L'appello di ieri in conferenza stampa
di Karim El Sadi - Video
“Gli omicidi di Daphne, Ján e Viktoria dimostrano che è stato messo a morte un modo di fare giornalismo investigativo, nessuno di noi che intraprende questo cammino su inchieste che riguardano i soldi illeciti in Europa oggi è piu tutelato. Dobbiamo mobilitarci dal basso con le nostre storie professionali facendo pressing. Il giornalismo libero è il vaglio della democrazia. Se un giornalista non può indagare, cercare i fatti, criticare, denunciare, raccontare la verità in un paese, quel paese deve essere messo sotto seria osservazione da parte dell'Unione Europea”. Ha esordito cosi Maria Grazia Mazzola, inviata del TG1 e moderatrice della conferenza stampa svoltasi ieri mattina nella sede della Stampa Estera a Roma in via dell’Umiltà 83. A quasi un anno dall'autobomba, che il 16 ottobre scorso squarciò il cielo di Malta uccidendo la giornalista Daphne Caruana Galizia, i motivi e i mandanti della strage non sono ancora stati scoperti. A questi interrogativi, hanno provato a rispondere gli intervenuti alla conferenza, i quali hanno inoltre evidenziato come il mestiere del giornalista freelance in Europa e in Italia soprattutto, stia diventando sempre più arduo e sempre meno retribuito. E di come Daphne sia riuscita a portare avanti il suo lavoro nonostante tutto questo e molto altro. “Daphne Caruana Galizia era una giornalista estremamente competente che ha scoperto con documenti ciò che gli altri arrivavano solamente a sospettare”. Ha detto Manuel Delia, giornalista maltese, intervenuto all'evento di ieri. “Un esempio di ciò - ha raccontato - risale al Marzo 2016 quando Daphne pubblicò la vicenda sul ministro Konrad Mizzi e il capo dello Staff del presidente maltese Keith Schembri”. “I due - secondo lo scoop di Daphne riportato da Delia - insieme ad altri personaggi non conosciuti, avrebbero creato delle società segrete off-shore a Panama la prima settimana dopo l'ascesa al potere del nuovo governo maltese nel 2013. Le prime reazioni al racconto di Daphne la accusarono di essere pazza, che stava inventando tutto, che era una bugiarda e che ciò non rappresentasse in maniera assoluta la realtà dei fatti. Un mese dopo vennero pubblicati i file di Panama Papers che hanno confermato ciò che Daphne disse il mese prima, nessuno le ha chiesto scusa, il ministro e il capo dello staff del premier maltese sono ancora al loro posto”.
Le sue inchieste erano conosciute in tutta Europa, nel 2017 ad esempio affermò che un'altra società di Panama, la Egrant, fosse di proprietà di Michelle Muscat, moglie del premier Maltese Joseph Muscat. Tali accuse hanno avuto una conseguenza tale, da dover costringere lo stesso presidente a indire le elezioni anticipate nel 2017, elezioni che comunque hanno visto il suo partito laburista nuovamente al governo. Daphne Caruana Galizia era una giornalista che dava fastidio e che doveva evidentemente essere tolta di mezzo. Prima di essere uccisa fisicamente, Daphne venne uccisa moralmente, lavorativamente ed economicamente. L'ha spiegato un altro ospite della conferenza, l'inviato di Repubblica Carlo Bonini. “La prima aggressione a Daphne è stata contro le sue fonti perché potesse smettere di vedere e di capire - ha proseguito Bonini - la seconda aggressione è avvenuta con le cause civili. Daphne prima di essere uccisa era stata legalmente aggredita da cause milionarie in Arizona, Londra e nel suo paese d'origine dove doveva rispondere di 47 cause civili e penali”. In questo ultimo caso il giornalista ha spiegato che era stato riconosciuto al ministro dell'economia Cardona, “Il diritto di procedere al sequestro cautelare di tutti i conti correnti bancari di Caruana Galizia, in previsione di un eventuale risarcimento del danno”. “Daphne muore - ha concluso - mentre sta andando in banca con un rotolo di assegni girati a se stesso dal marito, per poter cambiare contanti poiché il suo bancomat e carte di credito erano stati congelati”. Secondo gli ultimi risvolti dell'inchiesta sul giallo della cinquantatreenne, lo stesso ministro Chris Cardona avrebbe incontrato almeno uno dei killer di Daphne prima e dopo la sua morte. Se in un primo momento il ministro ha risposto allo scandalo con una secca smentita, alla luce degli ultimi sviluppi sulla vicenda, riguardo a un terzo incontro risalente a 4 mesi prima dell'omicidio, il ministro ha “dato una terza versione - ha detto Bonini - affermando che non può escludere, essendo un personaggio pubblico e Malta un'isola piccola, di aver incontrato persone non per bene”. La questione non dimostra nulla sulle responsabilità penali, ma il governo si è comunque successivamente “rifugiato dicendo che se la politica non viene perseguita penalmente, allora la politica non deve rispondere delle sue scelte e delle sue azioni”. “Ma non essere mandante degli omicidi - ha argomentato il giornalista - non significa non dover dar conto della frequentazione di un assassino”.
