di Davide de Bari
L’8 aprile sarà ascoltato in aula il superteste Tedesco
“L’atteggiamento reticente e non particolarmente collaborativo di alcuni testi è visibile”. E’ con queste parole che il pm Giovanni Musarò ha motivato la sua richiesta, avanzata alla Corte d’Assise di Roma che sta celebrando il processo su Stefano Cucchi, il giovane morto a Roma il 22 ottobre del 2009, di depositare nel fascicolo del dibattimento una produzione documentale aggiuntiva. “L’obiettivo non è fare un processo sui depistaggi, quello è un altro procedimento. - ha spiegato - Ma ci sono circostanze che rilevano in questo processo perché la prova davanti a questa Corte è stata condizionata da quei depistaggi”. Il documento è composto da 32 punti: la maggior parte è formata da note sottoscritte dagli ufficiali dell’Arma che si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Gli avvocati difensori hanno chiesto e ottenuto un termine per esaminare la documentazione fino alla prossima udienza.
L’ultimo dei carabinieri ad essersi avvalso della facoltà di non rispondere è stato il tenente colonnello Francesco Cavallo, ex capo ufficio comando del gruppo carabinieri di Roma, che non ha reso la sua testimonianza in quanto uno degli indagati per la vicenda dei depistaggi che avrebbe caratterizzato le indagini sulla morte di Cucchi. Ma prima di Cavallo, nella scorsa udienza si sono avvalsi della facoltà di non rispondere anche il generale Casarsa, il maggiore Soligo e il colonnello Sabatino. Né, ha ricordato il pm, è servita come prova dichiarativa la testimonianza dell’ex comandante provinciale dei CC, il generale Tomasone che “non ha saputo spiegare” neppure “considerazioni medico-legali che provano” che vi furono “accertamenti ‘paralleli’”.
La deposizione del tenente Beringheli
Invece il tenente Carmelo Beringheli, comandante del nucleo operativo della compagnia di Roma Casilina, non si è avvalso della facoltà di non rispondere, e ha deposto davanti ai giudici. “Trovai strano e assurdo che il registro delle persone sottoposte a fotosegnalamento non venisse portato via in originale. Era evidente che il registro delle persone sottoposte a fotosegnalamento della Compagnia di Roma Casilina era stato sbianchettato. E al capitano Tiziano Testarmata (già comandante del nucleo investigativo, ndr) feci presente che il registro in originale, e non solo la fotocopia, andasse acquisito e consegnato alla magistratura per essere sottoposto ad accertamenti” ha evidenziato Beringheli riferendosi a fatti avvenuti il 4 novembre del 2015, quando Testarmata si presentò presso la Compagnia Casilina per acquisire una serie di atti per indagare sul Caso Cucchi. “Secondo me, - ha continuato - quello che la magistratura cercava stava proprio in quelle carte che davano conto del passaggio di Cucchi dalla Compagnia alla sala Spis nella giornata del 16 ottobre del 2009 (quando fu arrestato, ndr)”. Anche il capitano Tiziano Testarmata è indagato per i depistaggi. Per questa costola dell’inchiesta, la procura ha inviato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari a otto militari. I reati contestati vanno dal falso, all’omessa denuncia, la calunnia e il favoreggiamento. Tra gli indagati Alessandro Casarsa, che nel 2009 era alla guida del gruppo Roma, Lorenzo Sabatino, ex capo del Reparto operativo della capitale, Massimiliano Labriola Colombo, ex comandante della stazione di Tor Sapienza, dove Cucchi venne portato dopo il pestaggio, Francesco Di Sano, che a Tor Sapienza era in servizio quando arrivò il geometra, Cavallo che all’epoca dei fatti era capufficio del comando del Gruppo carabinieri Roma, il maggiore Luciano Soligo, ex comandante della compagnia Talenti Montesacro e il carabiniere Luca De Ciani.
L’acquisizione della perizia dei medici
La Corte d’Assise ha chiesto di acquisire la perizia della professoressa Anna Aprile e del dottor Alois Saller, per chiarire come vennero condotte le indagini sulla morte di Cucchi. Il documento è stato depositato lo scorso 7 marzo, nel processo in corso davanti alla Corte d’Assise d’Appello in cui sono a giudizio cinque medici dell’ospedale romano per la morte del 31enne. Il presidente della corte non ha escluso che i periti possano essere convocati per eventuali chiarimenti. L’acquisizione è stata chiesta dall’avvocato che difende Mandolini, Giosuè Bruno Naso, richiesta alla quale si sono associate tutte le difese e non si è opposta l’accusa. “Voglio riportare l’attenzione della Corte sull’oggetto effettivo del processo - ha evidenziato Naso - le cause della morte di Cucchi. Accertare le cause della morte è un presupposto ineludibile per poter efficacemente individuare le eventuali responsabilità degli imputati di questo processo”. Per il pm Musarò la richiesta di acquisizione “è un clamoroso autogol per l’avvocato perché la perizia in questione è incentrata su quella disposta nel primo procedimento che abbiamo dimostrato essere una perizia farlocca e costellata da errori incredibili. Inoltre se la difesa avesse letto tutta la perizia scoprirebbe che il trauma subito, e ascrivibile ai carabinieri, è considerato una concausa della morte di Cucchi”.
La deposizione di Tedesco
La prossima udienza sarà l’8 aprile, una data decisiva per la verità sulla morte di Cucchi. Quel giorno sarà sentito in aula Francesco Tedesco, il carabiniere imputato per omicidio preterintenzionale che ha accusato i colleghi coimputati. Colui che con la sua deposizione ha dato una svolta alle indagini, denunciando di aver assistito al pestaggio del giovane, picchiato da due colleghi, Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro. L’8 aprile dovrà ripetere la sua confessione davanti alla Corte d’Assise che oltre ai tre militari, accusati di omicidio preterintenzionale, sta processando i carabinieri Roberto Mandolini per calunnia e falso, e Vincenzo Nicolardi per calunnia.
Foto © Imagoeconomica
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