Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

dia calabriadi Miriam Cuccu
Deep web e bit coin, il futuro è virtuale

Il contrasto alla 'ndrangheta paga pegno per “decenni di sottovalutazione, specie all'estero” della forza economica, militare ed imprenditoriale delle cosche calabresi. È questa una delle considerazioni della Direzione investigativa antimafia nella relazione relativa al primo semestre del 2016. L'idea che è stata scardinata “dall'immaginario collettivo”, infatti, "è quella di un crimine calabrese considerato minore e invece capace di espandersi, crescere, ramificarsi e occupare nuovi spazi: un cono d’ombra che è stato l’humus ideale per arricchirsi, specie nel Nord del Paese”.
Le inchieste giudiziarie che hanno caratterizzato il semestre - ripercorre la Dia - confermano l’andamento già registrato negli anni precedenti e che vede le cosche in grado di intessere profonde relazioni con soggetti corrotti degli apparati istituzionali e con professionisti piegati alle logiche mafiose. La duttilità operativa fuori Regione dell’organizzazione deriva, infatti, dalla commistione tra le professionalità maturate, soprattutto nel Nord del Paese, da affiliati di nuova generazione - diretta espressione delle famiglie - e professionisti attratti consapevolmente alla ‘ndrangheta”. Si tratta, ha specificato la relazione, di un vero e proprio “connubio tra cosche e professionisti, specie di quelli operanti in settori ad alta redditività - come la grande distribuzione, l’immobiliare e quello turistico-alberghiero  e i forti addentellati con esponenti della pubblica amministrazione” che “hanno trovato ulteriori conferme con le operazioni Sistema Reggio e Fata Morgana”, e ”si affiancano, così, a quella che rimane la principale fonte di finanziamento, ossia il traffico internazionale di stupefacenti, e ad una pressante azione usuraria ed estorsiva”.

Globalizzazione e business della droga: 'Ndrangheta docet
Tra i Paesi sudamericani - noti per i traffici di cocaina - si collocano innanzitutto la Colombia, il Messico, con a seguire l’Argentina, il Brasile, il Costa Rica, l’Ecuador, la Guyana e la Repubblica Dominicana” dove “sono state incardinate basi logistiche e strutture operative che facilitano il rapido e continuo approvvigionamento di stupefacenti, anche attraverso la predisposizione di trasporti sicuri, spesso attuati celando i carichi di droga tra le merci e le derrate alimentari destinate al Nord America e all’Europa”.
Significativo il coinvolgimento nelle attività criminali - evidenzia la Dia - di un potente cartello del narcotraffico che assicurava il passaggio della droga ai Los Urabenos Bandas Criminales (BACRIM), i quali, a loro volta, provvedevano a farla uscire dalla Colombia. La cocaina passava per il Costa Rica, Panama e la Repubblica Dominicana, per essere infine trasportata, via mare, verso l’Europa e gli Stati Uniti”. In Canada invece, prosegue la relazione, proprio grazie a “consolidate ramificazioni in Europa, Stati Uniti d’America e America del Sud” la ndrangheta calabrese e le 'ndrine locali sarebbero “in grado di movimentare ingenti quantitativi di stupefacenti a livello internazionale”.
Dentro i confini nazionali, invece, la Dia segnala “il ruolo preminente e strategico del porto di Genova” per il narcotraffico, “sia in quanto infrastruttura intermodale rapidamente connessa ai mercati di consumo nazionali ed europei, ma anche per le accertate presenze, negli spazi doganali, di soggetti collusi in grado di dare supporto - al pari di quanto in precedenza segnalato per il porto di Gioia Tauro - alle cosche nella fasi di transito o sdoganamento dei container”.
Oltre al continente americano, si legge ancora, “propaggini strutturate di ‘ndrangheta sono presenti in Germania, Svizzera, Spagna, Francia, Olanda, nonché nel continente australiano” dove sono presenti “soggetti criminali italo-australiani di terza o quarta generazione”. In Germania le cosche “oltre a detenere il predominio nella gestione del traffico di sostanze stupefacenti, sfrutterebbero anche il territorio tedesco per il reinvestimento di capitali”, mentre è l'Olanda che “si conferma luogo di rifugio per latitanti”. E poi c'è Malta, paese “utilizzato dalle consorterie della ‘ndrangheta per riciclare i capitali di provenienza illecita”.

