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mori docufilm am crespidi Lorenzo Baldo
Il lancio di agenzia è laconico: “Sarà proiettato mercoledì 17 gennaio, alle 11, nella Sala Mattarella di Palazzo dei Normanni, a Palermo, il docufilm ‘Generale Mori - Un’Italia a testa alta’ di Ambrogio Crespi. L’iniziativa è stata promossa dall’assessore regionale ai Beni culturali Vittorio Sgarbi in collaborazione con il presidente dell’Ars Gianfranco Micciché. La proiezione sarà preceduta da un incontro al quale, oltre a Sgarbi e Micciché, saranno presenti il generale Mario Mori e il colonnello Giuseppe De Donno”. Immediati arrivano i commenti politici. “Questa è una autentica vergogna - afferma Fabio Granata, tra i fondatori del movimento ‘Diventerà Bellissima’ del governatore Nello Musumeci - mentre il processo sulla Trattativa entra nella fase più delicata questa farsa disonora il Parlamento e la politica siciliana. Di questo passo altro che bellissima diventerà. Penso a Paolo Borsellino e questo non è accettabile”. Dello stesso avviso l’ex candidato alla presidenza della Regione per il Movimento 5 Stelle, Giancarlo Cancelleri: “E’ una vergogna, con tutto il garantismo che vogliamo, resta il fatto che Mori è imputato in un processo importante per l'Italia e la Sicilia. Qui siamo all'assoluzione preventiva. Sgarbi non è nuovo a queste iniziative e adesso trova la sponda del presidente dell'Ars. Sgarbi e Micciché fanno revisionismo e lo fanno nel Parlamento: adesso vediamo se il presidente della Regione, nonché ex presidente della commissione Antimafia, starà ancora in silenzio. Perché così Sgarbi e Micciché sono il gatto e la volpe e Musumeci il pinocchio che si fa abbindolare”. Dal canto suo Sgarbi contrattacca difendendo ulteriormente Mori con lo scudo della “presunzione di innocenza” e ricordando che quel film è già stato proiettato alla Camera dei Deputati. Fin qui la cronaca dei fatti. Ma è dietro le quinte che i burattinai continuano a muovere i fili. Che reggono le mani di Vittorio Sgarbi quando organizza un simile evento in piena requisitoria al processo sulla Trattativa Stato-mafia? Chissà. Certo è che il neo assessore ai Beni culturali della Regione Sicilia continua a trarre linfa vitale dalle polemiche che egli stesso solleva all’interno di un gioco perverso con i media. E di questo vi è ampia traccia a partire dagli anni ‘90 quando attaccava e delegittimava impunemente il pool antimafia guidato da Gian Carlo Caselli, fino ai giorni nostri quando decide di vomitare insulti e menzogne nei confronti del pm Nino Di Matteo e del processo sulla Trattativa. Magari il burattinaio che manovrerebbe il famoso critico d’arte per destabilizzare il clima attorno all’aula bunker dell’Ucciardone, dove un pezzo di Stato “infedele” è alla sbarra assieme a mafiosi e pentiti, sa bene di trovare terreno fertile in un contesto sociale per troppi aspetti pavido e complice? Non ci è dato sapere. E’ solo farina del suo sacco? E chi lo sa. Di sicuro il gravissimo segnale che giunge attraverso questa indebita proiezione si materializza in un Paese anestetizzato dalla stragrande maggioranza dei mezzi di informazione. Che sono sempre più funzionali ad un sistema di potere. Il quale, salvo rarissime eccezioni, censura l’informazione evitando accuratamente di dare spazio alla requisitoria del processo sulla Trattativa. E questo perché? Forse perché in questo processo emerge chiaramente il ruolo ambiguo del generale Mario Mori, il cui “modus operandi” è “stato, da sempre e per sempre, ‘Oltre’ o ‘Contro’ le leggi e le regole”? Meglio forse non parlare di quando Mori è stato allontanato dal Sid (il servizio segreto dell’epoca) “nel più breve tempo possibile”, così da evitare la sua ingombrante presenza a Roma “fino alla fine del processo Borghese”? Meglio non parlare dei suoi possibili rapporti con la P2 di Licio Gelli e con il mondo sommerso dell’eversione nera?
Massì, meglio parlare dell'"eroe", così come recita l’incipit pubblicitario del film sulla sua vita, partendo dalla “nascita dei Ros e del nuovo ‘metodo’ per la lotta alla mafia, gli arresti eccellenti, fino alle dolorose vicende giudiziarie che lo hanno coinvolto e da cui è uscito totalmente innocente”. E se in questo caso nessuno contesta l’assoluzione confermata dalla Cassazione in merito alla mancata cattura di Provenzano, su cui però gravano parecchie ombre, restano intatte le tante zone d’ombra su cui questo processo sta facendo luce. E in un Paese “pinocchio” come L’Italia che si fa? Chissenefrega della requisitoria: organizziamo la proiezione del film su Mori a Palermo durante il processo e infine programmiamo la messa in onda del film a marzo - sempre durante il processo - sulle reti Mediaset! Così spieghiamo agli italiani che Mario Mori è un eroe, un salvatore della Patria, un martire, un vero servitore dello Stato. Chi vuoi che si lamenterà? Quegli stessi elettori che hanno portato Sgarbi a diventare assessore? Quegli altri che guardano la partita dagli spalti, magari lamentandosi pure, ma che non muovono un dito per cambiare lo stato delle cose? O un presidente della Regione che spedisce gli inviti ufficiali alla presentazione di questo film, che immancabilmente chiariscono da che parte sta in questo gioco pericoloso nel quale si mandano segnali obliqui verso chi è impegnato in questo processo? E allora, se ancora esiste un popolo capace di indignarsi è bene che con ogni mezzo democratico faccia sentire la sua presenza. Prima che il vuoto che avanza lo possa ingoiare definitivamente.

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