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venturi marco c ansadi AMDuemila
In Commissione antimafia l’accusatore dell’ex dirigente di Confindustria

"La politica nazionale deve intervenire al più presto per allontanare Montante dalla presidenza della camera di commercio, da Unioncamere e da tutti i ruoli istituzionali che lui ricopre, perché costituisce un allarmante rischio di condizionamento per le istituzioni". L’appello davanti alla Commissione parlamentare antimafia presieduta da Rosy Bindi arrivava dall’imprenditore Marco Venturi (in foto) già nel dicembre 2016. All’indomani dell’arresto per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione dell’ex dirigente di Confindustria Antonello Montante, attualmente ai domiciliari, l’udienza del suo accusatore,da secretata viene declassificata come “libera”.

Dietro il “paravento dell’antimafia”
"Montante negli anni addietro, - sono questi alcuni passaggi dell’audizione di Venturi - dietro il paravento dell'antimafia di facciata, ha insediato e cooptato una classe dirigente di potenti composta da una sfilza di imprenditori, politici, professionisti, amministratori pubblici dal fare opaco, presentati e accreditati come paladini della legalità, che da svariati anni condizionano il potere politico, burocratico ed economico della Sicilia. Un nuovo sistema, - ha spiegato - coperto dalla maschera dell'antimafia di facciata, macchiato da inquietanti collusioni in cui si celano cinismi, legami e affari condotto da una classe dirigente incurante del danno irreparabile recato alla Sicilia e dall'inaccettabile offesa procurata all'impegno vero, coraggioso e genuino dell'antimafia sociale nato dopo le stragi". "La mia richiesta di audizione - ha quindi continuato - era stata fatta nel 2015 e aveva lo scopo di segnalare la pericolosità e il condizionamento del sistema Montante nell'ambito della vita politica e amministrativa regionale, un sistema che esprime il vertice regionale e diversi esponenti di primo piano che governano società regionali, miste, enti importanti in Sicilia". Si tratta, ha precisato Venturi, di "apparati che condizionano anche le parti sociali. Si è costituito un tavolo che si chiama tavolo regionale per la crescita e per lo sviluppo creato nel 2012 da Montante e che ha sede in Unioncamere regionale e che è presieduta dallo stesso Montante. Un sistema che controlla anche parte della comunicazione e della stampa che spesso gli ha fatto da cassa di risonanza. In molti preferiscono non parlare di questi problemi, in Sicilia quello che prevale è il silenzio. Siamo molto molto preoccupati perché nessuno prende posizione né la politica né la società civile, nessuno, tutti stanno ad aspettare che la magistratura faccia il suo corso, ma io penso che la politica abbia il compito di intervenire".
"Il cuore del problema in Sicilia - ha aggiunto Venturi - sono le aree industriali, che rappresentano il cuore della mafia. Prima come assessore alle attività produttive della Regione siciliana, poi come presidente di Confindustria Sicilia ho un quadro abbastanza chiaro dell'inghippo e della gestione che si è avuta nelle aree industriali fin dal 1980, quando arrivarono fiumi di denaro per creare agglomerati che poi non portarono a nessuna impresa sana. Si costruirono questi agglomerati, si fecero infrastrutture spesso sovradimensionate, si spesero milioni di euro, centinaia di miliardi delle vecchie lire allora. Cosa che continuò con i patti territoriali, con le ‘quattrocentottantotto’ che realizzarono solo cattedrali nel deserto non creando un'occupazione vera".

“Confindustria? Non mi ha aiutato ma espulso”
Confindustria, ha detto ancora Venturi in Commissione antimafia, lo ha deferito "ai probiviri nazionali, perché è rimasta l'unica associazione di impostazione stalinista nel nostro Paese, per cui appena uno manifesta un dissenso, viene deferito ai probiviri ed espulso. Io ho subito questo processo farsa, in quell'occasione ho rassegnato le mie dimissioni perché ho capito e percepito che a nessuno interessava né l'applicazione del codice etico, né la trasparenza, l'etica e a nessuno interessavano realmente i seri rischi di infiltrazione mafiosa nel tessuto imprenditoriale del nostro Paese​". Dopo un’intervista, ha quindi illustrato, "nella quale denunciavo fenomeni e soprattutto chiedevo a Confindustria di far dimettere Montante nella corretta applicazione del codice etico di Confindustria che era stato tanto proclamato a livello nazionale, la risposta del presidente nazionale Squinzi è stata quella di dare solidarietà a Confindustria. Ma devo dire anche che oggi il nuovo presidente Vincenzo Boccia ha ripescato Montante” e “lo ha ripreso nel board nazionale dandogli un incarico su rete Imprese italiane". Il 1° ottobre 2015, infatti, Venturi si dimise dalle cariche che ricopriva in Confindustria: presidente di Confindustria Centro Sicilia, membro della giunta regionale di Confindustria e del cda, per conto di Confindustria, de Il Sole 24 ore, cancellando la sua azienda anche dal sistema confindustriale.

