga, dentro e fuori dall’Uruguay? Chi sta aiutando Rocco Morabito nella clandestinità, mentre scriviamo queste linee/righe? Chi ha favorito, e da quale posizione, l’evasione e tutta la logistica per la sua riuscita?
Rocco Morabito è stato privato dalla sua libertà solo 1142 giorni, da quel 3 settembre 2017, giorno in cui gli misero le manette ai polsi dopo una latitanza che durava dal 1990.
Ora la storia si ripeterà? Quanto tempo rimarrà nuovamente tra le ombre della clandestinità, con un'altra identità e forse con un altro volto?
Mentre chiudiamo questa edizione di Antimafia Dos Mil le autorità sono impegnate in intense operazioni di polizia. Ma senza alcun risultato.
Rocco Morabito ed i suoi compagni di fuga sono ancora latitanti. Protetti dall’anonimato e dal silenzio del crimine organizzato.
La corruzione di sempre è prevalsa nuovamente permettendo che il crimine organizzato avesse la meglio sotto il nostro naso?
Domani, leggeremo con attenzione le spiegazioni del Ministro dell'Interno che dubito molto si riveleranno soddisfacenti.
Ciò si rivelerebbe un fatto ancora più grave dell'evasione stessa.
(24 giugno 2019)
Foto di copertina e foto 2: UNICOM Unidad de Comunicaciones del Ministerio del Interior
Foto 3 e 4: www.diarioelobservador.com
Foto 5: www.FM Vida Santa Fe 107.9
Foto 6: www.antimafiadosmil.com
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