di Lorenzo Baldo
Una vittoria. Sofferta, a tratti inaspettata, alla fine sopraggiunta con tutta la sua forza dirompente. Una conquista per tutti coloro che hanno difeso la Costituzione dall’assalto di spregiudicati burattini nelle mani di un sistema di potere. Sono bastate le proiezioni dei primi exit-poll, che via via diventavano dati definitivi, per ripensare a chi non si è risparmiato in questa folle campagna referendaria. Il primo pensiero è andato a Peppino Benincasa, 94 anni, sopravvissuto alla strage nazifascista di Cefalonia, venuto sotto una pioggia scrosciante di fine ottobre ad ascoltare il pm Nino Di Matteo in difesa della Carta costituzionale. In questo lungo flashback resterà l’immagine del presidente dell’Anpi, Carlo Smuraglia, 93 anni, che ha girato il Paese in lungo e in largo per denunciare con determinazione i rischi oggettivi per la democrazia di questa pseudo “riforma”. Ma a restare impressa nella memoria di questi mesi sarà soprattutto l’energia di quei cittadini indignati dalle menzogne di Matteo Renzi e della sua corte. E sono davvero tanti gli italiani capaci di organizzarsi senza potenti mezzi, uniti da un unico obiettivo: salvare la Costituzione. Nell’immaginario collettivo rimarrà ugualmente la fotografia di Anna Falcone, vicepresidente del Comitato per il No, incinta all’ottavo mese, che non si è risparmiata un giorno macinando chilometri su e giù per l’Italia tra dibattiti, incontri e interviste per proteggere il futuro di Maria Vittoria che ancora deve arrivare e per le nuove generazioni. “Andiamo a votare per il nostro ‘No’ costituente, è questo il nostro programma, è questo il nostro orizzonte - aveva affermato la Falcone tre giorni fa alla Festa della Costituzione del Fatto Quotidiano (al quale va dato atto di essere stato il più importante promotore dal punto di vista mediatico di questa battaglia) -, poi rivediamoci il 5 di dicembre perché la strada è ancora lunga e avremo bisogno di tutti i vostri sogni, di tutti i vostri progetti, di tutti i vostri talenti e la vostra energia per rifondare questo Paese diviso e dilaniato da una campagna referendaria che ha fatto emergere tutte le contraddizioni di un governo piegato ad interessi altri e ai veri fini dei burattinai che lo manovrano”. Il Paese è realmente dilaniato, per ricompattarlo serviranno le forze migliori: un impegno serio, progettuale, lontano da slogan e proclami. La Costituzione dovrà essere obbligatoriamente il punto di riferimento. Così come ci hanno ricordato in queste lunghe settimane eminenti costituzionalisti, magistrati, sindacalisti, intellettuali e attivisti. Un evidente banco di prova per i Cinque stelle, in primis. Che, consapevoli dei limiti e delle contraddizioni al loro interno, dovranno dimostrare di essere all’altezza delle forti aspettative che hanno generato in questi mesi. Un banco di prova per chiunque intenda mettersi in gioco al servizio della collettività abbandonando mere logiche di partito. Le incognite sono molte. E riguardano anche i ruoli che rivestiranno in futuro i principali partiti politici: dal Pd a Forza Italia, fino alla Lega. Tenere alta l’attenzione per evitare pericolose ricadute a discapito della democrazia sarà l’imperativo quotidiano per quella parte di società che si definisce civile. I rischi di “colpi di coda” da parte di un sistema di potere ostile al rinnovamento non possono essere ignorati. “Colpi di coda” che possono manifestarsi sotto svariate forme di instabilità sociale, talvolta indotte dagli stessi “apparati” (una metodologia che l’ex Presidente Cossiga, prima di morire, aveva confessato candidamente), fino a veri e propri scossoni a suon di bombe. La posta in gioco è troppo alta e riguarda una nuova forma di democrazia: autentica, rinnovata e soprattutto liberatoria. Che, una volta instaurata, potrebbe portare con sé una ventata di verità, giustizia, libertà e partecipazione attiva. E che, proprio per questo, rappresenta un pericolo effettivo principalmente per i colossi finanziari che da sempre fungono da manovratori dietro le quinte. Prendere coscienza di tutto ciò può essere un punto di partenza per ricostruire assieme. Tornano in mente le parole della poetessa polacca, Premio Nobel, Wislawa Szymborska. Era il 1993, la sua poesia si intitolava “La fine e l’inizio”. Sembra scritta per il 2016. “Dopo ogni guerra c’è chi deve ripulire. In fondo un po’ d’ordine da solo non si fa. C’è chi deve spingere le macerie ai bordi delle strade per far passare i carri pieni di cadaveri. Bisogna ricostruire i ponti e anche le stazioni. Le maniche saranno a brandelli a forza di rimboccarle. C’è chi talvolta dissotterrerà da sotto un cespuglio argomenti corrosi dalla ruggine e li trasporterà sul mucchio dei rifiuti. Sull’erba che ha ricoperto le cause e gli effetti, c’è chi deve starsene disteso con una spiga tra i denti, perso a fissare le nuvole”.
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