di AMDuemila
A Venezia presentato il libro "Il Patto Sporco"
“Noi abbiamo il dovere, non solo diritto, di parlare di quello che è emerso” nella sentenza del 20 aprile “a prescindere dalle singole responsabilità penali dei singoli imputati - ha detto il sostituto procuratore nazionale antimafia Nino Di Matteo alla presentazione del libro “Il Patto Sporco” - i fatti devono diventare patrimonio comune della motoria di questo paese che sta diventando sempre di più un paese senza memoria e diventerà un paese senza futuro”.
Una sentenza che mette nero su bianco che “la trattativa tra Stato e mafia ci fu e fu iniziata da uomini dello Stato che attraverso Vito Ciancimino cercarono Riina e poi Provenzano per capire cosa i mafiosi volessero in cambio dell’abbandono del progetto di compiere delitti eccellenti dei politici che erano ritenuti traditori da cosa nostra”. Ha ricordato il magistrato: “Abbiamo dimostrato con documenti trovati negli archivi dei servizi segreti che lo stato sapeva che alcuni suoi uomini di punta erano nel mirino della mafia e sarebbero stati uccisi e preferì trattare per salvare uomini politici” ma, ha continuato Di Matteo tornando alle parole dei giudici, “questa trattativa venne condotta completamente al di fuori da regole costituzionali e finì per riconoscere a cosa nostra l’importanza di interlocutrice paritaria dello Stato… non evitò altro sangue ma provocò altre stragi… provocò un accelerazione improvvisa dell’intento di uccidere Paolo Borsellino”.
"Il Patto Sporco" a Venezia: il Docufilm
Affermazioni, dalle quali “si potrebbero capire tante cose - ha evidenziato il magistrato - come la scomparsa dell'agenda rossa, dovrebbero partire da questo le indagini nuove per capire perché fu ucciso Paolo Borsellino... ma è chiaro che c’è chi non capisce o finge di non capire”. Tornando alle parole dei giudici Di Matteo ha ricordato che: “la sentenza afferma che le stragi del ’93 furono il frutto avvelenato della trattativa” e che “non sarebbero state perpetrate se non ci fosse stata una parte dello Stato che dialogava con vertici dell’organizzazione mafiosa”. “Cosa nostra minacciava lo Stato” e “questa minaccia venne percepita da almeno tre governi della repubblica italiana: il governo di Giuliano Amato, il governo di Azeglio Ciampi e il governo di Silvio Berlusconi. Nessuno dei presidenti governativi ha mai denunciato quella minaccia ha mai detto di essere venuto a conoscenza della richiesta di Cosa nostra” ha chiarito Nino Di Matteo. Infine, “la sentenza afferma che molti uomini dello Stato sentiti al processo sono stati reticenti per non dire falsi... - e ancora - alcune circostanze sono state rivelate solo 20 anni dopo le stragi”.
“Dopo quanto emerso su Berlusconi, sappiamo che uno dei partiti al governo, durante le elezioni era nella stessa coalizione con il partito guidato da lui, so che partiti che in passato erano all’opposizione oggi sarebbero disposti ad allearsi nuovamente con lui”. “Ecco perché di questo processo non se ne vuole parlare” - ha rimarcato il sostituto procuratore nazionale antimafia - a me non interessa quello che ha detto Mori" sui suoi nemici, "mi ha colpito di più il riferimento al fatto che della sentenza si continui a parlare… ovviamente non è solo lui che vuole che non si parli, io invece penso che si debba parlare e conservare memoria”.
“Questo è il momento in cui la verità sulle stragi sarebbe più vicina - ha concluso Nino Di Matteo - ma il silenzio assordante dopo la sentenza del 20 aprile e la mancanza di iniziative concrete dopo la traccia lasciata da questa sentenza, mi fanno temere che ci sia ancora una parte preponderante del potere di questo paese che non voglia completare la verità sulle stragi e che voglia chiudere quella stagione come una stagione che appartiene al passato, da ricordare solo come retorica attraverso la finta commozione nel 23 maggio e nel 19 luglio.”
“Questa sentenza ha restituito la speranza che ancora ci sia una magistratura forte, indipendente e coraggiosa che non faccia calcoli di opportunità nel momento in cui svolge un'indagine o emette sentenza perchè il pericolo che corre la nostra democrazia è che quelli che dovrebbero essere gli organi di controllo del potere si pieghino a ragioni di opportunità e di calcolo” invece “uno Stato autorevole che non vuole nascondere la polvere sotto il tappeto merita la fiducia di tutti i cittadini”, “è da sentenze come queste che deve partire un percorso di resistenza costituzionale da parte di tutti i cittadini”.