Alla conferenza hanno partecipato alcuni membri del Daphne Project, un progetto appunto, condotto da un gruppo internazionale di giornalisti in rappresentanza di 18 testate, tra le quali: New York Times, The Guardian, Reuters, Süddeutsche Zeitung, Die Zeit, Le Monde e La Repubblica. In un contesto come quello maltese dove organi di stampa, forze dell'ordine e persino magistratura, dipendono dal governo, non è difficile comprendere il perché certi giornalisti indipendenti che raccontano la verità come Daphne vengano bersagliati e ancor prima isolati. Ed è per questo motivo, anche alla luce delle recenti uccisioni degli altri due giornalisti Ján Kuciak e Viktoria Marinova e di tutti coloro che vengono censurati e minacciati quotidianamente, che Maria Grazia Mazzola ha preparato un documento insieme ad altri 60 giornalisti. “La nostra proposta è scrivere un documento con 15 domande pubbliche al governo di Malta che ha delle responsabilità precise con fatti incontrovertibili e all'Unione Europea - ha affermato l'inviata Mazzola - l'unico modo per rendere onore a Daphne è fare dei provvedimenti, vogliamo sapere quali interventi voglia prendere la Comunità Europea sulla libertà di stampa e sulla tutela dei giornalisti”. La stessa Maria Grazia Mazzola ha infine riportato ai presenti in sala il pensiero di Daphne letto dalla sorella Caroline Vella lo scorso 4 ottobre alla Camera dei Deputati: “Dobbiamo documentare ciò che accade. Piuttosto che cedere alla rabbia o alla disillusione è meglio sapere che abbiamo fatto tutto il possibile per evitare il trionfo di chi non merita nulla. Per anni sono stata vittima di continui assalti, non solo io ma anche i miei figli, attraverso tutti i mezzi di comunicazione ufficiali e non. Tuttavia, per tutto il tempo per cui sono stata tenuta isolata nessun giornalista si è schierato dalla mia parte e vorrei dire questo ai miei colleghi giornalisti. La peggiore cosa che possiate fare vedendo un collega subire gli attacchi del governo o di un'opposizione è abbassare la testa al disotto della staccionata e sperare che a voi non succeda la stessa cosa”.
“Il prossimo martedì 16 ottobre, in occasione dell'anniversario della scomparsa di Daphne Caruana Galizia - ha scritto in una nota la Federazione Nazionale Stampa Italiana - si svolgerà davanti all'Ambasciata Maltese un presidio-conferenza stampa per tornare a chiedere con forza verità e giustizia per Daphne, per Ján Kuciak, Viktoria Marinova, Jamal Khashoggi, ma anche per Ilaria Alpi, Miran Hrovatin, Andrea Rocchelli e per tutti gli operatori dei media che nel mondo hanno sacrificato la vita per raccontare la verità e per i quali ancora non si è avuta giustizia”.
Giornalisti con Daphne: ''Mai pace finché non metteremo spalle al muro i mandanti degli omicidi dei nostri colleghi''
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