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di AMDuemila
L'appello lanciato dal Procuratore nazionale antimafia

“Nell'ultima campagna elettorale la politica non ha dato priorità al contrasto alle mafie, sono stati trascurati aspetti fondamentali, quali l'inquinamento economico, i condizionamenti e le infiltrazioni nelle amministrazioni locali, è mancata una parola forte per dire con decisione che i voti della mafia non si accettano mai”. A sottolinearlo è il Procuratore nazionale antimafia, intervistato oggi dall’Agi, e lo fa lanciando un chiaro appello alle forze politiche e a coloro che formeranno la squadra di Governo affinché la lotta alla mafia torni ad essere “una priorità per la politica, con l’impiego di uomini e mezzi nei territori controllati dalle organizzazioni criminali tale da dimostrare la presenza e la visibilità dello Stato in quelle aree”.
Il numero uno di via Giulia ha tracciato un’analisi del fenomeno mafioso nell’intero territorio nazionale che è presente in Sicilia, in Calabria (“una terra che soffre condizionamenti estremi e capillari da parte della 'ndrangheta"), in Puglia (la provincia di Foggia “vive un momento di grave turbamento per l'ordine pubblico e per la sicurezza dei cittadini per plurimi omicidi legati a conflitti tra clan”), in Campania (dove a Napoli “assistiamo alle cosiddette 'stese', e anche in centro si spara ad altezza d'uomo per mostrare di essere insensibile a qualunque sanzione”) ma anche al nord Italia.
Il Procuratore de Raho ha infatti spiegato che vi sono aree “dove le mafie si affacciano” come il Piemonte, la Liguria, l’Emilia Romagna, il Lazio ed il Veneto. “Il pericolo al Nord - ha detto il procuratore antimafia - non è solo la colonizzazione delle mafie o la presenza delle cosche, ma anche il fatto che le organizzazioni criminali puntano a reinvestire in quei territori i proventi del traffico di stupefacenti o di altre attività criminose. Le mafie tendono a insediarsi attraverso società 'schermate', infiltrandosi nel tessuto economico”.
De Raho ha anche detto che in Italia “la legislazione è la migliore per il contrasto ai clan” e le innovazioni al codice antimafia “sono di grandissimo rilievo”, ma c’è da stare attenti per quanto riguarda la recente riforma sulle intercettazioni per cui non sono mancate delle critiche. Si prevede, infatti che sia “la polizia giudiziaria a dover trascrivere i verbali e a valutare cosa sia rilevante o meno”. Questa valutazione, ha detto Cafiero de Raho, “spetta al magistrato” e tali riforme “utili per la tutela della riservatezza finiscono per gravare ulteriormente sulle attività di investigazione, ritardando, ostacolando, spostando il centro di valutazione dal magistrato alla polizia giudiziaria”.
Secondo il magistrato il legislatore dovrebbe intervenire per quanto concerne il contrasto alla corruzione e pertanto “sarebbe utilissimo pensare ad agenti sotto copertura, infiltrati, in grado quindi di provare gli accordi corruttivi nonché prevedere benefici per chi decide di denunciare”.
Infine, Cafiero de Raho ha messo in evidenza l'importanza che la detenzione speciale e il 41 bis rivestono nella lotta alle mafie: “Questi sono i meccanismi che impediscono al boss in custodia cautelare o in esecuzione pena di continuare a esercitare il suo potere all'esterno del carcere. Non deve esserci alcun tentennamento, la detenzione al 41 bis e quella senza benefici penitenziari sono strumenti fondamentali, è necessario mantenere il rigore finora assunto, per evitare qualunque debolezza”.

Foto © Fotogramma

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