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C’è un indagato nel fascicolo giudiziario che va alla ricerca dei mandanti della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980. È un ufficiale dei carabinieri in pensione, Quintino Spella, 90 anni, ex capocentro del Sisde di Padova. L'inchiesta che ha portato alla sua iscrizione per il reato di depistaggio è seguita dalla procura generale di Bologna, che nell'ottobre 2017 ha avocato l'indagine per cui la procura ordinaria aveva chiesto l'archiviazione. Ma la notizia emerge dal processo a carico dell'ex Nar Gilberto Cavallini, accusato di concorso nel massacro che costò la vita a 85 persone.
Spella, infatti, nell'udienza del 13 marzo 2019 avrebbe dovuto essere ascoltato come testimone. Ma al suo posto, in aula, è arrivato il suo legale, l'avvocato di Padova Luisa Granata, che ha presentato un certificato medico attestante le precarie condizioni di salute dell'anziano ufficiale. Inoltre ha aggiunto che il suo assistito, se convocato di nuovo, si sarebbe avvalso della facoltà di non rispondere perché indagato in procedimento connesso, cioè l'inchiesta sui mandanti.

La deposizione di Giovanni Tamburino
Vista la situazione, il presidente della Corte d'assise di Bologna, Michele Leoni, ha deciso, al termine di una breve camera di consiglio, di non chiamare più Spella sul banco dei testimoni. Ma rimane il motivo per cui è stato indagato.
A fare il suo nome era stato, sempre davanti agli inquirenti della procura generale, Giovanni Tamburino, il giudice istruttore che a Padova, nel 1974, aveva indagato sul progetto eversivo della Rosa dei Venti. Dopo essere stato spogliato del fascicolo per decisione della Cassazione che ne aveva ordinato il trasferimento a Roma, dove già si indagava sul tentato golpe Borghese del dicembre 1970, era passato d'incarico diventando giudice di sorveglianza.
In questa veste, nel luglio 1980, poche settimane prima della strage di Bologna, aveva accettato di incontrare un detenuto di destra, Luigi Presilio Vettore, che gli aveva dato due informazioni. La prima riguardava un progetto di attentato alla vita di un magistrato di Treviso, Giancarlo Stiz, il primo a imboccare la pista nera per la strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969, e Tamburino ne informò l'autorità giudiziaria. La seconda, invece, era una voce raccolta da Presilio Vettore in carcere: un altro detenuto, il neofascista Roberto Rinani che tuttavia negò la circostanza, gli aveva parlato di un evento terroristico clamoroso che sarebbe accaduto di lì a breve e di cui avrebbero parlato tutti i giornali del mondo.
Al giudice Tamburino, tuttavia, vennero fornite informazioni vaghe e si decise di rivolgersi prima di tutto ai carabinieri di Padova. Come ha ricordato in aula a Bologna deponendo lo scorso 30 gennaio, ne parlò con il comandante del gruppo carabinieri, il colonnello Azzolini, che gli suggerì di passare l'informazione ai servizi segreti. Tamburino non conosceva nessuno in quell'ambiente e dall'Arma gli venne fatto il nome del futuro generale Quintino Sella, che allora era ancora capitano o maggiore e che era a capo del Sisde di Padova. Il magistrato seguì l'indicazione e in seguito non seppe che fine fecero le informazioni che aveva fornito. Quando, poi, ci fu lo scoppio a Bologna, si rivolse direttamente all'autorità giudiziaria.

