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di Jamil El Sadi
A 27 anni da quel terribile '92, ancora molto da conoscere

Ieri si è celebrato il 27° Anniversario della Strage di Capaci dove persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani. Le attività e gli eventi si sono estesi lungo tutto il territorio nazionale, con particolare attenzione nella città di Palermo. Proprio nel capoluogo siculo la giornata di commemorazione ha visto svolgersi attività in contemporanea in Piazza Magione, Aula Bunker, Villaggio della Legalità e Giardino di Capaci durante la mattina, per poi concludersi (grazie a due cortei) con un momento pomeridiano di raccoglimento davanti all'Albero Falcone. Il tutto organizzato dalla Fondazione Falcone in collaborazione con il MIUR. Ma "non è tutto oro ciò che luccica".

L'antimafia della retorica
"Speriamo che questo 23 maggio voli via presto, in fretta e furia. Speriamo che Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo, Vito Schifani, nel loro riposo eterno, siano disturbati il meno possibile". Ha iniziato così Saverio Lodato il suo editoriale pubblicato su ANTIMAFIADuemila il giorno prima dell'anniversario della strage. Un monito, un allarme forte da non sottovalutare. Nel 2019, dopo 27 anni da quel terribile attentato, dopo 10 commissioni parlamentari antimafia e dopo innumerevoli slogan politici, più che antimafiosi, di uomini e donne che occupano il grande palcoscenico televisivo, e non solo, siamo ancora lontani dalla vera e giusta commemorazione. Siamo ancora lontani dal fare giusta memoria di coloro che vengono definiti "eroi", che prima ancora erano cittadini lasciati soli contro un muro di silenzio e tradimenti.
Ma l'antimafia dov'è? Non si riesce a dare una risposta. Sicuramente al suo posto si è assistito al trionfo della retorica, mera e pura. Sul palco di Piazza Magione, e non solo, si sono susseguiti i soliti discorsi ed interventi. Nel quartiere della Kalsa, dove sono nati e cresciuti Falcone e Borsellino, infatti, erano presenti oltre 3 mila studenti abbindolati da slogan e frasi fatte per inneggiare applausi e gridi di sostegno. Quanti di loro sanno chi siano i due giudici? Tutti. Quanti, invece, sono a conoscenza dello stato attuale dell'arte delle organizzazioni criminali e delle loro infiltrazioni all'interno degli apparati dello Stato? Mi auguro molti, e questo augurio rappresenta un'incertezza importante che alimenta il dilagare dell'ignoranza.
Durante l'evento tenutosi ieri mattina si sono susseguiti soprattutto uomini dello spettacolo. Sono mancate, però, figure importanti dell'antimafia che avrebbero potuto testimoniare alle giovani generazioni, li presenti, la vera importanza della memoria dei martiri della giustizia. La contemporaneità con l'incontro istituzionale dell'aula bunker non ha sicuramente aiutato.
Sulla passerella sottostante l'Albero Falcone si sono susseguiti, invece, gli interventi di personaggi come Nando dalla Chiesa, Pietro Grasso e il presidente del Centro Pio La Torre, Vito Lo Monaco, il quale ha detto che: "La mafia è un fenomeno inerente alle classi dirigenti. Se non si rompe l'intreccio fra mafia e politica, affari e corruzione avremo la ripetizione del fenomeno". Forse l'unico ad aver fatto affermazioni degne della memoria di Falcone. Anche il procuratore nazionale antimafia Cafiero de Raho è intervenuto ricordando come sia fondamentale "recuperare tutto ciò che le mafie ci hanno tolto (a noi cittadini, ndr)".
Nessuno però, in nessun luogo commemorativo, ieri ha parlato di atti processuali in corso come quello riguardante la Trattativa Stato-Mafia o il processo "Ndrangheta stragista". Nessuno ha parlato di mandanti esterni o di corruzione politica come alter ego della mafia. Punti fondamentali che in una giornata commemorativa come il 23 maggio sarebbero dovuti essere i primi della lista.
Giovanni Falcone, purtroppo, ieri è stato per l'ennesima volta oggetto dell'antimafia folcloristica che da 27 anni prende parte in queste giornate di memoria storica attraverso cori, parate, palcoscenici e tante parole al vento senza quasi nessuna concretezza nella realtà.
Eppure Paolo Borsellino diceva: "Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene". Parlatene sì, ma nel modo giusto e senza retorica.

L'antimafia del "Tutti per uno, uno per se stessi"
Fatti di cronaca recenti hanno mostrato una spaccatura nel mondo dell'antimafia. "Il 23 maggio delle due antimafie", "La politica divisa sulla cerimonia", così titolavano alcuni giornali nazionali la notizia di un controraduno a Capaci organizzato da Anpi e Arci in protesta alla presenza di certi ospiti in cerimonie commemorative. A fa partire il tutto è stata la presenza del Ministro dell'Interno Matteo Salvini presso l'aula bunker e la presa di distanze da parte di Giovanni Impastato, Giovanni Ferro ed altri.
Precisando che, per quanto sia condivisibile o meno la politica salviniana, per il ruolo che ricopre ha l'obbligo morale di presenziare eventi come questo. Certo poi sarebbe meglio non parlasse, evitando di fare ridicoli proclami, ma questo è un altro discorso.
I pareri discordanti e le polemiche politiche di personaggi emblematici di una certa antimafia hanno sminuito il senso della giornata commemorativa. Se da un lato ha ragione il presidente della commissione antimafia siciliana nel chiedere una partecipazione silente del Ministro Salvini, dall'altro però dobbiamo anche chiederci: "Solo Salvini non è degno di parlare di antimafia durante la commemorazione di Falcone? Tutti gli altri lo erano? Gli ex Ministri Alfano, Minniti e Amato ce li siamo dimenticati?".
Purtroppo questa diatriba nel giorno della strage ha portato con sé l'immagine di un'antimafia che non è coesa e unita verso lo stesso obiettivo. Al suo posto la retorica, l'ipocrisia e le passerelle politico-istituzionali hanno avuto la meglio. Ed è proprio questo il punto che dovrebbe indignarci ancor di più della sola ideologia politica.
A causa di questi fatti si corre il rischio di trasmettere nei cittadini la concezione che la mafia fa schifo, ma fa schifo anche l'antimafia. E visti gli ultimi fatti di cronaca il rischio può trasformarsi in realtà.

Pareri e opinioni stanno a zero. L'antimafia di Falcone era tutt'altro
Un 23 maggio particolare quello che abbiamo celebrato quest'anno. Dove la morale è stata: "Siamo tutti contro il crimine organizzato (o almeno ce lo si augura), ma ognuno a modo suo". Intanto però i cassetti e gli armadi del Ministero dell'Interno, dove sono archiviati i grandi segreti di Stato, continuano ad essere chiusi; Matteo Messina Denaro continua la sua latitanza e l'agenda rossa di Paolo Borsellino ancora "non s'ha da trovare".
Falcone se ci ha insegnato una cosa è che la lotta alla mafia si fa uniti in un unico obiettivo. Se non lo abbiamo capito le morti del giudice, della moglie Francesca Morvillo e degli agenti di scorta rimarranno vane.

Foto © Imagoeconomica

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