“Io e Cicero abbiamo paura”
In uno dei passaggi dell’audizione Venturi ha fatto riferimento anche ad Alfonso Cicero, l’altro accusatore di Montante, ricostruendone l’ascesa e caduta all’Irsap - che gestisce le aree industriali in Sicilia - dalla quale Cicero si dimise politicamente nel 2015 come guida dell’Istituto. "Lo Bello, Montante e chi faceva parte di quel sistema portavano Alfonso Cicero come elemento di punta, - ha spiegato Venturi - però di fatto facevano il doppio gioco. L'hanno prima abbandonato, poi era stato detto che non bisognava lasciarlo alla presidenza dell'Irsap, bisognava congelare la sua nomina, e allontanarlo completamente da quelli che erano gli incarichi regionali, perché era uno che dava fastidio. Ricordo che Cicero ha ricevuto lettere minatorie, ha trovato un ordigno davanti casa sua, è stato inseguito in autostrada”.
L’imprenditore ha aggiunto davanti alla Commissione antimafia che “abbiamo paura io, Alfonso Cicero e agli altri soggetti che hanno condotto questa azione di contrasto alle mafie, perché l'azione di Cicero è un'azione che si è rivelata molto importante: circa quaranta procedimenti, di cui dieci sono già andati a processo su burocrati, politici e imprenditori collusi con la mafia, ventisei sono dei rinvii delle inchieste di indagine, poi ci sono diverse costituzioni di parte civile che ha fatto anche Cicero. Certo noi abbiamo molta, molta paura di quello che può succedere, perché i sistemi criminali sono variegati in Sicilia e presenti, tutti legati con le famiglie mafiose dei vari territori da quello che abbiamo potuto vedere con le informative antimafia e le interdittive atipiche che sono arrivate. Quindi Messina Denaro e Virga a Trapani, le varie famiglie mafiose della nuova mafia agrigentina ad Agrigento, gli Ercolano a Catania. ...in Sicilia la mafia è presente in tutti gli ambiti”.
Venturi ha in seguito dichiarato in Commissione antimafia che “l'elezione di Crocetta è stata determinata anche dagli accordi che c'erano con l'ex presidente Raffaele Lombardo, che è stato condannato a sei anni e otto mesi per concorso esterno in associazione mafiosa, il quale aveva spaccato allora il centrodestra e quindi permesso a Crocetta di vincere le elezioni. Si erano curati anche dei 'traslochi' che ci potevano essere di molti parlamentari dall'opposizione all'ala governativa".

I rapporti tra Montante e Miccichè
Tra i politici con cui Antonello Montante, secondo Cicero e Venturi, aveva rapporti “stretti”, c'era anche Gianfranco Miccichè, leader di Forza Italia e attuale presidente dell'Assemblea siciliana. "Posso dire che Montante aveva rapporti molto confidenziali con Miccichè... so che Miccichè si recava spesso a Cefalù a casa del Montante", ha dichiarato Venturi durante l’interrogatorio davanti agli inquirenti a seguito dell’acquisizione di una conversazione tra Venturi e Cicero che, prima di diventare testi chiave dell'accusa, furono intercettati per diversi mesi. Dal dialogo intercettato emerge che Venturi, sollecitato più volte da Cicero, cerca di scavare nella memoria per ricordare più dettagli possibili dei rapporti tra Montante e Miccichè. E ricorda il convegno "L'isola che non c'è", organizzato da Confindustria a Taormina. Un evento che fece da spartiacque per la storia dell'associazione. Nella sua relazione Giuseppe Costanzo, allora presidente di Sicindustria, fece un attacco alle istituzioni regionali, suscitando le dure reazioni in sala di Totò Cuffaro e Gianfranco Miccichè, all'epoca leader di Forza Italia e presidente dell'Assemblea, ruolo da lui tuttora ricoperto. In un'altra intercettazione si intuisce il tentativo di allargare il campo ai rapporti istituzionali intrattenuti da Montante, a prescindere dalla loro rilevanza dal punto di vista investigativo. Dice Cicero: "...il rapporto tra Montante e Miccichè non avendo un minimo di... quanto meno lo lasciamo perché ti da un profilo dei rapporti di vertice che aveva...". Venturi non è convinto: "...non si... non è...". Cicero: "...ho capito... se Miccichè fussi unu qualunque un c'è bisugnu ca ciù mittissimu...".
Miccichè, dal canto suo, ha dichiarato che “spero possa esserci un'indagine molto approfondita della magistratura dalla quale, ne sono certo, non potrà che essere confermata la mia estraneità”.

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