Le dichiarazioni del 25 gennaio 2019
Queste affermazioni Tamburino, prima di formularle davanti alla Corte d'assise a fine gennaio, le aveva già riferite ai magistrati della procura generale che, lo scorso 25 gennaio, in una caserma della guardia di finanza di Padova, hanno sentito Spella come testimone. L’anziano generale, prima, ha negato l'interlocuzione del luglio 1980 e poi, di fronte a riscontri mostratigli dagli inquirenti, ha dichiarato di non ricordare. In base a quanto è stato possibile ricostruire finora, a quel punto le domande all'ex ufficiale del Sisde si sono interrotte ed è stato indagato per depistaggio.
Ma chi è Quintino Spella? Il suo nome, negli atti giudiziari che ricostruiscono queste vicende, non si incontra quasi per nulla. Fa eccezione una ricostruzione che chiama in causa un certo Aldo Del Re. Frequentatore del gruppo di Ordine Nuovo veneto e strettamente legato a Massimiliano Fachini, uno dei suoi esponenti più noti, Del Re entrò nelle indagini per la strage di Ustica, quella avvenuta il 27 giugno 1980 quando fu abbattuto un Dc9 dell'Italia con 81 persone a bordo nel cielo sopra l'isola del Mediterraneo. Del Re, infatti, era legato a personaggi con interessi in Libia coinvolti in un tentato colpo di Stato sostenuto da militari egiziani contro il dittatura Muammar Gheddafi. Nel processo che ne seguì, lo stesso Del Re, che era venuto a sapere del progetto di insurrezione nel 1979 in Germania e per il quale aveva fatto da intermediario con le autorità egiziane, venne condannato in contumacia.
Al corrente di traffici di pezzi di ricambio per aerei e di armi che chiamavano in causa anche ufficiali dell'aeronautica militare italiana, Del Re era entrato nel mirino del Sisde di Padova che lo descriveva – riporta la sentenza ordinanza del giudice istruttore Rosario Priore su Ustica – come "persona di pessima condotta morale e civile, con diversi precedenti e pendenze penali per vari reati". Di lui si diceva anche che fosse in collegamento con elementi della malavita comune di Veneto e Lombardia, fosse stato un attivista del Partito Radicale e avesse frequentato un circolo gay. Ma soprattutto, per il Sisde, sarebbe stato il “ricettatore” per conto di Valerio Fioravanti, il terrorista dei Nar condannato in via definitiva con Francesca Mambro e Luigi Ciavardini per la strage di Bologna del 1980.

Un'altra notizia preventiva della strage
Inoltre, come lo stesso Del Re confermò, egli era stato a propria volta in contatto con l'estremista di destra Roberto Rinani e disse che i loro rapporti erano nati a inizio 1978, quando il secondo era tesoriere del Partito Radicale. Attraverso di lui, conobbe un gruppo composto da una dozzina di persone e di Rinani disse anche che girava sempre armato. Inoltre il neofascista, con cui ebbe legami fino al 1980, vantava la protezione di un non meglio specificato "capitano" forse dei carabinieri che avrebbe fatto parte di un servizio segreto chiamato Iside.
Rievocò pure un episodio dell'estate 1979 avvenuto al Caffè Pedrocchi di Padova che chiama di nuovo in causa le notizie preventive della strage alla stazione di cui, qualche tempo dopo, parlò dal carcere anche Luigi Presilio Vettore, che a propria volta aveva avuto interlocuzioni con ambienti libici. Nel locale veneto, Rinani gli avrebbe confidato che, di lì a qualche mese, avrebbe partecipato a un'azione terroristica con uso di esplosivo a Bologna. Del Re, invece, negò di aver mai conosciuto Valerio Fioravanti, a meno che, disse il 15 dicembre 1990, "non fosse qualcuno di quelli visti in contatto con il gruppo Rinani, [...] vi erano a volte anche dei romani".
Il generale Quintino Spella ai tempi era capocentro del Sisde di Padova e quando gli chiesero informazioni in merito alle note del servizio su Aldo Del Re rispose al giudice istruttore Priore che a occuparsi degli accertamenti tra Del Re e Fioravanti era stato il segretario Aulo Calopresi, maresciallo di pubblica sicurezza. Il quale confermò di aver redatto la scheda biografica su Del Re. Ma aggiunse di non averlo mai conosciuto direttamente: per scrivere di lui, si era avvalso "per il 99 per cento" di informazioni già presenti nell'archivio della questura di Padova e per la parte restante da indiscrezioni raccolte tra gli uomini della squadra mobile.
Si andò alla ricerca di riscontri e per questo fu sentito il dirigente della Digos di Padova, Giuseppe Colucci, che, come si legge nella sentenza ordinanza di Priore su Ustica, sosteneva che Del Re fosse noto in ambienti di polizia solo per essere un attivista del Partito Radicale e per la frequentazione di ambienti gay. Nulla invece risultava di suoi rapporti con l'estrema destra. Ulteriore smentita a Calopresi venne dal capo della squadra mobile di Padova, Mario Ferretti. In base a quanto il dirigente di polizia disse alla fine del 1990, inoltre, non risultavano rapporti tra Del Re e Fioravanti. Dunque gli appunti del servizio non potevano provenire dalla questura.
Poi, a un certo punto, per il Sisde della città veneta, l'interesse per Del Re andò scemando perché Del Re era divenuto "personaggio 'd'interesse' per il servizio militare", il Sismi. Insomma, rimane il mistero di come il Sisde raccolse le informazioni su Del Re, che sostenne di aver riferito le confidenze di Rinani prima della strage di Bologna al procuratore generale a Venezia. Ciò che è più certo, invece, è che dopo le sue dichiarazioni a Priore subì minacce così come Presilio Vettore, che nel novembre 1980 venne accoltellato nel carcere di Padova.

Foto © Ansa

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