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storia segreta della ndrangheta defLa mafia calabrese controlla gran parte dello smercio in Europa. L’ascesa a livello mondiale: ormai è un gruppo globalizzato. Che fattura oltre 30 miliardi di euro all’anno - sballo criminale.
di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso

Pubblichiamo un brano estratto da “Storia segreta della ’ndrangheta - Una lunga e oscura vicenda di sangue e potere (1860-2018)”

In Calabria, dove si spara e si muore, spesso a far premere il grilletto è la droga, il cui traffico contribuisce alla crescita della ’ndrangheta nel panorama della criminalità internazionale. Oggi la mafia calabrese controlla gran parte dello smercio di cocaina in Europa.
(…) Il locale di Siderno è uno di quelli più potenti, con ramificazioni in molte regioni italiane, in Europa, ma soprattutto in Canada, negli Stati Uniti e in Australia. Negli anni Ottanta e Novanta era noto come “Siderno Group”, un network criminale come pochi altri. Nel 2016, al termine di una laboriosa indagine partita dalle intercettazioni raccolte in una lavanderia di proprietà di Giuseppe Commisso, detto “u Mastru”, già condannato nell’operazione “Crimine”, vengono arrestate quattordici persone. Nel corso delle indagini, tra l’altro, vengono sequestrate a Siracusa, in Sicilia, circa tre tonnellate di hashish. Quello di Siderno è un locale particolarmente potente capace di intavolare trattative con i narcos venezuelani, di stoccare grossi carichi di cocaina in Africa e di eludere i controlli portuali in mezza Europa. Nell’ambito dell’operazione “Apengreen Drug”, viene arrestato anche un ex agente della polizia di frontiera, in servizio presso la squadra nautica della questura di Reggio Calabria. Secondo gli inquirenti, mantenendo contatti con gli uomini del clan sidernese, avrebbe fornito “informazioni sulle modalità di elusione dei controlli presso l’area portuale di Gioia Tauro, nel caso di importazioni di sostanza stupefacente via mare”. (…) Nel frattempo, decide di collaborare con la giustizia anche uno dei broker più noti, Domenico Trimboli, nato in Argentina, da genitori originari di Natile di Careri (Reggio Calabria), catturato a Medellín, in Colombia, il 27 aprile 2013, proprio nello stesso giorno in cui Luigi Barbaro, calabrese di Gerace, veniva arrestato nelle acque al largo di Miami, mentre a bordo di una barca a vela stava cercando di entrare negli Stati Uniti con circa 700 chilogrammi di cocaina. Latitante da quindici anni, Trimboli aveva iniziato con un viaggio in Bolivia per conto del clan Paviglianiti di Roccaforte del Greco, seguendo le orme di Oreste Squillace, uno dei pionieri della ’ndrangheta in America Latina. Racconta dei tanti viaggi per trasferire la cocaina in Italia per conto di molte famiglie e della necessità di garantirsi la “discesa” nei porti di destinazione, cioè avere a libro paga portuali, agenti delle forze dell’ordine, ma soprattutto la benedizione di clan come i Pesce, i Bellocco, i Mammoliti, gli Alvaro, ai quali bisogna consegnare una percentuale della droga in arrivo a Gioia Tauro pari al 30%. Spesso bisogna pagare anche la polizia di frontiera dei porti e degli aeroporti di partenza. Trimboli rivela anche come è possibile eludere i controlli in Italia attraverso il sistema noto come “rip-on” e “rip-off”, ovvero la spedizione della droga all’interno dei container utilizzati per il trasporto di merci lecite, preferibilmente secche (non deperibili), spesso in transito nei porti di caricamento dello stupefacente, attraverso la sostituzione dei sigilli doganali.

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Antonio Nicaso e Nicola Gratteri © Imagoeconomica


“I container che trasportano merci secche rimangono più tempo sulle banchine dei porti, in attesa del trasferimento su navi più piccole” spiega Trimboli, che racconta anche le modalità di pagamento e le tecniche di trasferimento internazionale. “A recuperare i soldi in Italia sono quasi sempre arabi, “spalloni” che vivono in Spagna. Sono loro che hanno i contatti con i referenti finanziari dei cartelli colombiani. In altri Stati europei, come Belgio e Olanda, lo stesso ruolo lo svolgono turchi e libanesi. I soldi, poi, vengono trasferiti a San Andresito, uno dei centri commerciali più grandi di Bogotá, dove altri arabi gestiscono i “libri mastro” dei narcos. Altre zone utilizzate sono i centri di cambiovaluta di Maicao, nei pressi di Cúcuta, al confine con il Venezuela, e Barranquilla”. Trimboli chiarisce anche il ruolo della cosiddetta “Oficina de Envigado”, un cartello nato per il recupero crediti del narcotraffico nell’omonima cittadina, alle porte di Medellín. “Fu Pablo Escobar a costituirla. Dopo la sua morte, la gestione venne affidata a Diego Murillo, detto ‘Don Berna’”. Con il tempo, l’Oficina si è trasformata in una vera e propria mafia, in grado di taglieggiare anche i trafficanti di droga. “Con i narcos colombiani e boliviani” conferma Trimboli “la ’ndrangheta ha sempre avuto buoni rapporti, riuscendo in tempi non sospetti a ottenere cocaina in conto vendita”. Nel traffico di cocaina, insomma, la ’ndrangheta – “principale referente delle organizzazioni colombiane” – continua a mantenere una posizione di assoluta supremazia in tutta l’Europa, proprio nel momento in cui, secondo i dati del World Drug Report del 2016 redatto dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine, cresce il bacino mondiale dei consumatori, passato dai 208 milioni del 2006 ai 247 milioni del 2014. “Se nei prossimi sette anni sarà mantenuto lo stesso trend” scrive la Direzione nazionale antimafia nella sua relazione relativa al 2017, citando lo stesso rapporto, “nel 2020 avremo nel mondo circa 300-350 milioni di consumatori”. Il quadro diventa ancora più preoccupante se si tiene conto che dei 247 milioni di consumatori, pari al 3,3 per cento della popolazione mondiale, 32 milioni sono cittadini dell’Unione europea, pari al 6 per cento della popolazione europea, ovvero “una percentuale di consumatori di stupefacenti doppia rispetto a quella mediamente rilevabile nel resto del mondo”. In questo scenario, oltre “a ricoprire un ruolo di assoluta ed indiscussa centralità nel traffico della cocaina” come ha rilevato la Direzione centrale dei servizi antidroga, la ’ndrangheta è diffusa “in quasi tutte le regioni italiane, nonché in vari Stati, non solo europei, ma anche in America – Stati Uniti e Canada – ed in Australia”. Oggi, le stime sul volume d’affari della ’ndrangheta garantito dal traffico di droga parlano di una cifra superiore ormai ai 30 miliardi di euro l’anno. Soldi che vengono riciclati in giro per il mondo. Di questa ricchezza, in Calabria restano solo le briciole.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano

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