Di regione in regione
Quanto alle infiltrazioni sul territorio nazionale, aggiunge la Dia, resta degno di nota “il perdurare dell’opera di condizionamento ambientale, finanziario ed economico” e “la capacità delle cosche di replicare fuori Regione le strutture organizzative proprie della Calabria”, prova ne è “lo scioglimento per mafia del Comune di Brescello” nel reggiano, che rappresenta “la testimonianza più concreta della pervicacia di questa sinergia”. Proprio in Emilia-Romagna, si apprende, “le evidenze raccolte - non ultima l'operazione Aemilia e l'omonimo processo in corso - confermerebbero le mire delle cosche sul territorio, in grado di condizionarne gli apparati amministrativi e il tessuto economico-produttivo”. In Piemonte si accerta “una netta prevalenza delle articolazioni della ‘ndrangheta rispetto alle altre mafie” così come in Lombardia, territorio con “la più alta concentrazione di locali”. Al Nord Est, attenziona la Dia, “è reale il rischio che un’area a forte vocazione industriale come quella friulana, caratterizzata da un tessuto imprenditoriale costituito da piccole e medie imprese, possa subire, in un momento economico particolarmente delicato, l’infiltrazione da parte di ambienti criminali attraverso il ricorso ad una silente contaminazione del sistema produttivo”. In Friuli Venezia Giulia si segnala infatti negli ultimi anni la presenza “di soggetti legati a famiglie mafiose siciliane, ma anche a cosche calabresi”. Il Lazio, invece, resta “un'area particolarmente esposta - specie quella della Capitale - a forme di inquinamento del mercato immobiliare, commerciale e finanziario, nel quale riciclare o reimpiegare i capitali illeciti”. Si riscontrano inoltre “forme di collaborazione tra le cosche calabresi e il clan camorristico Contini” nonché la stipulazione di “accordi criminali” con “i sodalizi pugliesi”.

Scenari futuri: gestioni economiche “a monte” e deep web
E se possono essere azzardate previsioni future, conclude la relazione, queste si riferiscono alla “versatilità dell’operato delle cosche” in buona parte determinata “da una commistione tra le professionalità maturate da ‘ndranghetisti di nuova generazione e professionisti esterni, ma asserviti all’organizzazione stessa” che potrebbe portare, “specie fuori della Calabria e nel nome di sempre più sofisticate convergenze affaristico-mafiose, un progressivo superamento di quello che può essere definito come lo ius sanguinis ‘ndranghetista, senza per questo dover rinunciare al concetto di unitarietà, connaturato alle cosche”. A questo proposito “non appare, infatti, casuale lo spostamento dell’asse degli interessi delle ‘ndrine da singole realtà imprenditoriali o commerciali alla filiera della grande distribuzione commerciale” che potrebbe prefigurare “una strategia sostanzialmente analoga a quella già adottata nel traffico di stupefacenti”: quella di ”un affrancamento dalla gestione “a valle” - perché più esposta e meno remunerativa - per prediligere, di contro, la gestione “a monte” del settore economico da infiltrare, intercettando i gangli fondamentali della filiera”. In questo contesto, è l'allerta della Dia, “il deep web e strumenti di pagamento virtuali” potrebbero risultare “utili strumenti a disposizione della ‘ndrangheta, ma anche delle altre organizzazioni mafiose nazionali che sembrano rivolgersi ai business internazionali in maniera sempre più interconnessa”.

ARTICOLI CORRELATI

''Sistema Reggio'', scacco alle cosche del capoluogo calabrese

TAGS:

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos