Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia depositate al processo d'appello Mannino
Stando al racconto del collaboratore di giustizia Giovanni Brusca, il boss di Brancaccio Giuseppe Graviano e Silvio Berlusconi si sarebbero incontrati. Un fatto che lui avrebbe appreso nell'estate del 1995, durante un summit mafioso a Dattilo, nel Trapanese. Il capomafia corleonese Leoluca Bagarella era stato arrestato da poco e a quell'incontro, in cui si discuteva del rapimento del figlio dell'allora Procuratore Pietro Grasso, assieme all'ex boss di San Giuseppe Jato erano presenti Matteo Messina Denaro, Vincenzo Sinacori, Nicola Di Trapani. Brusca, interrogato lo scorso 16 ottobre dal Procuratore capo di Palermo Francesco Lo Voi e dall'aggiunto Marzia Sabella, ha messo a verbale che, mentre tra capomafia si parlava di orologi, il super latitante Matteo Messina Denaro ad un certo punto disse: "Giuseppe Graviano gliene ha visto uno al polso, orologio, a Berlusconi, che valeva 500milioni (in lire, ndr). E io lo guardai, dissi: Ma perché, si vedono?. Dice, 'sì'". Le dichiarazioni di Brusca sono state trasmesse alla Procura generale di Palermo e sono state depositate al processo in abbreviato sulla trattativa Stato-mafia nei confronti dell'ex ministro Dc, Calogero Mannino (assolto in primo grado, ndr). E molto probabilmente entreranno anche all'interno del processo d'Appello del troncone principale. Secondo quanto riportato dal Giornale di Sicilia (la notizia è stata riportata anche da La Stampa, ndr) sarebbe stato proprio Brusca a chiedere di essere risentito. Un episodio che viene riferito 22 anni dopo l'inizio della collaborazione. "Dopo che è stato arrestato Bagarella io mi incontro finalmente con Matteo Messina Denaro e cominciamo un po’ a chiarire le circostanze, aveva chiesto l’autorizzazione a Antonio Madonia a volermi uccidere - ha raccontato Brusca - Quindi fatto il chiarimento è finita tutta la discussione e io ho detto alla fine ma a che punto siete? E lui mi dice a zero, cioè non avevamo nessun tipo di contatto a risultato. Prepariamo per mangiare, e si parla del più e del meno, e si parla di orologi…”. Nel verbale Brusca spiega di essere impegnato nella lettura delle motivazioni della sentenza del troncone principale del processo Stato-mafia (in cui era imputato e per cui è scattata la prescrizione, ndr) e di essersi accorto di alcune lacune, anche attribuibili a se stesso.
Giovanni Brusca in una foto d'archivio
Nel verbale fa riferimento alle intercettazioni in carcere tra il boss di Brancaccio e il compagno d'ora d'aria, Umberto Adinolfi, in cui si parlava proprio di Berlusconi. Il motivo per cui in questi anni non ha mai riferito di quella "rivelazione" fatta da Messina Denaro viene spiegato in poche parole: "Il discorso sull'orologio che valeva 500 milioni per me finì lì, perché le ho dato poco significato. Siccome io questo fatto penso di averlo detto, ho parlato abbondantemente di Dell'Utri e Berlusconi, ma nella sentenza non lo trovo scritto, citato". Brusca ha anche detto di aver rivisto le polemiche tra l'accusa e la difesa Dell'Utri sulla parola "Berlusca, Berlusconi" che sarebbe stata detta da Graviano e così ha ricordato l'episodio ("“Al dibattimento c’era la diatriba tra i pubblici ministeri e la difesa se ci si era visto (…) se aveva detto il nome. Io ho detto, 'ma scusi, ci si è visto, quindi per me era scontato' e ho ritenuto opportuno riferirlo"). Al Procuratore Lo Voi che ha chiesto il motivo per cui non avesse ritenuto di fare una dichiarazione spontanea al processo ha risposto: "Non è la prima volta che mi succede una cosa del genere... era una battuta, nel senso che non parlavamo di Berlusconi ma di orologi e per questo la cosa è passata in secondaria. Non mi ha detto dove, come e quando si sono incontrati".
Nello specificio, Brusca ha ricordato l'intero discorso avuto con il boss di Castlvetrano. "Le parole (di Messina Denaro, ndr) sono queste: ‘Giuseppe Graviano gli ha visto un orologio al polso di Berlusca, cioè di Berlusconi, che valeva 500 milioni’ che Graviano era rimasto sconvolto. Siccome Graviano era uno che non badava a spese per orologi, abbigliamento, quindi si sarà sentito in difficoltà nei confronti di Berlusconi, tra virgolette. Non mi ha detto come, dove e quando si sono incontrati”. “Io gli ho detto – ha spiegato l'ex boss di San Giuseppe Jato, anche lui appassionato di orologi – ma che era ‘tutto brillanti’? E fu una cosa così, molto veloce”.
Al processo trattativa Stato-Mafia tra i condannati in primo grado vi è proprio Marcello Dell'Utri, e nelle motivazioni della sentenza i giudici scrivono che il leader di Forza Italia era conoscenza dei contatti tra l’ex senatore di Forza Italia e Cosa nostra. E soprattutto che somme di denaro sono arrivate dall’ex presidente del consiglio ai boss mafiosi fino al dicembre del 1994, ovvero quando Berlusconi era ancora a Capo del Governo.
Foto di copertina: Silvio Berlusconi © Imagoeconomica
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