Di Matteo: ''Alcuni poteri non vogliono che si parli della sentenza Trattativa Stato-mafia''
di AMDuemila
“I poteri di ieri e di oggi, che hanno sempre trovato scomodo l’argomento di cui ci siamo occupati nel processo” trattativa Stato-mafia, “non vogliono che si parli” della sentenza che ha condannato uomini dello Stato, militari dell’arma dei Carabinieri e boss mafiosi per aver minacciato i governi dell’epoca. A dirlo è il sostituto procuratore nazionale antimafia Nino Di Matteo a Venezia presso la Sala del Portego del Palazzo Cavalli-Franchetti dove si sta tenendo la presentazione del libro “Il Patto Sporco” scritto con Saverio Lodato (ed. Chiarelettere).
“La strategia è quella del silenzio. - ha detto ancora il magistrato - se ne è parlato solo il giorno dopo la sentenza e dopo il deposito di 5 mila pagine di motivazioni. Quelli che per anni hanno, durante le indagini e il processo, dileggiato il nostro lavoro sono stati zitti, non hanno avuto nemmeno il coraggio di confrontarsi con le motivazioni di sentenza, anche per confutarle e noi questo muro di gomma lo dobbiamo rompere”.
Ricordando il duro periodo delle indagini e del dibattimento il magistrato ha raccontato le continue “strategie di delegittimazione” provenienti da diversi fronti: “Giornalisti, illustri giuristi che probabilmente senza leggere gli atti dei processi lo definivano una boiata pazzesca”. Anni di solitudine, ha detto Di Matteo: “È stata un'inchiesta e un processo portato avanti da due magistrati inizialmente e da altri 3 magistrati in seguito” ricordando i colleghi Francesco Del Bene, Roberto Tartaglia e Vittorio Teresi.
“Noi pagheremo per questa indagine e per il processo ma non ha nessuna importanza” ha aggiunto, ricordando quanto accaduto di recente all’ex collega Antonio Ingroia a cui è stata tolta la scorta: "Stanno facendo pagare ad Antonio Ingroia quello che ha fatto e, pur in presenza di circostanze assolutamente chiare ed evidenti, lo hanno lasciato solo anche da un punto di vista della protezione. E questo non è giusto e non è degno di un Paese serio e di un Governo che voglia effettivamente combattere i sistemi criminali mafiosi, anche prescindendo dalla lotta alle parti militari delle organizzazioni e occupandosi anche di tutelare coloro i quali nel corso della loro carriera hanno guardato anche oltre".
Lodato: ''Fiammetta Borsellino, se vuole, si pronunci sulla sentenza Trattativa''
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"Tutti i familiari delle vittime di mafia che pretendono verità e giustizia per i propri cari devono avere la sentenza trattativa come riferimento. E' vero che non spiega tutto e non dà tutte le risposte ma in questa sentenza si dice che Paolo Borsellinovenne ucciso anticipatamente in nome della trattativa che la mafia era convinta di poter gestire a modo suo. Così da parte dei familiari si deve partire da questo elemento di giudizio". Così il giornalista e scrittore Saverio Lodato, autore del libro "Il Patto Sporco" (ed. Chiarelettere) assieme al pm Nino Di Matteo, è intervenuto durante la presentazione che si sta tenendo a Venezia. "Qualche giorno dopo la morte di Rita Borsellino, venuta a mancare alcuni mesi fa e che ha sempre lottato la mafia non solo nel nome di suo fratello Paolo, la figlia ha rivelato che pochi giorni prima di morire aveva commentato la sentenza di Palermo sulla trattativa dicendo: 'faremo un gravissimo torto a noi stessi se non ci rendessimo conto che la sentenza della corte d'Assise di Palermo, deve diventare il punto di partenza di una nuova antimafia possibile'. Io - ha aggiunto Lodato - credo che queste parole di Rita Borsellinosiano un grande lascito. Un lascito importante per chi non vuol consentire al potere di dimenticare nulla di quanto accaduto. E riteniamo che ci sia un dovere, oggi, dei familiari delle vittime di pronunziarsi rispetto questa sentenza. E questo vale anche per Fiammetta Borsellino, che persegue giustamente e legittimamente la verità e la giustizia sulla morte del padre, ma non si può fare finta che questa sentenza sulla trattativa non sia esistita. Se vuole, dunque, si pronunci anche su questa sentenza. Una sentenza che leggiamo in un'ottica diversa da quella favoletta che ci hanno raccontato di una mafia e di uno Stato che erano contrapposti". "Qualcosa di vero c'era - ha concluso Lodato - la mafia era di fronte a tutte le vittime cadute ma alle loro spalle c'era la condanna a morte di uno Stato. E questo non lo capiamo. E il nostro impegno deve essere quello di dire a magistrati come Di Matteo di stare tranquilli, perché certe istituzioni non dimenticheranno quello che è successo, quello che abbiamo capito e quello che ancora pretendiamo di conoscere".
Lodato: "Non accettiamo più silenzio ed omertà di fronte a quanto accaduto"
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"Di fronte a tutto quello che è accaduto non possiamo accettare più di dimenticare. Non amiamo né il silenzio né l'omertà e non per alzare polemicamente la voce ma perché ormai abbiamo capito e sappiamo troppe cose". Così a Venezia è intervenuto Saverio Lodato durante la presentazione del libro "Il Patto Sporco", scritto assieme al pm Nino Di Matteo. Il giornalista ha ricordato come la mafia sia un fenomeno che resiste da oltre due scoli: "Questo fenomeno criminale non è stato debellato ed è sopravvissuto a sistemi politici di senso opposto, al fascismo, al comunismo, al nazismo, alla divisione del mondo in blocchi, alla caduta del muro di Berlino, a svariati governi. Una longevità che ha visto trattative sin dall'origine della nostra Repubblica, quando lo sbarco degli alleati è stato il frutto della trattativa tra gli Stati Uniti e la Cosa nostra americana nella persona di Lucky Luciano. Quella liberazione fu la prima forma di dialogo tra lo Stato e le organizzazioni mafiose". "Oggi - ha proseguito Lodato - dobbiamo dire che Falcone e Borsellino non avevano alle loro spalle lo Stato italiano quando sono stati uccisi. Così come non lo avevano il generale Dalla Chiesa, Pio La Torre, Piersanti Mattarella, il capitano Basile, il carabiniere Mario D'Aleo, Mauro De Mauro, Rostagno, Francese, Fava, tutti quei poliziotti e carabinieri che sono stati trucidati negli anni".
La voce di Lunetta Savino: "E venne il giorno del giudizio"
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“Colpevoli. Colpevoli per essere scesi a patti con Cosa Nostra. Colpevoli per aver trattato in nome di uno Stato che mai avrebbe dovuto trattare. Colpevoli per aver creduto che la divisa che indossavano, gli alamari, le mostrine, gli alti gradi di comando che rappresentavano, li esentassero dal dovere istituzionale di non scendere a compromesso con chi stava riducendo l’Italia a un mattatoio. Colpevoli di avere fatto pervenire a Silvio Berlusconi e al suo governo le richieste avanzate dalla mafia per porre fine allo stragismo. Colpevoli, in altre parole, di intelligenza con il nemico". Sono queste le dure parole di Lunetta Savino in riferimento agli imputati del processo trattativa Stato-mafia. L'attrice, intervenuta durante la presentazione del libro "Il Patto Sporco" ancora in corso presso il palazzo Cavalli-Franchetti di Venezia, ha letto al pubblico in sala, un articolo a firma di Saverio Lodato scritto di pugno il 20 aprile scorso dopo il pronunciamento della sentenza del processo di Palermo. "Le prove, dunque, c’erano. - ha continuato Lunetta Savino - Le prove erano state raccolte e portate in dibattimento da un ristretto gruppo di PM che non si sono rivelati né visionari, né persecutori incattiviti: Nino Di Matteo, Vittorio Teresi, Francesco Del Bene, Roberto Tartaglia. E non dimentichiamolo Antonio Ingroia, il quale, per aver creduto per primo da pubblico ministero in quello che sembrava un teorema impossibile, vide le pene dell’inferno. Le prove hanno retto al vaglio di un dibattimento durato oltre cinque anni". Dibattimento, questo, dove si diceva che lo Stato non avrebbe mai processato se stesso, come ha ricordato l'attrice nelle veci dell'autore Saverio Lodato. Ma "questo Stato - rappresentato dalla seconda corte d’Assise di Palermo, presieduta da Alfredo Montalto - non solo il processo lo ha celebrato. Ha avuto anche il coraggio, non da poco nell’Italia di oggi, di dire le parole più scomode che si potessero sentire sull’argomento: la verità su come andarono davvero le cose negli anni delle stragi; stragi in cui, ricordiamolo en passant, persero la vita, fra gli altri, Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo, Vito Schifani, Paolo Borsellino, Emanuela Loi, Eddie Walter Cosina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina, Agostino Catalano, per non parlare delle vittime civili di Roma, Firenze e Milano. Le pene sono ‘pesanti’. Ma questa non è una sentenza "pesante". "È una sentenza ‘storica - ha concluso Lunetta Savino - e non ci vuole molto a capire perché”.
Bongiovanni: ''Delegittimazione e minacce contro magistrati che toccano il punto di incontro tra Sistemi criminali e poteri forti"
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"Magistrati come Di Matteo che si sono avvicinati ad un passo dalla verità e che toccano quel limbo, quel punto di incontro tra sistemi criminali integrati e poteri forti che ci sono nel nostro Paese, vengono da sempre delegittimati e minacciati. E noi dobbiamo stare attenti e avere il coraggio di dire la verità schierandoci anche senza perdonare quei familiari vittime di mafia che, in buon fede o in cattiva fede, sbagliano rendendosi complici con quelli che vogliono la morte di questi magistrati". Così è intervenuto il direttore di ANTIMAFIADuemila, Giorgio Bongiovanni, intervenendo alla presentazione del libro “Il Patto Sporco”, in corso a Venezia. "Noi possiamo addolorarci e cercare di combattere per la verità - ha proseguito - Ma non possiamo meravigliarci perché è accaduto anche con altri giudici e pm, caduti con il loro sangue nelle strade. Prima c'è la delegittimazione, poi le minacce e l'isolamento. Contro Di Matteo abbiamo anche visto palesi condanne a morte di Cosa nostra, e quando sentiamo ulteriori parole come quelle del generale Mori, che ha ricoperto alte cariche del Paese come essere stato al vertice del Ros o dei Servizi di sicurezza, e che ha lavorato nell'antiterrorismo, assistiamo a situazioni drammatiche ed assurde. Mori, condannato in primo grado, ha il diritto di difendersi in Appello e in Cassazione per il processo trattativa ma non può permettersi di fare minacce perché così appaiono quelle parole in cui si fa intendere di voler vedere morire i propri nemici".
Lorenzo Baldo: '''Il Patto Sporco' un libro che contiene il cuore nero dello Stato''
di AMDuemila
"'Il Patto Sporco' è un'opera che porta dentro di sè il 'cuore nero' dello Stato che non abbiamo mai avuto modo di conoscere perché uomini di Stato ci hanno nascosto le storie per decenni. E questo libro nella maniera più semplice ed esaustiva spiega come invece queste storie devono essere conosciute. Lo scorso 20 aprile è stata emessa una sentenza storica contro uomini delle istituzioni, carabinieri e politici. Il processo Trattativa Stato-mafia è il nostro processo di Norimberga con una sentenza che riporta un dato oggettivo del biennio '92-'93 dove una parte dello Stato trattava con Cosa Nostra". Ha esordito così il vicedirettore di ANTIMAFIADuemila, Lorenzo Baldo durante la presentazione del libro "Il Patto Sporco" del sostituto procuratore antimafia Nino Di Matteo e lo scrittore e giornalista Saverio Lodato a palazzo Cavalli-Franchetti di Venezia. "Un libro - ha voluto sottolineare il giornalista - che ha due aggettivi; illuminante e indispensabile”. Baldo, commentando le parole dette qualche settimana fa dal generale Mario Mori che si augura di vivere a lungo “per vedere morire i propri nemici”, a latere di un incontro avuto in una scuola di Serino (Avellino), ha anche ricordato alcuni passaggi della sentenza trattativa Stato-mafia in cui “nero su bianco i giudici hanno scritto del ‘mendacio' e del 'tentativo di depistaggio posti in essere' da Mori 'con le sue dichiarazioni spontanee'. In conclusione i giudici hanno scritto che Mori ha trattato con i mafiosi “nello stesso interesse superiore dello Stato senza informare alcuna autorità giudiziaria”. Scelte che “si sono rivelate devastanti, allorché i mafiosi, percependo il segnale di cedimento dello Stato, hanno incrementato il programma stragista”. Baldo rimarca quindi che "la trattativa non ha evitato altri morti, ma li ha provocati".
Lunetta Savino: "Ormai il Re è nudo"
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"Ormai il Re è nudo. La Trattativa fra lo Stato e la mafia ci fu, ebbe i suoi protagonisti, il suo scopo sotterraneo, la sua filosofia dell’arrendevolezza e dell’intelligenza con il nemico. E provocò le sue vittime innocenti. Per decenni e decenni si era invece voluto far credere che la mafia, in Italia, fosse un mostro criminale autosufficiente. E che lo Stato la combatteva, con alti e bassi, da oltre un secolo e mezzo. Una grande favola, una rappresentazione falsa della realtà. Una maniera elegante per far sì che centinaia e centinaia di persone assassinate apparissero, agli occhi dell’opinione pubblica, come gli eroi moderni caduti durante lo scontro frontale fra il mostro criminale autosufficiente e uno Stato integerrimo che gli faceva la guerra. La grande favola, appunto". E' un altro passaggio del libro "Il Patto Sporco" (edito da Chiarelettere) scritto a quattro mani dal pm Nino Di Matteo e dal giornalista Saverio Lodato. L'attrice Lunetta Savino ha proseguito la lettura del volume: "Il Re era nudo da tempo. Ma nessuno voleva vederlo. I fatti, i personaggi, le solite manine che hanno accompagnato, e in certi casi diretto dall’esterno sia la mafia sia il terrorismo in questo paese, erano perfettamente individuabili. Ma nessuno voleva trarne le dovute conseguenze. Non si volevano delineare responsabilità politiche, istituzionali, storiche, che avrebbero potuto precedere e prescindere dalla responsabilità penale di soggetti determinati... a morire nelle barricate" erano "tutti quelli che si permisero di mettere in discussione la sostanziale convivenza, la spartizione occulta di una gestione del potere reale che a molti andava bene ma che calpestava i diritti di tutti. Magistrati, uomini politici, poliziotti e carabinieri, giornalisti e imprenditori, sacerdoti, che non accettavano, che non si piegavano, che mettevano in discussione la logica della mediazione, della coesistenza e del compromesso. E di fronte a uno scenario di queste dimensioni, non si può parlare di un merito della magistratura. Ma del demerito di chi ha volutamente ignorato che, per lunghi tratti di strada, Stato e mafia hanno camminato di pari passo”. Nel corso della presentazione sono anche intervenuti i ragazzi del gruppo Our Voice (in foto) che hanno recitato prima dell’intervento dei relatori.
"La mafia? La mafia non esiste. E' solo una storia inventata... per mettere paura alla gente... una di quelle storie che si raccontano nei film o si leggono nei libri...". Hanno dato così il via, in chiave ironica, i ragazzi del movimento culturale Our Voice rappresentati dalla direttrice artistica Sonia Bongiovanni e l'attrice Elisa Pagano. Un monologo inedito dove le due giovani attrici hanno parlato di una mafia inesistente poiché nessuno ne parla e nessuno ricorda le vittime che ha causato.
Lunetta Savino: "C'è la consapevolezza di essere sgradito a una parte consistente e importante del Potere"
Lettura del libro "Il Patto Sporco"
di AMDuemila
"Ho la consapevolezza di essere sgradito a una parte consistente e importante del Potere. Ma non a tutto il Potere. Peccherei di superficialità se pensassi una cosa del genere. Negli ultimi anni, quando il livello delle mie inchieste si è scontrato con settori importanti delle istituzioni, spesso, anche da quei settori, in mezzo a tanta ostilità, ho registrato attestati di stima e di appoggio". E' iniziata con la lettura del libro "Il Patto Sporco. Il processo Stato-mafia nel racconto di un suo protagonista" la presentazione che è in corso a Venezia, presso la Sala del Portego del Palazzo Cavalli-Franchetti. A leggere le parole dei due autori, il sostituto procuratore nazionale antimafia Nino Di Matteo ed il giornalista e scrittore Saverio Lodato, è stata l'attrice Lunetta Savino. "Continuo a sperare, prima o poi, in una vita più normale, a costo di assumermi la responsabilità di scelte difficili - ha proseguito l'attrice - Continuerò a provare infinita gratitudine e stima per chi rischia la vita per me. Ma non mi rassegno a pensare a livelli di protezione così alti come a una condizione che mi accompagnerà per sempre".
Quindi ha letto anche il primo ricordo del giudice avuto con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: "Erano stati, fra gli altri, ma più degli altri, i miei punti di riferimento nella scelta di diventare magistrato. Finalmente avevo realizzato un sogno. Li avevo conosciuti. Ero orgoglioso di fare il tirocinio negli stessi uffici dove loro avevano lavorato e dove Paolo Borsellino continuava a lavorare. E in quegli stessi corridoi della procura di Palermo ho vissuto lo sgomento per gli attentati di Capaci e via d’Amelio...".
Foto © Jacopo Bonfili
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