di Aaron Pettinari
Oggi la prima udienza, alla ricerca della verità sul delitto
Avrà inizio oggi, di fronte la Corte d’Assise di Milano, il processo sulla morte del Procuratore capo di Torino Bruno Caccia, assassinato a colpi di pistola il 26 giugno 1983. Unico imputato è Rocco Schirripa, accusato di essere stato l'assassino, per cui i pm Ilda Boccassini e Marcello Tatangelo a maggio scorso avevano chiesto e ottenuto dal gip di Milano Stefania Pepe il giudizio immediato.
Schirripa è stato arrestato dalla squadra mobile di Torino lo scorso 22 dicembre nella sua abitazione nel quartiere Parella, dove faceva il panettiere in borgata Parella.
Nonostante per l'omicidio ci sia già stato un processo, finito con la condanna del mandante, il boss della 'ndrangheta Domenico Belfiore, sono diversi i contorni che devono essere chiariti sul caso.
Secondo il legale della famiglia Caccia, Fabio Repici, questo processo offrirà l'opportunità “di scoprire, oltre l’identità dei killer, anche il motivo per cui Caccia è stato ucciso”.
Che fu la 'ndrangheta ad uccidere il procuratore, magistrato ritenuto incorruttibile dagli stessi boss, oggi è noto ma non fu facile arrivare a quel frammento di verità. Caccia nelle sue indagini si era occupato di terorrismo ma anche di criminalità organizzata (dai sequestri di persona agli omicidi passando per le infiltrazioni mafiose nel casinò di Saint Vincent). Ed erano state queste le prime piste su cui si indagò.
Ed è proprio sulla pista che porta alla mafia dei casinò, al momento però esclusa dal pm Tatangelo, che i familiari puntano.
Proprio Repici ha chiesto di sentire ben 78 testimoni, cui si aggiungono i 32 nomi della lista presentata dagli avvocati Mauro Anetrini e Basilio Foti, difensori di Schirripa e quelli richiesti dalla Procura.
Sarà la Corte a decidere se accogliere o meno tutte le richieste, ma l'elenco potrebbe vedere soggetti di primo piano come pentiti della mafia piemontese ai mafiosi che non hanno mai voluto collaborare.
Quindi potrebbero essere sentiti gli investigatori di “ieri” (che furono coinvolti nella pista che conduceva agli affari attorno al Casinò di Saint Vincent) e di oggi (quelli che hanno condotto le più recenti indagini).
Proprio per approfodnire la pista mafiosa Repici ha chiesto di sentire il killer Demetrio Latella e il capo mafia siciliano Rosario Cattafi, eminenza grigia ed anche testimone nel processo sulla trattativa Stato-mafia, ma anche i collaboratori del magistrato Francesco Di Maggio, deceduto, che condusse le indagini sulla morte di Caccia. Da Olindo Canali, secondo il quale nella casa di Cattafi fu trovata la falsa rivendicazione dell’omicidio del giudice Caccia fatta dalle Br, a Piercamillo Davigo, coassegnatario con Di Maggio dell’istruttoria sulle infiltrazioni mafiose nei Casinò del nord Italia.
“Noi - ha dichiarato Repici al Fatto Quotidiano - come difesa, chiameremo a testimoniare i magistrati che lavoravano con Caccia nei mesi che hanno preceduto la sua uccisione, nonché quelli, ancora in vita, che già allora vennero indagati per le loro 'relazioni pericolose' con gli ambienti della malavita”.
In occasione delle commemorazioni di Bruno Caccia, il Pg Francesco Saluzzo, considerato “l'allievo” di Caccia ha sollevato delle ombre su alcuni colleghi, durante la commemorazione (rivolta ai giovani magistrati) tenutasi ieri al palazzo di Giustizia di Torino. Secondo il magistrato l'omicidio fu la “controffensiva” scatenata da un sistema di poteri composto da intoccabili, 'ndranghetisti, criminali e figure ambigue “che beneficiavano della complicità o della non opposizione di magistrati opachi per non dire di peggio”.
Da parte sua la procura di Milano esclude prospettive diverse e pertanto si concentrerà quasi esclusivamente sulle prove raccolte nei confronti di Schirripa, partendo da vecchie dichiarazioni di Vincenzo Pavia, cognato di Domenico Belfiore, che nel 1995 aveva indicato Rocco “Barca” Schirripa come uno dei killer del Procuratore Caccia. Al processo chiederanno di costituirsi parte civile il Ministero di Giustizia e la Regione Piemonte. Anche Libera, associazione antimafia guidata da Luigi Ciotti, sarà presente al Palazzo di Giustizia accanto ai familiari del procuratore ucciso, per “sostenerli nella ricerca della verità”.
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