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di matteo ministero giustiziaInput per l’applicazione al processo trattativa
di Aaron Pettinari
Il pm di Palermo Nino Di Matteo, nominato dal Csm sostituto procuratore alla procura nazionale antimafia, entro il prossimo 15 giugno prenderà possesso del nuovo ufficio. A dare la notizia è stato il sito di Repubblica Palermo. Una decisione opposta rispetto a quanto lo stesso ministero di Piazzale Europa aveva preso lo scorso aprile quando aveva disposto per il magistrato il "posticipato possesso" fino a dicembre. Ad avanzare la richiesta era stato il procuratore capo di Palermo, Francesco Lo Voi, con tanto di parere favorevole del Procuratore nazionale Franco Roberti, con motivazioni relative alle esigenze organizzative dell'ufficio e per motivi di sicurezza.
Commentando quella decisione il pm, titolare dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, aveva commentato: “Questa procedura mi impedisce di fatto di prendere possesso delle mie nuove funzioni. Ero e rimango convinto che ci fossero gli strumenti idonei a coniugare il mio diritto a essere trasferito nella nuova sede con le esigenze di assicurare la continuità del mio lavoro nel processo Trattativa. Ma si è preferito trattenermi ancora a Palermo”.
L’inversione di rotta sarebbe avvenuta dopo una nota del Procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato che ha espresso delle riserve sul provvedimento adottato. Così il ministero ha revocato il provvedimento comunicando che Di Matteo dovrà prendere possesso del suo nuovo ufficio, a Roma, entro il prossimo 15 giugno. Non solo. Il ministero, nel documento, indica anche la possibilità dell'applicazione, per consentire al magistrato di completare il processo Stato-mafia.
Era stato proprio il pm palermitano a suggerire, al momento della nomina, l’applicazione al processo che si celebra di fronte alla corte d’Assise: “Il mio intendimento di finire questo percorso l’ho manifestato da tempo ed ho colto anche una certa disponibilità da parte del Procuratore nazionale antimafia. Adesso sta al Procuratore di Palermo attivare ufficialmente la procedura per l’applicazione. Io credo che ci sia questa possibilità. E’ previsto dalle leggi che regolamentano la Dna l’applicazione a singoli processi e a singole indagini e mi auguro che ciò avvenga anche in questo caso. Se mi occuperò anche di altre indagini sulla lotta alla mafia in Sicilia dipenderà dal Procuratore nazionale antimafia. La mia esperienza è maturata in questa terra con indagini sulle stragi, le cosche siciliane ed i rapporti di Cosa nostra con la politica e le istituzioni. Spero che la mia esperienza possa essere utile anche al nuovo ufficio”.
Eppure questo strumento era stato inizialmente negato seguendo l’assurda-logica per cui “l’applicazione” del magistrato, con i periodici spostamenti Palermo-Roma, sarebbe stata più rischiosa della sua permanenza per i prossimi sei mesi nel capoluogo siciliano. Come se non fossero mai esistite le dichiarazioni dei pentiti sul progetto di attentato nei suoi confronti, mai revocato, con oltre centocinquanta chili di tritolo nascosti a Palermo.
Ora, a disporre l’applicazione, visto anche l’input del ministero della giustizia, una volta sentito il procuratore capo di Palermo, dovrebbe essere il Procuratore nazionale Antimafia Franco Roberti. Stavolta però, non dovrebbero esserci ulteriori ostacoli. Ma il condizionale, viste le vicissitudini degli ultimi anni tra mancate nomine e clamorose bocciature, è assolutamente d’obbligo.

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