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lillo sekret speciale trattativa 1di Francesca Mondin
Giuseppe Graviano, il boss di Brancaccio oggi all’ergastolo assieme al fratello Filippo per le stragi '92-'93 è conosciuto per il suo silenzio, ultimamente però, da più di un anno a questa parte, di tanto in tanto si è lasciato uscire qualche parola su quegli anni: con il suo compagno di cella Adinolfi, con la figlia minore di Borsellino, Fiammetta ed anche al processo 'Ndrangheta stragista ha rilasciato qualche dichiarazione spontanea e controllata promettendo di rispondere alle domande dei pm se interrogato. Racconti fallaci per depistare? Lontane parvenze di pentimento o messaggi con destinatari precisi che hanno goduto del suo silenzio fino ad oggi? Questo è ancora da capire, ma intanto, grazie all’inchiesta video di Marco Lillo su Sekret "Speciale trattativa Stato-Mafia", in onda su Iloft.it dal 23 maggio scorso, possiamo mettere in fila i pezzi emersi da processi, indagini e fatti raccolti fino ad oggi, ed il puzzle che si intravede si estende ben oltre la mafia.
E’ il riferimento a Silvio Berlusconi, più o meno diretto, fatto dallo stesso Giuseppe Graviano, a fare da fil rouge nei primi due episodi della serie.
Nel colloquio avvenuto a dicembre 2017 con la figlia del magistrato ucciso il 19 luglio 1992, Fiammetta Borsellino, il boss di Brancaccio fa una rivelazione unica e per la prima volta, dopo anni passati a negare le parole dei pentiti su Milano, dice di aver frequentato Berlusconi.
Una affermazione (tutta da interpretare e da riscontrare) trapelata mentre racconta la sua latitanza al nord: “Ero latitante, mi sono trasferito al Nord e frequentavo alcune persone tra cui imprenditori, commercianti ed anche politici... lo dicono tutti che frequentavo Berlusconi” e poi il passo indietro: “Più che io era mio cugino che lo frequentava”. Cugino che non risulta esistere a Milano in quegli anni a detta della Dia.


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19 febbraio 2003. Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri © Imagoeconomica


Intanto l’avvocato Niccolò Ghedini a Il Fatto Quotidiano ha detto subito: “A me non risulta nessun incontro di Berlusconi con Graviano o con qualcuno legato direttamente o indirettamente a lui. Tanto meno con un suo cugino noto”.
Cosa voleva dire Graviano, sapendo di essere audioregistrato? Lillo allora parte dalla ricostruzione della storia dei sanguinari fratelli, affidandosi alle parole di chi gli ha stretto la mano quando erano boss indiscussi, così come dei magistrati che da decenni si occupano di stragi e poteri corrotti. I magistrati Nino Di Matteo e Roberto Scarpinato, intervistati da Sekret, li definiscono come la sintesi tra l’atrocità dei Corleonesi e l’élite di Bontate, capaci di organizzare stragi sanguinarie e allo stesso tempo di guardare oltre intessendo rapporti con servizi segreti e poteri altri. “I collaboratori di giustizia dicono che i Graviano sono a conoscenza degli scopi politici a cui sono preordinate le stragi - ha raccontato Scarpinato - destabilizzare il quadro politico per creare le condizioni di un nuovo ordine politico che porti al potere il partito che dia a cosa nostra le garanzie che cercava”.
Ecco che se Graviano confermasse ai magistrati di aver incontrato Berlusconi negli anni '90, poco prima che iniziasse la sua ascesa politica, la storia d’Italia potrebbe essere riscritta e l’epoca berlusconiana finirebbe sotto una luce ben diversa.
Ma quale sarebbe stato l’argomento degli incontri tra uno degli organizzatori delle stragi mafiose del '92 e '93 con Berlusconi?
Il pentito Spatuzza ha più volte raccontato che il boss di Brancaccio al bar Doney di Roma gli avrebbe confidato che tramite Dell’Utri aveva avuto garanzie da Berlusconi. Poi nella sentenza di primo grado del processo a carico di Marcello Dell’Utri le parole del pentito non sono state ritenute sufficienti per condannare l’ex cofondatore di Forza Italia per i rapporti con i Graviano.


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Giuseppe Graviano e il compagno di socializzazione, Umberto Adinolfi


Ecco che i magistrati di Palermo hanno deciso di intercettare i dialoghi tra Giuseppe Graviano e il compagno di socializzazione, il camorrista Umberto Adinolfi, e hanno scoperto che dal 2016 fino al marzo 2017 più volte Graviano sembra aver fatto dei riferimenti espliciti a Berlusconi.
"Berlusca mi ha chiesto questa cortesia... per questo c'è stata l'urgenza. Lui voleva scendere... però in quel periodo c'erano i vecchi e lui mi ha detto ci vorrebbe una bella cosa".
E su quel Berlusca, al processo trattativa Stato-mafia si era acceso un intenso scontro tra pubblica accusa e difesa. Secondo il perito della difesa la parola detta dal boss sarebbe “Bravissimo”. A metter un punto fermo è la Corte d’Assise che sulle motivazioni della sentenza ha scritto che “è stato possibile percepire con sufficiente chiarezza la parola 'Berlusca'" nel primo riferimento ed è stato fugato "qualsiasi dubbio”.
Nelle riprese del carcere di Ascoli Piceno, raccolte da Sekret, si sente il boss di Brancaccio fare un altro riferimento interessante: “Già nel '92 voleva scendere”, ma Berlusconi fondò Forza Italia nel '93, eppure anche Enzo Cartotto, politologo vicino a Dell’Utri e Berlusconi, intervistato da Sekret, ha detto che si parlava con Dell’Utri di scendere in politica già nel '92, ma come faceva il boss di Brancaccio a sapere di questa movimentazione perlopiù silenziosa di Dell’Utri?


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L'ex politico, scrittore e giornalista Ezio Cartotto


L’aspetto forse più inquietante emerso dalle conversazioni fra i due boss è il riferimento ad “una cortesia” e “misi u luglio”. Sul significato di quelle parole forse le indagini delle procure di Firenze e Caltanissetta sulle stragi '92 e '93 potranno dare una risposta. Intanto la procura di Firenze ha deciso di riaprire le indagini sui mandanti occulti delle stragi mafiose del 1993, che colpirono Firenze (in via dei Georgofili), Roma (chiese di San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro) e Milano (via Palestro) contro l'ex premier e l'ex senatore Marcello Dell'Utri (già condannato a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa).
Di cortesia in riferimento alla strage del 19 luglio '92 aveva parlato, già nel '97, il pentito Tullio Cannella, riferendo che aveva saputo che la cortesia “era stata fatta da Cosa nostra tramite i Graviano a personaggi di alto livello con cui gli stessi Graviano a Milano avevano stabilito contatti”.
Ma chi avrebbe chiesto questa cortesia? Sulla ricostruzione dettagliata di Lillo spicca una frase che letta nell’insieme potrebbe fornire qualche ipotesi in più: “U volevano indagare”. Una frase, come ha detto il sostituto procuratore nazionale Antimafia Nino Di Matteo che è “veramente generica e stringata, ma se volessimo ricollegarla a tutto il resto delle frasi e ipotizzare... si potrebbe pensare a Berlusconi”. Ed è lo stesso Paolo Borsellino infatti, in un periodo in cui non si parlava di indagini sull’imprenditore milanese, ad esternare una potenziale azione investigativa sulle vicende Mangano, Dell’Urti e indirettamente Berlusconi nel corso dell’intervista televisiva all’emittente francese pochi giorni prima della strage, ha spiegato Di Matteo. Un’intervista che aveva colpito lo stesso giornalista francese Fabrizio Calvi, che ha raccontato a Sekret il suo stupore per l’apertura del magistrato nel fornire documenti e informazioni solitamente difficili da ottenere dai magistrati e per la sua preoccupazione.

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Vittorio Mangano, lo "stalliere di Arcore"


A testimoniare l’interesse di Borsellino e Falcone sui rapporti tra Berlusconi, Mangano e Dell’Utri c'è un biglietto trovato di recente nel vecchio ufficio di Falcone con scritto: “Cinà in buoni rapporti con Silvio Berlusconi da 20 milioni a Grado e Vittorio Mangano con un riferimento a Michele Graviano.
Infine Graviano parla di “urgenza” e qui sembra riferirsi all'accelerazione che Riina mette in moto per l’omicidio di Paolo Borsellino. Di questa accelerazione ne hanno parlato diversi pentiti e in particolare anche il pentito Cancemi perché “Borsellino disturbava persone che non doveva disturbare”.
Per ora queste sono solo ipotesi, ricostruzioni, collegamenti con dichiarazioni di pentiti e fatti già raccontati ed archiviati in certi casi, ma come ha detto Nino Di Matteo: “Quello che impone ad ogni costo l’approfondimento delle parole di Graviano è il fatto che per la prima volta questo eventuale coinvolgimento di persone esterne viene fatto dalla voce di chi è diretto protagonista della strage parlando con l’unica persona con cui poteva parlare liberamente” senza pensare di essere intercettato.

Continua...

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