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di Aaron Pettinari
Il Pg: “Ha violentato la credibilità della lotta alla mafia”

Silvana Saguto, ex presidente del Tribunale per le misure di prevenzione di Palermo, imputata per corruzione e altri reati in un processo che s’è appena aperto a Caltanissetta, deve essere espulsa dall’ordine giudiziario perché “piegando l'organizzazione della sua sezione e la direzione dei processi a un tornaconto personale e familiare" ha “letteralmente violentato la credibilità del contrasto all'associazione mafiosa”. E’ con questa motivazione che la Procura generale della Cassazione, rappresentata da Mario Fresa, ne ha chiesto la rimozione dall’ordine giudiziario (il massimo della pena prevista) al Csm che aveva aperto un provvedimento disciplinare, ormai giunto alle sue battute finali.
Secondo l’accusa, con il suo agire, aveva trasformato la sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, che gestisce i patrimoni sottratti ai boss mafiosi, in un “ufficio di collocamento per incarichi d’oro”, fondato su una logica del “do ut des” ed incarichi assegnati come favori in cambio di “indebiti vantaggi per sé e per i suoi familiari”.
Secondo la Procura generale, ha “messo nel nulla le tante cose buone che i magistrati fanno tutti i giorni nel silenzio”. In questo modo è emersa l’immagine di “giudici antimafia che sottraggono ingenti patrimoni alla mafia per interessi personali e familiari”.
Durante la requisitoria Fresa non ha mancato di evidenziare anche gli elementi emersi con le indagini nissene a cominciare dalla nomina ad amministratore giudiziario dell'avvocato Gaetano Cappellano Seminara in sette procedure liquidate con "lauti compensi"; "in cambio - ha detto Fresa - la Saguto riceveva l'ingiusto vantaggio del conferimento di incarichi di collaborazione in favore di suo marito, che lucrava il complessivo importo di oltre 750mila euro". Secondo il Pg gran parte delle vicende a lei contestate sarebbero “pienamente” provate dalle intercettazioni telefoniche e ambientali disposte in sede penale e da testimonianze. “Nell'arco temporale del suo incarico - ha aggiunto - non vi è stato giorno in cui la Saguto non abbia compiuto un illecito disciplinare" e le sue condotte, "sintomatiche di un vero e proprio sistema di potere gravitante su di lei", "sono state improntate alla violazione dei doveri di correttezza, diligenza, riserbo e equilibrio".
Questo modus operandi, secondo l’accusa, impone di mandarla via dalla magistratura “perché mina la sua credibilità, indispensabile per poter continuare a svolgere con il necessario prestigio le funzioni giurisdizionali in qualsiasi sede giudiziaria".
Oggi la parola passa alla difesa del giudice, dal 2015 già sospesa dalle funzioni e dallo stipendio, che si è sempre proclamata innocente. Per la sentenza molto probabilmente si dovrà aspettare qualche giorno in quanto la Sezione disciplinare ha deciso di portare avanti contemporaneamente i procedimenti che riguardano altri magistrati coinvolti nello stesso caso, Tommaso Virga, Fabio Licata, Lorenzo Chiaromonte e Guglielmo Muntoni. Solo alla fine di tutto i giudici si riuniranno in camera di consiglio per le sentenze.

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