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roberti franco web1di Miriam Cuccu
Il procuratore nazionale antimafia: “Serve maggiore collaborazione e cooperazione internazionale”
Troppo a lungo, secondo il Procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, la Sacra Corona Unita è stata considerata “una ‘mafia da serie B’”, in particolare “questa efferatissima forma di criminalità foggiana”. Le autorevoli dichiarazioni arrivano proprio a seguito dell’agguato nel quale è stato ucciso un boss mafioso insieme ad altre tre persone.
Per Roberti, infatti, si tratta di una criminalità organizzata particolarmente crudele e impenetrabile, arcaica e “con un Dna quasi primitivo” che, anche se ancora non evoluta come Cosa nostra, ‘Ndrangheta e Camorra, è capace di sferrare veri e propri attacchi che sfociano in bagni di sangue. E, allo stesso tempo, senza che si registri nessuna collaborazione con la giustizia da parte dei suoi affiliati, i cui legami, continua il magistrato, “sono molto stretti e improntati alle forme di violenza più cruenta” all’interno di quella che viene descritta “una società autonoma”. Dall’inizio del 2017, infatti, sono stati 20 i morti ammazzati. Il procuratore nazionale evidenzia inoltre che, da trent’anni a questa parte, le faide tra i clan non si sono ancora fermate, con 300 omicidi dei quali l’80% è rimasto impunito.
La natura primordiale della mafia foggiana si manifesta con attacchi come questi, ma anche con la tipologia degli affari criminali perseguiti - dice ancora Roberti -. Mentre infatti ‘Ndrangheta e Cosa nostra si arricchiscono con la corruzione e la collusione con i corrotti, stringendo patti con i cosiddetti colletti bianchi, nel foggiano tengono banco soprattutto il traffico di sostanze stupefacenti e l’estorsione. Quest’ultima è peraltro spesso legata alle attività turistiche sul Gargano”.
Nonostante ciò, sottolinea il procuratore nazionale antimafia, “c’è un’attenzione particolare dello Stato” e “lo dimostrano anche alcuni interventi per arginare il fenomeno mafioso” come la “creazione a Foggia di una sottosezione dei Ros”, il Reparto operativo speciale dei carabinieri. Nei confronti della Sacra Corona Unita, aggiunge, “si sono già svolti processi in corte d’Assise” e “l’attenzione resta alta” così come gli sforzi investigativi.
Naturalmente, spiega il magistrato, “bisogna fare di più, anche sul piano della cooperazione internazionale per frenare i fiumi di droghe leggere che arrivano dall'Albania, perchè sono quelli che stanno scatenando la faida. Siamo andati in Albania nei mesi scorsi a chiedere cooperazione, abbiamo incontrato a Roma il Ministro degli Interni albanese che ha promesso maggiore collaborazione. Bisogna vincere l'omertà e per farlo bisogna creare una cultura della legalità che in quel territorio è ancora molto latente. Il Procuratore capo di Bari, Giuseppe Volpe, fa benissimo a invocare maggiore collaborazione da parte dei cittadini", afferma quindi il Procuratore nazionale antimafia. Ma "per avere collaborazione bisogna dimostrare che si incide efficacemente con le indagini e per questo - prosegue Roberti - servono più presidi di polizia, più professionalità nelle forze di polizia. Bisogna mandare in quel territorio il meglio delle professionalità investigative, lo ha detto recentemente la Presidente della Commissione Antimafia e io lo condivido perchè se questa è una priorità, e non c'è dubbio che il contrasto alla criminalità foggiana sia una priorità assoluta, allora bisogna mettere in campo il meglio delle risorse".
Purtroppo, conclude Roberti, "nell'ultimo processo importantissimo che si è celebrato a Foggia, condotto dalla Procura Distrettuale di Bari per una catena enorme di estorsioni, non si è registrata la partecipazione della società civile. Il Comune di Foggia non si è nemmeno costituito parte civile del processo e questo è un segnale estremamente negativo che va stigmatizzato".

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