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L'ombra di una Talpa alla Procura nazionale antimafia
di Aaron Pettinari
Si tinge sempre più di colori scuri l'inchiesta nei confronti dell'attuale presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta Antonio Calogero Montante, finito agli arresti domiciliari nei giorni scorsi.
Mentre la Procura di Caltanissetta si muove alla ricerca del maxi finanziamento illecito di un milione di euro che l'ex presidente di Confindustria avrebbe fatto avere al "Megafono-Lista Crocetta" nella campagna elettorale 2012 (ieri sono scattate alcune perquisizioni negli uffici dei collaboratori dell'ex Governatore della Sicilia dopo l'accusa nei confronti di quest'ultimo di concorso in associazione a delinquere finalizzato alla corruzione - ulteriori elementi emergono sulla rete che Montante aveva creato per ricevere informazioni sulle inchieste che lo riguardavano. Una rete che non si ferma alla Sicilia ma che punterebbe dritto fino ai palazzi di Roma di via Giulia (sede della Procura nazionale antimafia) e palazzo San Macuto (sede della Commissione parlamentare antimafia).
Gli investigatori non hanno ancora individuato i nomi degli informatori ma il dato emerge nell'ordinanza del Gip Maria Carmela Giannazzo, grazie a alcune intercettazioni.
Il 10 marzo 2016, infatti, il capo della sicurezza Diego Perricone Di Simone, pure lui agli arresti domiciliari, chiama Montante per fargli il resoconto del suo incontro romano. Una fonte gli ha fatto sapere che “l'obiettivo loro è chiddu di struppiare (far male, ndr) in tutti i modi”. L'inchiesta, però, è in una fase di stallo "perché non sanno più cosa inventarsi, non avendo nulla in mano” e poi ci sono contrasti fra “operativi e mandanti... fra tutti hanno problemi... fra di loro”. Sempre secondo l'informatore del mistero il problema sarebbe stato presto “risolto quando si va a sedere”. Il gip scrive che il riferimento chiaro è al futuro procuratore capo di Caltanissetta, un ruolo in quel momento vacante, che dovrà decidere anche la destinazione del procedimento che riguarda l'ex numero uno di Confindustria Sicilia.
E il sospetto che la talpa fosse all'interno della Procura nazionale antimafia sorge spontaneo da una conversazione del giorno prima in cui Di Simone chiama l'ex assessore regionale Linda Vancheri per spiegarle che “domani mattina vengo un poco più tardolino perché ho un impegno in Dna di mattina presto”.
Il 29 aprile viene registrata una seconda telefonata e l'utenza aggancia una cella telefonica ad appena 170 metri dagli uffici di via Giulia. Ancora una volta Di Simone spiega a Montante, rassicurandolo, gli elementi acquisiti per cui "in quel contenitore non c’è nulla… stiamo parlando di niente”.
Qualche tempo dopo, l'8 settembre, vi sarebbe stato un terzo appuntamento con la talpa. E' Montante a chiedere a Di Simone l'esito. "Incontri?" domanda l'ex leader di Sicindustria. E il fedelissimo risponde: "... fatto, fatto, stamattina tutto a posto... comunque è indirizzata dove sappiamo... anche se la stanno facendo vastasa (sporca, ndr)... proprio mi ha detto anche se siamo fuori dalle regole, picchì di questo stiamo parlano... siccome lui si basa su quello che c'è scritto... quindi sì... calma e sangue freddo... questa quindi è una cosa abbastanza positiva secondo me”. Spiega sempre il gip che i due alluderebbero alla proroga delle indagini scaduta due mesi prima della telefonata.
Ulteriori informazioni Montante le acquisiva anche in altra sede. Infatti in una conversazione con l’assessore regionale alle attività produttive, Linda Vancheri, sua fedelissima, captata il 30 dicembre 2016 nell’automobile della donna, lo stesso presidente della Camera di Commercio risultava essere informato dei contenuti dell'audizione, secretata, in Commissione Antimafia, dell'imprenditore Marco Venturi, suo ex amico e suo principale accusatore. "Tutte le mie domande ha fatto", dice l'industriale alla Vancheri. Questo significa che anche in Commissione Antimafia vi è una “talpa” interna? Un sospetto più che legittimo.

Foto © Imagoeconomica

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