di Aaron Pettinari - Video
Il giorno del 13° anniversario la certezza: “A Roma si indaga per omicidio”
Due notizie riaccendono la speranza che la famiglia di Attilio Manca, il giovane urologo di Barcellona Pozzo di Gotto trovato morto il 12 febbraio 2004 in circostanze più che misteriose, possa avere giustizia. La prima è che la Dda di Roma ha aperto un fascicolo contro ignoti per omicidio. La seconda è che c'è un nuovo collaboratore di giustizia che non solo fa i nomi di chi avrebbe commesso quel delitto, ma spiega anche il motivo per cui Manca è stato ucciso: sapeva troppo sulla latitanza di Bernardo Provenzano. A riferire le novità, che hanno rianimato le speranze di mamma Angelina, papà Gino ed il fratello Gianluca Manca, è stato il legale Antonio Ingroia tra i primi ad intervenire all’incontro-dibattito “…e se Attilio fosse tuo fratello?”, organizzato dall'ANAAM (Associazione Nazionale Amici Attilio Manca), che si tiene a Barcellona Pozzo di Gotto in occasione del 13° anniversario dalla morte dell’urologo.
“Quella su Manca è una verità che è rimasta cancellata troppo a lungo – ha ribadito l'ex pm – Ora Per la prima volta vediamo uno spiraglio per il futuro dopo che per anni ci siamo scontrati con un muro di gomma. Il 2017 può essere l'anno della svolta. Magari ci saranno anche docce fredde e delusioni ma gli elementi raccolti fin qui possono far sperare. Personalmente credo che quest'ultimo collaboratore di giustizia non abbia raccontato frottole. Ovviamente la Procura ora dovrà verificare i riscontri. Le sue dichiarazioni si aggiungono a quelle di altri pentiti che confermano il contesto. Adesso non resta che attendere l'esito di queste indagini, tenendo sempre alta la guardia. E se non verrà fatto tutto quel che deve essere fatto denunceremo gli eventuali insabbiamenti”.
Ottimismo
A guardare avanti con fiducia anche il legale storico della famiglia Manca, Fabio Repici: “Le ultime novità sono importanti ma sono altrettanto convinto che la svolta vera potrà venire solo da Barcellona Pozzo di Gotto. Ci sono circostanze che poco a poco emergono e diventano significative. Basta ricordare le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che hanno già parlato. Penso al pentito dell'area dei Casalesi, Setola, che pur successivamente tornando sui suoi passi ha riferito di aver appreso certe cose parlando con un capomafia di Barcellona Pozzo di Gotto. Dell'omicidio Manca ha sempre parlato Carmelo D'Amico, il principale collaboratore di giustizia di quest'area. E sicuramente altri ne arriveranno”.
Per spiegare il proprio ottimismo Repici ha messo in evidenza recenti accadimenti giudiziari, come la condanna in via definitiva dell'ex Procuratore Generale di Messina, Franco Cassata. “Sembra incredibile che si sia arrivati ad avere giustizia contro un uomo così potente. Un soggetto che ha infangato con un documento anonimo la memoria di Adolfo Parmaliana. Se a Barcellona è avvenuto un miracolo come questo contro il più potente dei cittadini barcellonesi ritengo che sia assolutamente un dovere essere ottimisti. Certo, è vero che potremo dover mandar già bocconi amari. Ma in questi anni abbiamo fatto allenamento su altre vicende di omicidio come Graziella Campagna, Beppe Alfano, Adolfo Parmaliana ma alla fine, nonostante tutte le docce fredde alla fine la verità si mise in marcia inarrestabile. E sarà così anche per Manca”.
Il grido delle Vittime di Mafia
Una dopo l'altra si sono susseguite le testimonianze dei relatori, sapientemente coordinate dal giornalista scrittore Luciano Armeli lapichino (autore del libro "Le vene violate"). Accanto alla famiglia Manca, oltre ai rappresentanti delle Associazioni Libera, Scorta civica ed Agende Rosse, altri familiari di vittime di mafia. A Barcellona c'erano Brizio Montinaro, Luciano Traina, Vincenzo, Augusta e Flora Agostino, ed i familiari di Graziella Campagna. Uniti nel dolore ma anche nel grido di verità e giustizia verso fatti che ancora restano oscuri in questo paese.
“E' possibile che siamo in una nazione con così tanti scheletri negli armadi – ha detto con forza Vincenzo Agostino – Io non ci sto. E quasi mi vergogno di essere Italiano”. Una richiesta di giustizia ribadita da Gianluca Manca, fratello di Attilio: “Finché non abbiamo prove certe e provate che Attilio non si sia mai imbattuto in Bernardo Provenzano noi non smetteremo di chiedere verità. Abbiamo parole di pentiti che determinano che mio fratello è stato ucciso da personaggi discutibili di questo Paese, di questa cittadina che non è scevra da condizionamenti mafiosi. Ci sono elementi seri che dimostrano come l’ombra del boss Bernardo Provenzano, e della latitanza che doveva essere preservata a tutti i costi, entri in questa storia”. Gianluca Manca mette in evidenza l'assurda classificazione della morte di Attilio come un “suicidio” di un “drogato”: “Noi nelle siringhe pensavamo di trovare le impronte, invece no. Le siringhe sono pulite. La Procura di Viterbo dice che quelle siringhe sono pulite perché sono siringhe per l'insulina, così piccole che è normale non trovare tracce. Ma un tecnico del diritto sa che non è vero tanto che per trovare un'impronta basta una semplice penna. Finché avrò fiato griderò la mia vergogna e che ci sono soggetti che portano la toga in modo indignitoso”.
Le risposte della politica e il dovere della magistratura
La ricerca della verità e giustizia, ovviamente, passa dall'operato della magistratura, ma anche quello della politica che comunque può dare importanti risposte. Giulia Sarti, membro della Commissione parlamentare antimafia lo ha spiegato chiaramente dicendo che “Molte volte in questi anni in ci siamo scontrati con la parola depistaggio. Quanta fatica c'è da parte dei familiari contro la concretezza di depistaggi terrificanti che ci sono stati. Noi in Commissione antimafia abbiamo sentito la famiglia Manca, abbiamo ascoltato Repici ed Ingroia ed anche i magistrati di Viterbo.
Il processo che si tiene a Viterbo sembra avere un solo obiettivo che non è neanche quello di depistare ma di dimostrare che Attilio Manca sia un tossicodipendente. Viene dato valore a certi personaggi anziché a quei colleghi che sono stati con Attilio per anni, e a quelle persone che l'hanno conosciuto davvero e che negano questa circostanza. In commissione abbiamo acquisito i verbali d'esame. Ora però si è tutto fermato. Si è interrotta questa ricerca della verità che poteva essere di importante aiuto per la magistratura. La Commissione antimafia ha i medesimi poteri della magistratura salvo che disporre intercettazioni o arresti. E noi dobbiamo andare avanti anche su questo fronte”.
Secondo l'ex sostituto procuratore generale di Messina, Marcello Minasi “l'assassinio di Attilio Manca come uno degli episodi della trattativa. Penso che lui sia stato 'adoperato' per operare Provenzano, o per preparare, nell'assoluto segreto, questa operazione. La morte dell'urologo si configura come uno dei tanti assassinii di Stato e anche mafioso che abbiamo avuto. Penso a Portella della Ginestra, la morte di Pisciotta, Mauro De Mauro, Mattei, Rostagno, Ilaria Alpi, l'agente Agostino, Graziella Campagna... Come Graziella trova per caso un pizzino del boss e poi viene prelevata ed uccisa, così Attilio viene costretto ad operare Provenzano e poi viene ucciso per quello che sapeva e che non doveva dire”. Minasi ha poi ribadito il suo sdegno per l'azione dell'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che qualche tempo fa ha sollevato un conflitto di attribuzione contro il pool che indaga sulla trattativa per le sue telefonate con Nicola Mancino.
Dell'importanza di una lotta sociale ha poi parlato l'ex sindaco di Barcellona Maria Teresa Collica: “Non si può far finta di nulla e credere che la mafia non ci sia nel nostro territorio. Lo dicono chiaramente gli atti giudiziari e si parla di come la criminalità organizzata ora abbia cambiato volto. Per questo si deve conoscere questa nuova mafia con la faccia pulita e si devono prendere le distanze”. Un concetto ribadito anche dal sindaco di Messina Renato Accorinti, intervenuto via Skype.
Impegno civile
Successivamente a prendere la parola è stato Lorenzo Baldo, vicedirettore di ANTIMAFIADuemila ed autore del libro edito da Imprimatur, “La mafia ordina - Suicidate Attilio Manca”. “E' importante che ognuno si faccia carico del grido dei familiari di vittime di mafia nella pretesa di verità e giustizia – ha detto – solo così possono cambiare le cose. Tra un anno valuteremo quel che sarà stato fatto dalla Procura di Roma. Una Procura che ora ha una grande responsabilità, vagliare i riscontri dei pentiti che in questo momento dicono la stessa cosa, ovvero che Attilio non è morto per droga. Ma c'è dell'altro. C'è il dovere di sondare fino all'ultimo millimetro prima di chiedere un'archiviazione per insufficienza di prove. E come società civile, come cittadini, facendo il nostro dovere è importante pretendere verità per far sì che non vi siano altri casi Attilio Manca, o altri casi Nino Agostino”.
Infine ha preso la parola il direttore di ANTIMAFIADuemila, Giorgio Bongiovanni che ha puntato il dito contro il sistema che in questo momento condiziona la democrazia del nostro Paese: “C'è una cabina di regia, formata da personaggi della massoneria, delle banche, del Vaticano delle organizzazioni criminali e della politica. Per far si che sia un anno di svolta è importante il contributo di tutti. Guardando alla politica si deve pretendere il coraggio di sfidare il Sistema criminale”. E poi ancora: “Il problema non è solo l'Italia, ma il sistema criminale economico mondiale. Chi si trova al vertice della politica in questo momento è a questi soggetti che deve rendere conto. Poi ci sono le anomalie come il dottor Di Matteo, il dottor Lombardo, il dottor Gratteri ed altri ancora che il sistema vuole colpire ed eliminare. La morte di Attilio Manca avviene perché lui viene ritenuto un soggetto scomodo che magari può riconoscere qualche funzionario di Stato che si trovava con Provenzano e che lo ha protetto. Così lo uccidono anche per dare un segnale e dimostrare che tanto loro saranno coperti comunque dallo Stato”. Bongiovanni ha ribadito la necessità che la politica metta “al primo punto dell'agenda politica la lotta alla mafia. Perché la criminalità organizzata, la corruzione, il riciclaggio di denaro sporco hanno messo in ginocchio al nostro Paese. Poi si deve avere il coraggio di tirare fuori gli scheletri dall'armadio, appoggiando quelle anomalie che ci sono nella magistratura e che cercano la verità. Anomalie come il magistrato Di Matteo. Un eventuale attentato nei suoi confronti può essere un tentativo di golpe per fermare forze nuove che possono salire al potere. Il sistema criminale può ricorrere alle bombe come ha sempre fatto e noi non lo possiamo permettere”.
La forza di Angelina
La conclusione, ovviamente, è di Angelina Manca che da una parte ha lanciato un ringraziamento ai tanti presenti giunti da più parti d'Italia ("Siete voi la mia forza, voi che mi sostenete e mi date coraggio per andare avanti"), dall'altra ha lanciato un appello alle Istituzioni affinché si rompa il silenzio e si sostenga anche la causa di suo figlio Attilio: "Questa sera per la prima volta si è parlato di omicidio. Mi auguro che tutte le testate giornalistiche della Nazione, che fino ad ora non hanno dato spazio a questa vicenda o l'hanno raccontata solo in parte, raccontino le novità che abbiamo appreso oggi. Dicano che è stata aperta un'indagine per omicidio. Mi auguro anche che inizino le indagini, che possano portare risultati. Barcellona Pozzo di Gotto è una città che si trova sotto una cappa mafio-massonia che cotninua a tornare. Gli interessi economici mafiosi si stanno spostando in questa città. E' importante che si facciano indagini serie su questo perché noi non possiamo più accettare tutto questo. Mi auguro infine che le figure istituzionali, il Presidente della Repubblica Mattarella, la Boldrini, Grasso, che in questi giorni hanno espresso la solidarietà giustamente per Giulio Regeni facciano sentire la propria voce anche per la famiglia Manca. Anche Attilio è un cittadino italiano ed è stato ucciso in un omicidio di Stato-mafia. Noi faremo di tutto affinché sia fatta giustizia".
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