Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

di Aaron Pettinari
"A Polsi ci fu una riunione per un progetto politico nuovo: il 'partito degli uomini'. A quella riunione ci si arriva dopo l'omicidio di quello delle ferrovie, il presidente Ligato. C’erano gli arcoti, c’era qualche politico industriale di Reggio Calabria, quello delle navi, un certo Matacena. Era senza capelli e lo chiamavano lo Scucculato". Così ha detto il collaboratore di giustizia Pasquale Nucera, sentito ieri al processo Breakfast, che vede tra gli imputati l'ex ministro dell'Interno Claudio Scajola e Chiara Rizzo, moglie dell'ex parlamentare forzista Amedeo Matacena (già condannato per concorso esterno in associazione mafiosa). "Era un incontro per stabilire alcune cose, c’era anche gente di natura politica, qualcuno dei servizi deviati - ha proseguito il teste rispondendo alle domande del procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo - Non so a cosa serviva di preciso questa cosa, anche perché ci fu una persona che si sentì male e io l’ho dovuta accompagnare via". Quell'incontro si sarebbe tenuto il 28 settembre 1991 e, così come ha riferito il teste, sarebbero stati presenti tutti gli esponenti d'élite della criminalità organizzata reggina. Tra questi vi era anche Giovanni Di Stefano, un soggetto che "rappresentava le famiglie, bisognava decidere un cambiamento politico importante, era importante che ci fosse perché era un pezzo grosso che rispondeva anche alle famiglie siciliane oltre che calabresi. Una personalità di rilievo, un supervisore di queste cose". Nel verbale del 1996 Nucera era stato anche più specifico indicando proprio in Di Stefano il soggetto che "disse che bisognava forgiare il partito degli uomini".
Il collaboratore di giustizia ha ricordato che vi fu anche un riferimento alla democrazia cristiana: "La questione era che c'erano dei casini e che Andreotti chiedeva di ripristinare la vecchia Dc, o qualcosa del genere. Io di politica non me ne intendo". Quando fu sentito al processo 'Ndrangheta stragista aveva aggiunto che il nuovo partito era necessario perché "la Dc non riusciva a dare le stesse garanzie ma cambiava solo la pelle ed il nome, anche se il progetto era lo stesso".
Ieri, proseguendo l'esame, Nucera ha anche parlato degli incontri che lo stesso Andreotti avrebbe avuto con un membro della famiglia Mammoliti, lo stesso che egli incontrò una volta in discoteca "assieme ad Aldo Anghessa dei servizi segreti". Nucera, ex santista, ha anche parlato dei suoi trascorsi alla legione straniera, della sua "collaborazione" con i servizi segreti ma anche del rapporto tra la 'Ndrangheta e la massoneria, come la P2 di Licio Gelli: "in ogni locale c’era qualcuno che si occupava di tenere i contatti con la massoneria e con i servizi, così che questi potevano ottenere il controllo di quel locale".
Così come aveva fatto in altri processi ha anche riferito delle riunioni svolte in Francia, a Nizza, a cui parteciparono anche il figlio di Domenico Libri e alcuni soggetti dei servizi, per far evadere dal carcere, tramite dei mercenari serbi, il boss di Cosa nostra Totò Riina.
L'udienza in precedenza si era aperta con la testimonianza del sostituto commissario Giuseppe Gandolfo in servizio alla Dia di Reggio Calabria che ha compiuto diversi accertamenti per conto della Procura consulte nell'informativa "Stato parallelo", inchiesta che punta a svelare l’esistenza di un sistema di potere in grado di influenzare le scelte a livello nazionale ed internazionale.
Accertamenti che hanno riguardato le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Cosimo Virgiglio ma anche altri aspetti che furono riferiti da Francesco Pazienza, personaggio al centro delle più oscure trame d’Italia e condannato per il depistaggio delle indagini sulla strage di Bologna.
In particolare aveva riferito agli investigatori che intorno al 1980 o 81, quando lui era già collaboratore del Sismi, partecipò ad Africo ad una pranzo da Don Stilo il quale si adoperò per non fargli perdere il volo per Roma, previsto alle cinque di pomeriggio ("Lui ha preso il telefono… l’aereo mi ha aspettato. L’aereo dell’Alitalia mi ha aspettato… io sono arrivato con due ore di ritardo e c’era l’aereo fermo che mi aspettava, come un jet privato"). Ieri Gandolfo ha riferito che "l’Enac, dopo ricerche molto approfondite ci conferma che effettivamente il 23 novembre del 1980 un volo da Reggio Calabria verso Roma partì con due ore di ritardo". A distanza di quasi 40 anni non è possibile più recuperare le liste passeggeri, ma si tratta dell’ennesimo riscontro alle dichiarazioni rilasciate da Pazienza agli uomini della Dia. Il teste sarà nuovamente sentito per il controesame la prossima udienza, prevista per l'8 aprile.

Foto © Imagoeconomica

ARTICOLI CORRELATI

Processo Scajola, nuove prove contro Matacena: ''Partecipò ad un summit di mafia''

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos