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ciampi c ap photo luca bruno filesScalfaro era “molto preoccupato” dopo le perquisizioni nella sede romana del partito di Berlusconi
di Aaron Pettinari
Non ci sono solo gli appunti sul cambio dei vertici del Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) e le considerazioni immediatamente successive agli attentati del 1993 nelle agende dell'ex Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, lo scorso dicembre depositate al processo trattativa Stato-mafia. Il periodo di interesse che la Corte d'assise presieduta da Alfredo Montalto ha acquisito è quello che va dal 28 aprile 1993 al 10 maggio 1994 e nelle annotazioni dell'ex Capo dello Stato, oggi deceduto ed al tempo Presidente del Consiglio, compaiono dei riferimenti espliciti ad altre vicende avvenute in quegli anni e che possono sicuramente suscitare interesse nell'ambito del processo in corso.

Ricordando Fulci: Falange Armata, stragi e servizi
In data 20 settembre '93 Ciampi scrive di un colloquio avuto con il presidente del Tribunale di Roma in ordine alla questione Francesco Paolo Fulci, ex capo del Cesis e poi Ambasciatore dell’Italia presso le Nazioni Unite: “A domanda preciso che F. me ne ha parlato (prima di incontro con Federici) ma senza fare nomi. Invito ad approfondire”. Cosa aveva saputo l'ex Premier? Con ogni probabilità Fulci potrebbe aver riferito anche a Ciampi quanto aveva appreso durante il periodo vissuto come segretario generale del Cesis. Sentito al processo trattativa nel giugno 2015 aveva rilasciato delle dichiarazioni roboanti su due fatti.
Il primo riguardava l'esistenza di due cartine geografiche mostrategli da un suo fidato analista, nell'ambito di un'indagine sulla sigla eversiva “Falange Armata”, spesso utilizzata per rivendicare stragi ed omicidi eccellenti. Ebbene nella prima vi erano i luoghi da cui partivano le telefonate di rivendicazione mentre nella seconda erano segnate le ubicazioni delle sedi periferiche del Sismi. Nel ricordo dell'ex Ambasciatore quelle due cartine erano perfettamente “sovrapponibili”.
Il secondo dato che Fulci aveva ricordato, rispondendo alle domande dei pm, riguardava una seconda indagine del Cesis con l'obiettivo di verificare se nei giorni delle stragi del ’93 di Roma, Firenze e Milano agenti dei Servizi segreti si fossero trovati nei paraggi dei luoghi degli attentati.
Quando cessò il mio incarico al Cesis andai a New York come Ambasciatore dell’Italia presso le Nazioni Unite. Lessi sul News York Times che c’erano stati attentati a Roma Firenze e Milano e siccome c’era scritto che erano ad opera di servizi deviati chiesi l’autorizzazione e mi misi in contatto a Milano con il comandante generale dei Carabinieri Federici dicendo che si poteva verificare se c’entravano i Servizi. Diedi un elenco di 15 persone dei servizi che erano abilitate a utilizzare esplosivo così da verificare se erano in servizio. Perché Federici? Perché lo conoscevo bene e sapevo che avrebbe fatto questi accertamenti così da scagionare i servizi da ogni responsabilità”. “Quei 15 nominativi - aggiungeva sempre Fulci - erano dell’Ossi (acronimo di Operatori speciali servizi italiani, ndr), del Sismi. Il giudice Casson insistette con Andreotti per conoscere questi nominativi che mi furono dati proprio per darli a Casson. Mi fu detto che esisteva questa cellula che aveva scortato anche Craxi, e i nomi mi vennero dati dal generale …”.
Ai pm aveva anche dichiarato che l'ex Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, venne fatta la richiesta esplicita di fornire quei nominativi all’ex capo della Polizia Vincenzo Parisi.
Adesso, però, grazie alle agende di Ciampi, sembrerebbe che anche quest'ultimo ed il Presidente del Tribunale di Roma erano in qualche maniera informati. Che fine ha fatto quell'indagine?
In un'altra annotazione, del 28 settembre 1993, l'ex Presidente del Consiglio annota un colloquio con il Presidente della Commissione Stragi in cui si parla proprio della Falange Armata: “A) richiama attenzione su Falange Armata (a suo dire sottovalutata) B) fra qualche giorno la Commissione ascolterà Pippo Calò”.

Berlusconi, P2 e Forza Italia
Dal 1993 si passa poi al 1994. La fine delle stragi si era già compiuta con il fallito attentato allo stadio Olimpico, di cui spiegherà i dettagli Gaspare Spatuzza soltanto dopo la sua collaborazione con la giustizia, e il 26 gennaio 1994 sarà il giorno della “discesa in campo” di Silvio Berlusconi all'interno del panorama politico. Le elezioni, che avranno luogo tra il 27 ed il 28 marzo, saranno turbate di fatto alla vigilia (il 23 marzo 1994) dalle perquisizioni delle sedi di Forza Italia a Roma e Milano.
Queste erano avvenute su ordine del pm Maria Grazia Omboni, nell'ambito dell'inchiesta sulla Massoneria portata avanti dalla Procura di Palmi, dove all'epoca era stata distaccata. Contestualmente alla perquisizione era stata anche ordinata l'acquisizione su tutto il territorio nazionale degli elenchi dei presidenti dei Club Azzurri e dei candidati. In quella data, dove si terrà anche un Consiglio dei ministri, l'agenda di Ciampi è piena di annotazioni. In particolare l'ex premier appunta: “verso le 12.45 Scalfaro, molto preoccupato mi telefona in relazione a acquisizione documenti presso Forza Italia in Roma. Attivo Conso per contenere il danno. Faccio comunicato stampa (che leggo a Scalfaro). Telefono anche a Mancino (che è in Campania)”. E' infatti quello un giorno frenetico. Le agenzie di stampa riportano un comunicato della presidenza del Consiglio in cui si scrive che “Al termine del Consiglio dei ministri il presidente Carlo Azeglio Ciampi, informato della richiesta di acquisizione di documenti nella sede di Roma di Forza Italia ha incontrato il ministro della giustizia Conso 'esprimendogli la piu' viva preoccupazione e richiamando il dovere per tutti che, in questo delicato e importante momento della vita nazionale, si evitino iniziative che possano turbare la campagna elettorale'”.
In quello stesso giorno, così come annota Ciampi nell'agenda (informato da Gifuni), interverrà anche Scalfaro, presiedendo una seduta pomeridiana del plenuim del Csm.

Le parole di Scalfaro al Csm
Un discorso, quello dell'allora Capo dello Stato in cui da una parte si lanciavano strali contro gli accusatori (“Guai a mettere solo in forse i meriti della magistratura in questo periodo delicato della vita della Repubblica”) dall'altra si bacchettavano i pm che avevano ordinato la perquisizione. "I magistrati - sosteneva - non devono badare ai tempi nella loro attività, ma, nello stesso tempo, non possono essere fuori dai tempi”. E poi concludeva: “Nel momento in cui si parla di massoneria, il discorso diventa un po' delicato...O nasce qualche norma per cui l'iscrizione alla massoneria è un fatto illecito o c'è gia' la certezza che si tratti di quelle massonerie deviate, qualcuna delle quali, vedi P2, hanno avuto accertamenti, leggi di scioglimento, dibattiti di ogni tipo e qualche tentativo, e non solo tentativo, di resurrezione. Perché bisogna dire le cose come la realtà ce le presenta”. E sulla perquisizione compiuta su ordine della Procura di Palmi si domandava: “Qual'è l'illecito? Ad un certo momento sembrava che si parlasse di una connessione su temi di massoneria. D'altra parte, per una richiesta di questo genere io credo che il presupposto di qualcosa di illecito ci debba essere. Perché se poi fosse solo su una raccolta di dati saremmo su un binario certamente morto. Ma se per caso si trattasse di un'indagine per qualche illecito, come mai, per esempio, questo non riguarda tutti i candidati in lizza in questi giorni e come mai si concentrano esclusivamente su un settore?”.

Quell'indagine su Berlusconi
Ma quali erano le preoccupazioni delle più alte cariche dello Stato in quel delicatissimo momento storico che segnerà il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica? Perché, dal Capo dello Stato in giù, c'era la necessità di intervenire così pesantemente, con tanto di richiesta di provvedimenti disciplinari, su un'inchiesta giudiziaria tanto delicata come quella sulla massoneria deviata?
Forse le reali proccupazioni erano altre ed è la stessa agenda di Ciampi a fornire una chiave di lettura. Ben prima dell'esplosione del “caso Omboni”, infatti, l'ex Presidente del Consiglio, in data 7 marzo 1994, annota un colloquio con l'allora ministro del Tesoro, Piero Barucci: “B. mi accenna molto confidenzial., di indagine avanzata su legami mafia, P2, Berlusconi”.

Foto © AP Photo/Luca Bruno, files

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